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Chiara Francini: “Il fidanzato morto mi ha cambiata. Oggi la politica sembra una versione modesta dei Promessi sposi”

Chiara Francini: “Il fidanzato morto mi ha cambiata. Oggi la politica sembra una versione modesta dei Promessi sposi”. Chiara Francini sul fidanzato morto, la politica, il nuovo libro, e non solo. L’attrice e scrittrice fiorentina, 44 anni, ripercorre le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Chiara Francini racconta di essere cresciuta in una famiglia perbene, figlia unica di genitori che oggi sono in pensione: la madre era segretaria e il padre lavorava alle poste, svolgendo anche un secondo lavoro come istruttore di scuola guida. La sua infanzia si è svolta a Campi Bisenzio, all’interno di una «Famiglia di sinistra».

Durante il percorso scolastico, ha frequentato il tempo pieno, una scelta comune ai figli di chi lavorava molto per garantire una vita dignitosa. È cresciuta con i nonni materni, il nonno Danilo e la nonna Orlanda, soprannominata «l’Orlanda Furiosa». Ricorda come la preoccupazione per il mutuo fosse una presenza costante nei pasti in famiglia, un tema che ha lasciato un’impronta duratura nella sua vita.

Alla domanda se quell’assillo l’abbia accompagnata nel tempo, risponde che sì, ma oggi lo considera «un’assennatezza amica». Si sente grata ai suoi genitori per averle trasmesso quel senso di responsabilità. Per lei, oggi, «andare al ristorante e ordinare senza guardare il prezzo è il vero lusso». È convinta che, nonostante il successo, si resti ciò che si è stati da bambini, e lei è cresciuta con «la schiacciata con la mortadella di Bologna e il pane con l’olio».

Chiara Francini: “Il fidanzato morto mi ha cambiata”

Quando si parla del suo monologo sui «sinistri» che «interessa solo stare dalla parte giusta», un intervento che suscitò interesse e discussione, Francini riflette sul ruolo della politica. «Penso che la politica dovrebbe poggiare su ideali alti. E più sono alti, più è facile tradirli. O dimenticarne il peso». Una considerazione che sembra suggerire un giudizio negativo sulla sinistra, ma che l’attrice precisa essere «una risposta sincera» che non riguarda soltanto quella parte politica. Richiama alla memoria figure come Berlinguer, Andreotti, Almirante, Spadolini, «a loro modo tutti grandi», mentre oggi la politica le appare «come una versione modesta dei ‘Promessi sposi’: ci sono solo tanti don Abbondio, senza Fra’ Cristoforo. E nemmeno un Innominato».

Pur non essendo mai stata una studentessa politicizzata, Francini si è sempre definita curiosa. Racconta di aver studiato molto per scrivere il suo romanzo, spinta dal desiderio di comprendere cosa accade «quando la politica attraversa i corpi, le relazioni, le case. Quando diventa vita, e lascia squarci». Quando le viene chiesto se abbia mai avuto esperienze nei centri sociali o indossato la maglietta di Che Guevara, risponde: «No, mai. Ma credo che la politica la si faccia anche solo scegliendo come stare al mondo». Per lei, la politica è «una cosa serissima, una responsabilità. Un atto di abnegazione verso il prossimo, quasi mistico. Richiede rigore, sguardo, fatica». Ha una concezione rigida della giustizia e, con ironia, aggiunge: «capirà che se davvero facessi politica, sarei al camposanto dopo due giorni».

Chiara Francini: “Oggi la politica sembra una versione modesta dei Promessi sposi”

Dopo essersi laureata in Italianistica, non ha seguito un unico percorso: «La scrittrice, l’editorialista, la produttrice, la conduttrice. Quello che faccio!». Ha svolto anche «lavori normali», quelli «con il cartellino e la pausa caffè», e ha continuato a farli anche dopo i primi programmi in Rai con Marco Giusti. «Perché non campavo sennò! Anche i sogni hanno fame». Ricorda con affetto e divertimento una conversazione con il padre, quando gli annunciò di voler seguire un corso sul metodo Stanislavskij: «Mi hanno preso a fare un corso nel quale insegnano il metodo Stanislavskij! Costa pochissimo!». Ma lui rispose dopo una pausa: «No, hai già studiato, ora ti devono pagare! Il lavoro si caratterizza dal fatto che dai una prestazione, in cambio ti danno dei soldi. Sennò è beneficenza. Che è una cosa nobilissima, eh, ma è un’altra cosa».

Quanto alla vita privata, Chiara Francini non vive da sola: «Convivo con lo stesso uomo da diciannove anni. Anche quella è una forma di resistenza». La paura è un elemento che ha fatto parte della sua vita, soprattutto recentemente, con la scomparsa del suo primo fidanzato, Alessio. «Un dolore grande, ma anche una rivelazione», che le ha cambiato la vita. Ha compreso che quando qualcuno è vivo, il ricordo resta acceso, ma quando muore, quel ricordo «cambia forma. Non è più esperienza: diventa memoria, non più condivisione, ma responsabilità». Anche per questo ha scritto un romanzo che guarda al passato: «Perché laggiù ci sono le origini, le ferite, ma anche le forze che ci tengono su. E se impari ad attraversarlo, il passato ti dà una direzione e ti insegna a fallire».

Chiara Francini: “Fallimenti? Quando ho sbagliato a fidarmi”

Quanto ai fallimenti, ne riconosce pochi, ma significativi: «Ne bastano pochissimi, se ben assestati». Ogni volta che ha dato fiducia a persone che l’hanno delusa, ha finito per incolpare se stessa: «avevo sbagliato a fidarmi».

Due anni fa, sul palco del Festival di Sanremo, Chiara Francini ha portato un monologo sulla maternità mancata. Spiega che si trattava di un testo sulla donna, su cosa significhi essere donna oggi. «Ho scelto un testo mio, perché sapevo che una platea così non l’avrei mai più avuta». Voleva condividere qualcosa di profondo e personale, che potesse toccare molte donne. Parla della maternità come di un miracolo che «solo il corpo femminile può partorire», da sempre «la croce e la bellezza dell’essere donna».

Poi aggiunge: «anche se sei emancipata e moderna, prima o poi quel pensiero ti bussa». Ci sono donne che non desiderano la maternità ma si interrogano se questo le renda sbagliate, altre che la vogliono ma non ci riescono e si sentono ugualmente sbagliate. Infine, ci sono quelle che la ottengono ma si rendono conto che «forse non era un miracolo. O almeno, non lo era per loro. E si sentono morire».

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