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Lino Banfi: “Cortometraggio sull’Alzheimer? Non è stato facile. Da un gesto di mia moglie ho capito che qualcosa non andava”

Lino Banfi: “Cortometraggio sull’Alzheimer? Non è stato facile. Da un gesto di mia moglie ho capito che qualcosa non andava”. Lino Banfi sul cortometraggio sull’Alzheimer, l’attore pugliese, 88 anni, parla del corto struggente realuzzato per la canzone di Michele Bravi ‘Lo ricordo io per te’, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Nel brano il cantautore parla di Alzheimer e dei suoi nonni, sua moglie Lucia di quello si ammalò nel 2016 e (anche) di quello morì, il 22 febbraio 2023. Accettare di girarlo è dura. «Quando capisci che il tuo amore se ne sta andando, che devi soltanto accompagnarla alla morte, allora in quel momento perdi anche la fede e ti inchezzi forte. Ma poi ti rendi conto che non serve a niente, anzi. E preghi la Madonna che se la prenda presto, prima possibile, così smetterà di soffrire e tu con lei».

Lino Banfi: “Cortometraggio sull’Alzheimer? Non è stato facile”

Un ruolo importante nella decisione di prendere parte al progetto lo ha avuto Mara Venier, sua amica, che gli ha parlato di Michele e della sua idea. «Sì, mi ha parlato lei di Michele e del suo progetto. L’ho invitato a casa mia. “Lino, sono cresciuto con i tuoi film”. E io: “Beh, sei cresciuto bene, sarai alto due metri”. E ha un vocione bello forte. Per ridere gli ho raccontato che avevo molti impegni internazionali. Allora mi ha chiesto: “Quanto vuoi di cachet?”. E io: “Senti, raghezzo, io già prendo otto pillole al giorno, non voglio pure il tuo cachet, mi basta un cucchiaio di citrosodina».

Nonostante il tono scherzoso, recitare quella parte non è stato affatto semplice, perché ha significato riaprire una ferita ancora viva. «No. Perché è stato come rivivere l’ultimo anno della nostra vita insieme. Ogni tanto mi dimenticavo che accanto a me c’era un’attrice: Lucia Zotti, pensi, lavorava con me 60 anni fa alla radio di Bari, prendevo il pullman da Canosa. Ma io davanti agli occhi rivedevo la mia Lucia».

Lino Banfi: “Da un gesto di mia moglie ho capito che qualcosa non andava”

Il ricordo dei primi segnali della malattia è ancora vivido nella sua mente. «Un giorno stavamo parlando, ad un tratto lei si bloccò, lo sguardo perso nel vuoto. “Beh, allora?”, la spronai, pensando che si fosse solo incantata. “Allora cosa?”. “Che mi stavi dicendo?”. Rimase in silenzio a lungo. Poi riprese il discorso». La paura più grande di Lucia non era la morte, ma un’altra. «Di non riconoscermi più, era la sua preoccupazione più grande. La consolavo scherzando. “Non importa, vuole dire che ci ripresenteremo un’altra volta. “Molto lieto, Lino”. “Piacere, Lucia”. “Poi ci fidanziamo, diventiamo amanti, ci vediamo di nascosto e facciamo la fuitina”».

Tra i momenti più duri, il più devastante fu quando la malattia degenerò ulteriormente. «Quando da Alzheimer il male diventò un tumore al cervello, con crisi epilettiche, fino alla fine. Lucia a quel punto non riconosceva più nessuno, non parlava più, la imboccavo come una bambina piccola. Non viveva, vegetava. I medici dell’hospice più che i malati devono aiutare i familiari a convivere con la disperazione».

Negli ultimi giorni non ci fu più spazio per le parole, solo per un silenzioso addio. «Non ci fu più tempo per parlare, solo dei lunghi sguardi, delle strette di mano, delle lacrimucce». Lucia, prima di andarsene, gli chiese un ultimo favore. «“Se vai dal Papa, che sta più vicino a Dio, domandagli di farci morire insieme, nello stesso momento. Perché io senza di te non ci so stare e tu che faresti senza di me?”». E lui fece di tutto per esaudire quel desiderio, anche se sapeva che non dipendeva da lui. «Quando andai da papa Francesco, gli confidai il desiderio di Lucia. Rispose. “Magari avessi questo potere, Lino. Però pregherò per voi”».

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