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Lundini: “Faccenda complicata? Ho scoperto una cosa sugli italiani. Una località del Nord ci ha chiesto di non parlare di loro”

Lundini: “Faccenda complicata? Ho scoperto una cosa sugli italiani. Una località del Nord ci ha chiesto di non parlare di loro”. Valerio Lundini su ‘Faccenda complicata’, il comico e musicista romano, 39 anni, torna con il suo programma di dieci nuove puntate, in onda dal 12 maggio su Rai3 (ma già disponibili dal 10 aprile su RaiPlay). Ne parla in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni” della quale vi proponiamo alcuni passaggi.

Valerio Lundini ha spiegato cosa intenda con il titolo del suo programma, *Una faccenda complicata*, affermando: «In generale è complicato spiegarlo. Le puntate iniziano come dei mini reportage, definirli documentari è troppo. Sono dei servizi su un tema. Anzi se qualcuno vede il programma senza aver visto la prima stagione va solo bene, così non si abituano all’idea». Quando gli si chiede a quale idea si riferisca, precisa: «Che le puntate iniziano in un modo e finiscono in un altro. Si parte con: “Adesso facciamo un’esperienza qua” e poi si finisce là. Sono dei modi tortuosi per trattare un tema».

Rispetto all’approccio giornalistico della passata stagione, quando aveva dichiarato di voler “scoprire dei mondi come fanno i veri reporter”, Lundini riflette sull’esperienza vissuta: «È un periodo in cui, per gli impegni, la concentrazione, la distrazione, fatico pure a leggere un libro. Dover fare un lavoro, che per mia fortuna è anche un divertimento, ha funzionato. È piaciuta l’idea di fare puntate dove vado a scoprire cose di cui non sapevo l’esistenza».

Lundini: “Faccenda complicata? Ho scoperto una cosa sugli italiani”

La scelta dei temi da trattare avviene in collaborazione con la sua redazione, come racconta: «Con la redazione cerchiamo storie divertenti. A volte scopriamo persone che hanno storie strane da raccontare e da lì costruiamo una puntata, a volte ci sono personaggi folli, feste assurde. Altre volte si parte da una storia normale, come quella di un tizio che ha preso tante multe, odia gli autovelox e ha fatto ricorso al Comune, e si mescola con altre storie».

La prima puntata della nuova stagione affronta il tema dell’indecisione dell’elettorato politico italiano, ispirata da una curiosa notizia: «Nasce perché avevo letto che stavano inaugurando una statua di Che Guevara a Carrara. “Cosa ci si può fare?” mi sono chiesto. “Mandiamoci delle persone che non sanno chi è Che Guevara!”. E così abbiamo scelto tre persone, una di sinistra, una di centro e una di destra».

Anche se il programma porta la sua firma in quanto ideatore, autore e regista, Lundini sottolinea il carattere collettivo del progetto: «In realtà è sempre frutto di un lavoro di squadra, però è un programma meno artefatto di altri dove sono più performativo. “Una pezza di Lundini” era una sorta di telefilm dove io ed Emanuela Fanelli facevamo dei personaggi, era una specie di cartone animato. Qui c’è anche il vero me».

Lundini: “Una località del Nord ci ha chiesto di non parlare di loro”

Riguardo al passaggio dallo studio televisivo alla realtà esterna, l’artista ha scoperto alcuni tratti caratteriali già noti, ma che si sono confermati nel contatto con il pubblico: «Un pudore che ho sempre saputo di avere e non se n’è mai andato. In studio credo di essere abbastanza spigliato e senza problemi, ma quando si tratta di intervistare una persona per strada sono più pudico, non so fermare la gente per fare domande, è come rapire un bambino in una villa… È una cosa che invidio a chi lo sa fare».

Di fronte a questa difficoltà, Lundini spiega come riesca comunque a gestire il contatto con le persone comuni: «Sono molto empatico verso chi non ha scelto di far parte di questo circo mediatico, la persona comune che si fa i fatti suoi, che non vuole apparire. Volevo fare una puntata su una sorta di festa di Halloween che si svolge nel nord Italia, mi hanno detto che non volevano che si parlasse di loro. È bello che esistano cose incontaminate dai social e dal web».

E sugli italiani ha scoperto una cosa: «Che non è come si dice a volte: “Gli italiani fanno schifo!”. Il singolo individuo è sempre interessante, ha i suoi difetti, ma anche i suoi pregi, trovi sempre del buono in tutti. Poi certo quando prendi una pletora di cento persone la massa è terribile, lo vedi anche nei commenti sui social. Però sono sempre speranzoso, ho cercato di dare un messaggio di pace».

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