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Salute

Il cervello umano ascolta suoni e segnali cardiaci anche durante il coma: la scoperta da uno studio

Il cervello umano ascolta suoni e segnali cardiaci anche durante il coma: la scoperta da uno studio. Il cervello umano ascolta suoni e segnali cardiaci anche durante il coma. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori del Department of Clinical Neuroscience del Lausanne University Hospital e dell’University of Lausanne.

Secondo i ricercatori, il cervello umano è capace di elaborare simultaneamente segnali interni, come quelli cardiaci, e stimoli esterni, come i suoni, anche durante uno stato di coma profondo. L’indagine, coordinata da Marzia De Lucia e Andria Pelentritou, è stata pubblicata sulla rivista *Proceedings of the National Academy of Sciences* e ha coinvolto 48 pazienti comatosi nelle prime ore successive a un arresto cardiaco.

Durante l’esperimento, i ricercatori hanno monitorato contemporaneamente l’attività cerebrale con l’elettroencefalografia (Eeg) e l’attività cardiaca con l’elettrocardiografia (Ecg), mentre i pazienti venivano sottoposti a sequenze sonore. Queste sequenze venivano somministrate in due modalità: “sincrona”, dove i suoni seguivano intervalli fissi dopo ogni battito cardiaco, e “asincrona”, con intervalli variabili.

I dati

I risultati hanno mostrato che, in risposta alle omissioni sonore nella modalità sincrona, i pazienti con esiti favorevoli mostravano un’attività neurale specifica, accompagnata da una decelerazione del battito cardiaco. Tale risposta non era presente nei pazienti con prognosi sfavorevole. Questo indica che anche in uno stato di incoscienza profonda, il cervello può stabilire una connessione tra i segnali interni e quelli esterni, suggerendo l’integrità parziale dei circuiti neurali.

Gli autori dello studio sottolineano come le primissime ore dopo l’entrata in coma rappresentino un momento fondamentale per valutare l’attività cerebrale residua e la capacità del cervello di integrare informazioni sensoriali e fisiologiche. Queste osservazioni potrebbero risultare cruciali per determinare le possibilità di recupero del paziente.

Esperienze cliniche in ambito neurologico e rianimatorio confermano l’importanza di questi risultati

Ad esempio, in alcune unità di terapia intensiva, i medici riferiscono che pazienti ritenuti non responsivi hanno mostrato variazioni significative dei parametri vitali in presenza di stimoli familiari come la voce di un parente, un suono noto o un odore familiare. Questi segnali, sebbene sottili, sono stati in alcuni casi precursori di un miglioramento neurologico.

Inoltre, recenti protocolli in alcuni centri avanzati prevedono l’impiego di suoni o ritmi cardiaci personalizzati durante la fase acuta del coma per stimolare i circuiti neurali, basandosi proprio su fenomeni come quello osservato nello studio. L’idea che il cervello mantenga una forma di attività integrativa anche in stati critici apre quindi nuove prospettive per le cure intensive e per la diagnosi precoce del potenziale di recupero.

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