Francesca Fagnani: “Fenomenologia Fagnani? Dispiace per gli altri, io non copio. Non uso l’IA, mi incuriosisce solo per un aspetto”. Francesca Fagnani, sulla fenomenologia Fagnani, l’intelligenza artificiale, e non solo, la giornalista e conduttrice romana, 48 anni, ne parla in una intervista a ‘7’ de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Francesca Fagnani, pronta per la nuova stagione del suo programma, non ha alcuna intenzione di cambiare pelle. Alla domanda se si senta ammansita o “imbelvita”, risponde con fermezza: «Sarò sempre la stessa. In realtà quello che cambia rispetto all’inizio è che oggi chi arriva a ‘Belve’ conosce il programma e quindi si presenta con uno spirito predisposto al programma. Quindi quello che è cambiato è l’atteggiamento dell’intervistato».
Questa evoluzione nel comportamento degli ospiti ha reso il gioco ancora più interessante. «È un gioco psicologico perché io studio il personaggio, la sua vita pubblica e privata alla fine dell’intervista molti mi dicono che è sembrata una seduta dallo psicologo, perché comunque è un viaggio dentro alla vita della persona, è un ritratto».
Pur dando spazio all’aspetto psicologico, Fagnani precisa di non essere a caccia della domanda a effetto. «No, non mi interessa sapere quella cosa precisa, anche se magari è un personaggio che gode in quel momento di particolare attualità, per me non è quella la domanda. È un arco narrativo, è un attraversamento della vita, delle contraddizioni, delle ombre e delle luci, del personaggio, per questo dico che è un gioco psicologico».
Francesca Fagnani: “Fenomenologia Fagnani”
Anche il suo modo di porsi resta autentico, senza recitazione, ma pienamente dentro la dinamica del programma. «Ma io sono così, io mi sento più giornalista che attrice, sono quella, quello è il mio modo di essere, di certo è un programma che è totalmente cucito addosso a me. E quindi è un programma dove emerge la mia personalità, non sono neutra: ma attrice no».
Si parla di una vera e propria “Fenomenologia Fagnani”, con riferimenti a pause, silenzi e gesti diventati ormai identificativi. Lei però prende le distanze con una punta di ironia. «Oddio esiste questa fenomenologia? Mi dispiacerebbe per gli altri. Penso che la forza di ogni programma è se tu riesci a imprimere la tua personalità. Infatti quando ogni tanto i giornalisti mi dicono ti faccio un’intervista alla Fagnani, io rispondo: Guarda se tu la fai a tuo modo, con la tua personalità, riesce molto meglio. Io cerco sempre di non fare quello che vedo in giro. Anche se qualcosa mi piace, cerco di non riproporla, perché poi penso che il pubblico ha le antenne sempre ben alzate e quindi in generale se uno fa le cose assecondando la propria personalità, ha più chance di riuscire».
Quanto ai modelli, pur dichiarando una forte ammirazione per Giovanni Minoli, Fagnani riconosce anche un debito di ispirazione verso Maurizio Costanzo. «Magari, sarebbe un complimento immenso. Riusciva a chiedere qualsiasi cosa con ironia, con lui nessuno si offendeva perché era spontaneo: la spontaneità, quindi mettersi in gioco, passa sempre: il suo era un modello di ironia, perché se tu chiedi con misto ironia e gentilezza, è difficile resistere. E poi quella lucetta rossa della tv è uno specchio: se sei simpatico risulterai simpatico, se provi a fare il simpatico e non lo sei, risulterai uno che prova a fare il simpatico, devi essere un grande attore per sembrare quello che non sei».
Francesca Fagnani: “Non uso l’IA, mi incuriosisce solo per un aspetto”
Sul fronte della preparazione, smentisce categoricamente ogni ipotesi di domande concordate. «Ma sta scherzando? Non avrebbe avuto il successo che ha avuto. Diventerebbe una recita. Può essere capitato che ci siamo sentite al telefono, ma in generale, mai anticipata una domanda a nessuno, non una delle 100 che faccio. Le ho chiesto di che avremmo parlato per questa intervista? Non l’avrei mai fatto. È mancanza di rispetto verso chi hai davanti: anche perché, siccome l’intervista non è un’aula di Tribunale e l’intervistatore non è un magistrato, l’altro è libero di non rispondere. E poi lo sguardo, la risata o l’espressione di disagio o di sorpresa che l’intervistato fa quando arriva la domanda inaspettata, tutto quello non lo puoi prevedere».
In un’epoca dominata dalla tecnologia, l’intelligenza artificiale non la convince. «No, ho provato una volta e mi sono trovata con date sbagliate, non mi attira: la guardo con curiosità per le evoluzioni in campo scientifico e medico, ma in campo artistico no».
Sul fronte privato, la sua famiglia canina si è recentemente allargata con l’arrivo di Blu, terzo Cavalier King dopo Nina e Bice. Ma non si tratta di sostituti affettivi. «I cani li ho avuti da sempre, fin da bambina, amo gli animali e la natura. Non sono sostituti dei figli, ma è un tipo di affettività piena. Non mi piace pensare a nessuno come sostituto di un altro né di un animale né uomo, però ripeto, è un tipo di affettività completa. E hanno un vantaggio, i cani non diventano adolescenti ingrati».
Francesca Fagnani: “Cinque belve in casa ma la migliore è Enrico”
Con cinque belve in casa, viene naturale chiedere quale sia la peggiore. La risposta è accompagnata da un sorriso affettuoso. «La metterei così: siccome per me dare a qualcuno della Belva è un complimento, e i complimenti uno non se li fa da solo, le direi Enrico (Mentana, ndr). Sto cercando di instillare nell’ultimo arrivato Blu, che è un maschio, un amore esagerato nei miei confronti e utilizzo tutti i mezzucci perché si innamori di me».
Infine, uno sguardo al passato. Da bambina, Fagnani non si definisce affatto una piccola delinquente. «Ma no, come si fa a pensare alla cattiveria di un bambino? Ero normale, anche se mia madre mi chiamava Faccia d’angelo. Poi la mia vita da inviata mi ha fatto appassionare anche a un’umanità più dolente, un mondo dove alcuni nascono per male, ma dove la maggior parte delle persone non nascono per male, dipende dal contesto: per questo voglio indagare quelle ragioni senza avere un approccio giudicante, perché sei già in posizione privilegiata e il tuo giudizio te lo devi tenere».
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