Unità d’Italia, la frase di Re Carlo III che sconfessa il racconto storico “Abbiamo sostenuto Garibaldi”. Unità d’Italia, la frase di Re Carlo III che sconfessa il racconto storico rivelando il sostegno ai cosiddetti eroi garibaldini. È successo lo scorso mercoledì, 9 aprile, durante lo storico discorso al Parlamento italiano riunito in seduta congiunta.
Re Carlo ha pronunciato parole che, pur sembrando un omaggio all’Italia, rappresentano in realtà una clamorosa ammissione: “Un’altra impresa di cui la Gran Bretagna è orgogliosa di aver fatto parte, riguarda il sostegno che il nostro paese diede all’unificazione dell’Italia. Quando Garibaldi sbarcò a Marsala, in Sicilia, nel maggio del 1860, erano di vedetta due navi da guerra della Royal Navy».
Una frase apparentemente innocua, ma che conferma quanto da decenni viene sostenuto da storici indipendenti, meridionalisti, neoborbonici e anche da questo giornale: l’unità d’Italia fu il frutto di un’aggressione pilotata, e non un atto di liberazione. Le parole del sovrano, pronunciate nella massima sede istituzionale italiana, rappresentano di fatto un’ammissione che l’impresa dei Mille fu sostenuta dalla Gran Bretagna.
Le due navi da guerra inglesi, presenti a Marsala durante lo sbarco di Garibaldi, furono di fatto una copertura militare per un’operazione che oggi possiamo definire con chiarezza un’occupazione, orchestrata con la complicità di potenze straniere. Il Regno delle Due Sicilie, uno Stato sovrano, venne aggredito e depredato, mentre il racconto ufficiale continua a parlare di liberazione.
La vera storia prima dell’annessione
Prima dell’annessione forzata al Regno d’Italia, il Regno delle Due Sicilie rappresentava uno degli Stati più avanzati d’Europa, con una lunga lista di primati. La prima ferrovia italiana, ad esempio, fu la Napoli-Portici, inaugurata nel 1839. Anche il primo telegrafo elettrico, la prima nave a vapore del Mediterraneo, il primo ponte sospeso in ferro in Italia (il Ponte Real Ferdinando sul Garigliano). Così come il primo impianto per la desalinizzazione dell’acqua di mare, e una delle prime industrie metalmeccaniche del continente.
Inoltre la capitale, Napoli, vantava il primo osservatorio astronomico italiano e la prima accademia scientifica. Il sistema sanitario era all’avanguardia, con ospedali gratuiti e servizi pubblici invidiabili. A tutto questo si aggiunge un dato economico di enorme rilevanza: la maggior parte del tesoro in oro dell’Italia unita proveniva dal Banco di Napoli. L’oro del Sud fu letteralmente trafugato “per coprire il disavanzo della finanza piemontese” e per colmare le casse vuote del Regno di Sardegna.
L’intera narrazione risorgimentale, costruita attorno a figure come Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele II, viene oggi, ancora una volta, messa in discussione. Quelli che il racconto unilaterale e bislacco ha trasformato in eroi, furono in molti casi complici di un progetto di conquista che portò morte, saccheggi, deportazioni e fucilazioni sommarie nel Sud. Le nefandezze commesse contro la popolazione meridionale, i briganti ridotti a criminali anziché riconosciuti come resistenti, e la brutale repressione post-unitaria, sono ferite mai rimarginate.
Il Mezzogiorno, da culla di civiltà e centro industriale del Mediterraneo, è diventato periferia economica d’Italia. Il divario Nord-Sud nasce da lì, da una violenza coloniale che ancora oggi non viene riconosciuta e che ha segnato il destino di milioni di italiani del Sud. Forse, dopo l’ennesimo mma ‘prova’, è giunto il momento di restituire dignità alla verità storica. Alla favoletta del Sud liberato dal tiranno, almeno al meridione, non crede più nessuno. Riscrivere quella parte di storia che per troppo tempo è stata raccontata solo dai vincitori, sarebbe forse il primo passo verso una Nazione più unita.
Seguici anche su Facebook. Clicca qui
Aggiungi Commento