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Mostra il pene ai colleghi durante una videochiamata di lavoro: manager licenziato fa causa all’azienda

Mostra il pene ai colleghi durante una videochiamata di lavoro: manager licenziato fa causa all’azienda. Un mangar mostra il pene ai colleghi durante una videochiamata di lavoro e viene licenziato, quindi fa causa all’azienda ma perde anche quella. Protagonista, un dirigente di un’azienda con uno stipendio annuo di 60.000 sterline (circa 70.000 euro).

L’uomo è stato licenziato in seguito all’episodio imbarazzante avvenuto durante una riunione virtuale su Microsoft Teams, nella quale ha esposto involontariamente i genitali ai colleghi perché si era alzato in piedi senza indossare pantaloni. L’episodio è accaduto l’8 maggio 2023. Dopo la scena imbarazzante, l’azienda ha avviato un’indagine interna a seguito della segnalazione dei colleghi.

Il dirigente ha sostenuto di non essersi reso conto che la videocamera fosse ancora accesa dopo aver chiuso il portatile. Ha spiegato che stava semplicemente cercando di sistemare un cavo dietro al computer e ha affermato che l’evento è stato un incidente, scusandosi per quanto accaduto. Inoltre, ha contestato il licenziamento, sostenendo che fosse ingiusto e motivato da discriminazione razziale. Ha dichiarato che lavorare in un giorno festivo senza compensazione era discriminatorio nei suoi confronti in quanto cittadino indiano con doppia cittadinanza britannica e australiana.

Il verdetto

Tuttavia, il tribunale del lavoro di Londra ha rigettato tutte le sue accuse. È emerso che il dipendente aveva scelto volontariamente di lavorare durante il giorno festivo e non gli era stato imposto. Secondo il giudice, la sua condotta era del tutto inappropriata per una persona con responsabilità dirigenziali, soprattutto in una riunione con consulenti esterni. È stato rilevato che il dipendente non solo non aveva mostrato un rimorso coerente, ma aveva anche tentato di deviare la responsabilità dell’accaduto sui colleghi.

Il FSCS ha inoltre sottolineato che le sue azioni avevano danneggiato l’immagine dell’organizzazione e che l’uomo non aveva fornito garanzie credibili per evitare il ripetersi dell’incidente. Le giustificazioni offerte, compresa quella secondo cui indossava biancheria intima color carne, sono state considerate contraddittorie. Il tribunale ha ritenuto infondata anche la sua accusa di esclusione da una promozione, rilevando che la candidatura era debole e priva dell’esperienza richiesta per un ruolo con uno stipendio doppio rispetto al suo attuale.

Il giudice del lavoro Hodgson ha stabilito che il dirigente aveva deliberatamente scelto di non indossare né pantaloni né biancheria intima, assumendosi così un rischio evidente nel caso si fosse alzato. In conclusione, il ricorso è stato respinto su tutti i fronti, compresi quelli per licenziamento ingiusto e discriminazione razziale.

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