Febbre della pigrizia, cresce l’allarme per il virus Oropouche: cos’è e come infetta. Cresce l’allarme per il virus Oropouche, chiamato “febbre della pigrizia”, che ha recentemente causato la morte di un feto dopo essere stato trasmesso dalla madre. Originario del Sud America, questo virus si è diffuso anche in Spagna, Germania e Stati Uniti e in Italia, con un caso in Veneto.
Non esiste un vaccino né un trattamento specifico per l’Oropouche, che provoca sintomi come mal di testa, dolori muscolari, nausea e, in casi estremi, meningite o morte. Si trasmette principalmente attraverso punture di insetti, ma ci sono prove limitate della trasmissione sessuale.
Recentemente, è stato documentato un caso in Brasile, dove una donna incinta ha contratto il virus, risultando nella morte del feto. Gli esami hanno confermato la presenza del virus nel cervello e in altri tessuti del feto. Gli esperti sottolineano l’importanza di considerare l’Oropouche nelle diagnosi di donne incinte con sintomi compatibili che vivono o visitano aree endemiche.
In Brasile 8.000 casi in 6 mesi
In Europa, i casi di Oropouche sono rari e spesso collegati a viaggi in zone colpite. Tuttavia, tra gennaio e luglio, sono stati registrati oltre 8.000 casi in Brasile, Bolivia, Perù, Colombia e Cuba. Le autorità sanitarie europee avvisano i cittadini del rischio moderato di infezione nelle aree epidemiche, consigliando l’uso di repellenti per insetti e indumenti protettivi.
Nonostante sia soprannominata “febbre del bradipo”, il virus non viene trasmesso direttamente dai bradipi ma da insetti pungenti come i moscerini. I sintomi si manifestano solitamente da quattro a otto giorni dopo il morso e, benché potenzialmente mortali, i casi fatali sono rari e la guarigione è comune. L’impatto del virus sulla gravidanza è ancora oggetto di studio, con casi documentati di aborto spontaneo e rischio di microcefalia.
Il virus Oropouche appartiene alla stessa famiglia del virus Zika, noto per i rischi di aborto spontaneo e malformazioni congenite. Il cambiamento climatico e la distruzione dell’habitat contribuiscono alla diffusione del virus, aumentando l’interazione tra esseri umani e animali portatori. Il virus è stato identificato per la prima volta a Trinidad e Tobago nel 1955 e si ritiene che vari animali possano essere portatori, non solo i bradipi. La maggior parte dei focolai si concentra nel bacino amazzonico.
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