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Charlotte Gainsbourg: “Étoile? La gente sbaglia sul mio conto. Io timida, sono riuscita ad aprirmi solo vivendo a New York”

Charlotte Gainsbourg: “Étoile? La gente sbaglia sul mio conto. Io timida, sono riuscita ad aprirmi solo vivendo a New York”. Charlotte Gainsbourg su Étoile, l’attrice e cantante anglo-francese, 53 anni, parla del suo personaggio nella serie Amazon creata da Amy Sherman Palladino e Daniel Palladino, in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Charlotte, interprete intensa e complessa della serie Étoile, incarna un personaggio femminile dal doppio volto: forte e fragile, dura e sensibile. Questo intreccio di emozioni contrastanti si riflette anche nella percezione che ha di sé. “La gente tende a pensare che io sia molto fragile, quando in realtà sono molto forte. Poi pensa, al contrario, che la mia Geneviève sul piccolo schermo sia molto forte, mentre lei invece si spezza facilmente. A me è piaciuto interpretare proprio quella sua parte, mostrarla che va in frantumi quando è sola o di fronte a Jack (il direttore del Metropolitan Ballet Theatre, interpretato da Luke Kirby, ndr). Provo per lei una grande tenerezza”.

Il mondo in cui si muove il suo personaggio è dominato da una competizione spietata e da una morale spesso assente. Alla domanda se anche lei sarebbe disposta a superare certi limiti, Charlotte risponde con sincerità: “Credo proprio di no, non mi sento abbastanza competitiva, lo posso ammettere solo oggi perché vedo le cose in prospettiva. Ho cominciato a lavorare a 12 anni, e per caso. Era estate, ero in vacanza e per quella prima parte non ho dovuto combattere, mi venne offerta. Poi per un po’ non successe nulla, ma io non combattevo per avere un ruolo, aspettavo e basta”.

Charlotte Gainsbourg: “Étoile? La gente sbaglia sul mio conto”

Con il tempo, il suo approccio è cambiato, ma resta una certa difficoltà a proporsi apertamente. “Oggi sono diversa ma non ho ancora abbastanza fiducia in me stessa da proporre un libro a un produttore e convincerlo che sono la persona più giusta per un ruolo. Devo appassionarmi al progetto, ma l’idea non parte mai da me. Quando c’è di mezzo l’ego, tutto diventa difficile”. Diverso è il rapporto che ha con la musica, ambito in cui la creatività fluisce più liberamente. “Con la musica è un’altra storia, la musica parte e nasce da me, domina il mio spazio creativo e trova espressione attraverso le mie parole”.

Guardando al passato, Charlotte si sofferma sulla propria infanzia, raccontando un aneddoto familiare e delineando i tratti della sua personalità da bambina. “Ho un video con mia sorella Kate (Barry, fotografa britannica, morta probabilmente suicida nel 2013, ndr) e papà mentre ordiniamo al ristorante: io avevo una vocina sottile, timidissima. Ricordo però che mia madre spesso ripeteva che ero anche un tipo molto difficile: impulsiva, spericolata, irascibile, sempre e comunque buffa e divertente. A 13 anni tutto cambiò e diventai soprattutto timida. Non voglio dire che mancassi di coraggio, perché ce l’avevo, ma lo tenevo ben nascosto”.

La timidezza è un aspetto che l’ha accompagnata anche in età adulta. “Sì, come la maggior parte degli attori, no? È così fastidioso. Pensi sempre a te stesso, diventi egocentrico. Avrei voluto essere più aperta e sono riuscita a esserlo solo vivendo a New York; qui, sconosciuta ai più, parlo tranquilla con la gente e la mia timidezza scompare”.

Charlotte Gainsbourg: “Io timida, sono riuscita ad aprirmi solo vivendo a New York”

Il suo percorso l’ha portata anche sul set de La trama fenicia, una black comedy firmata Wes Anderson, regista noto per il suo stile eccentrico e rétro. Charlotte ricorda quell’esperienza con entusiasmo. “Non ho ancora visto il film e non vedo l’ora di farlo, ma ricordo bene che mentre si girava mi ero immersa completamente nel mondo di Wes. È così diverso, insolito, originale e folle, quando ho fatto il mio ingresso su quel set mi sembrava che arrivasse da un altro mondo, da non so dove (ride)”.

Per quanto riguarda il suo ruolo, sembra si tratti della “prima moglie”, ma l’attrice preferisce mantenere il mistero. “Non posso dirle niente in realtà, perché forse parte di quel personaggio era fantasia e parte no. Anzi, non posso dirle niente perché non me lo ricordo”, aggiunge scherzando.

Infine, riflette sul significato di lavorare in un progetto cinematografico in un’epoca così complessa. “Sono stata così fortunata a crescere negli anni ’70 e ’80: eravamo liberi, la gente non aveva paura di esprimersi. L’unico ambito che ha registrato un vero progresso è la condizione delle donne. Sto girando un film su Gisèle Halimi, l’avvocata che nel 1960 difese una sedicenne condannata per avere abortito dopo essere stata violentata. In Francia divenne un caso esemplare, e grazie a quel processo, nel 1973, la legge cambiò. Se potessi esprimere un desiderio vorrei che oggi le cose di questo mondo fossero un po’ meno ingiuste”.

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