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Gene Gnocchi: “Vannacci? Su di lui ho una rivelazione. Zuzzurro e Gaspare la svolta. Ho un solo rimpianto”

Gene Gnocchi: “Vannacci? Su di lui ho una rivelazione. Zuzzurro e Gaspare la svolta. Ho un solo rimpianto”. Gene Gnocchi su Vannacci, e non solo. Il conduttore e comico parmigiano, 70 anni, festeggia quarant’anni di carriera con un nuovo spettacolo (Una crepa nel crepuscolo in scena a Milano, al teatro Franco Parenti dal 20 al 25 maggio). Ne parla in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’ della quale vi proponiamo alcuni passaggi.

Sono passati quarant’anni dal suo debutto, ma la vocazione per la comicità si era manifestata molto prima. Giocando a calcio, si era reso conto di essere “quello che faceva sempre il cretino nel gruppo: facevo ridere, ma anche gli scherzi, come quando ho chiuso tutta la squadra nello spogliatoio per due ore e nel mentre sono andato a farmi un aperitivo. Ma ero benvoluto”. Una prima serata a Soresina segnò l’inizio della consapevolezza che la comicità poteva diventare più di un semplice passatempo. “Ho fatto una serata a Soresina ed è venuto a vedermi anche un mio ex compagno. Ora vende boxer e me ne ha regalati sei, segno che è rimasta dell’affezione. In quegli anni ho cominciato a pensare che la comicità poteva diventare una professione per arrotondare. Poco dopo, invece, mi sono ritrovato ad arrotondare come avvocato mentre facevo questo mestiere”.

La carriera forense è durata poco, ma ha avuto i suoi episodi curiosi. “Poco dopo: ho difeso un mio amico che era stato querelato perché aveva urlato contro al capotreno che si era rifiutato di abbassare il volume degli altoparlanti della stazione, vicina a casa sua. Lui faceva il turno di notte, voleva dormire di giorno e si era infuriato. Ma era oltraggio a pubblico ufficiale. È stata la mia ultima causa”.

Gene Gnocchi: “Ho un solo rimpianto: il calcio”

Non ci sono rimpianti per la scelta di lasciare il diritto, anche se il periodo è stato importante. “No. Però è stato un periodo formativo, ho avuto dei maestri molto bravi. Il mio vero rimpianto è legato al calcio”. Una passione mai sopita, vissuta con un’intensità che supera quella per la comicità. “Certo. Se mi dicono che non faccio ridere non me ne frega niente ma se mi dicono che non ho saputo giocare a calcio è l’offesa più grande”.

Nonostante le capacità tecniche, la lentezza in campo ha limitato la sua carriera calcistica. “Io ero molto bravo tecnicamente, ma un po’ lento. Sono arrivato alla Serie D ma a un certo punto capisci che non potrai fare più il calciatore a livello alto e se vivi quello sport visceralmente, come faccio io, soffri”. Eppure un’esperienza particolare gli ha permesso di sfiorare la Serie A. “Non aver giocato in Serie A è stato il mio cruccio ma l’ho sfiorata, nel 2006, quando grazie a Simona Ventura e ‘Quelli che il calcio’ sono stato tesserato con il Parma. Non ho mai debuttato ma ero finito anche nel Fantacalcio e due ragazzi di Sassari, di cui poi sono rimasto amico, mi avevano preso”.

Gene Gnocchi: “Vannacci? Su di lui ho una rivelazione”

Nel corso della sua carriera ha avuto anche incontri insoliti con i fan. “Ci sono quelli che mi chiedono di intercedere presso Maria De Filippi perché i loro figli cantano, oppure mi viene in mente uno che mi ha chiesto di fare una videochiamata con sua zia perché ero il suo idolo, solo che il suo idolo era Corrado Augias e così mi ha chiesto di imitarlo, giuro”.

Non manca nemmeno una vena surreale quando parla di Vannacci:Su di lui ho una rivelazione: conosco uno dei Village People che mi ha detto che nella versione originaria del loro gruppo il poliziotto non era un poliziotto ma il generale Vannacci. C’è questa nube sul suo passato”.

Il vero punto di svolta nella sua carriera è arrivato con l’incontro con Zuzzurro e Gaspare. “La svolta c’è stata quando Zuzzurro e Gaspare mi hanno preso per fare Emilio. Assieme a me c’erano Silvio Orlando, Atina Cenci, il povero Faletti, e poi Teo. È stata una grandissima occasione, anche riconoscendo il livello di persone con cui mi confrontavo: tutti dei pezzi da novanta”.

Successivamente sono arrivati gli anni della Gialappa’s, un’esperienza che ha lasciato un segno profondo. “È stato l’inizio di una cosa che poi è diventata un cult. Ho un grande affetto per loro e, riguardando il programma, mi sono reso conto solo dopo di quanto fossero belle anche tutte le parti di trasmissione in cui non c’erano dei personaggi. Se mi chiedessero di tornare ora lo farei molto volentieri”.

Gene Gnocchi: “Zuzzurro e Gaspare la svolta”

Oggi la sua ironia si rivolge anche al mondo dei podcast. “Sto cercando un modo per prendere in giro questa cosa dei podcast inventandone uno che si intitolerà ‘Cose giganti’, in cui invito però sempre la stessa persona che deve aver avuto ogni settimana un problema diverso. Nella prima puntata racconterà del Tamagochi che ha da 43 anni: lo ha cresciuto, gli ha fatto fare l’Erasmus, tutto quanto”.

Qualcuno, in passato, si è risentito per le sue imitazioni, come Materazzi. “Ricordo che si era offeso quando lo citavo… poi gli è passata”. E cosa diceva di lui? “Ma niente, che quando giocava a calcio era un angioletto, uno che non aveva mai fatto un fallo, cose così…”.

Tra le amicizie importanti annovera Simona Ventura. “È una vera amica, stiamo facendo insieme anche Citofonare Rai2, è una nata per fare la tv. E poi mi piace di lei che è sempre molto understatement, tipo si è sposata con Terzi e non si è saputo niente, l’ha tenuto nascosto e non è trapelato nulla, io l’ho saputo solo due giorni fa…”.

Quanto ai colleghi che lo fanno ridere, non ha dubbi. “Io andavo matto per Il caso Scafroglia di Corrado Guzzanti. Mi faceva davvero molto ridere. Adesso mi fanno ridere Lillo e Greg, in particolare una gag in cui uno è un padre che ha perso un figlio e deve dire tutte le caratteristiche che ha questo bambino”.

Infine, nella sua vita è arrivato anche un ruolo nuovo e importante: quello di nonno. “Una cosa fantastica, mio nipote si chiama come me e io gli ho già preso una trentina di scarpette da calcio: se lui non fa il calciatore io divento matto, impazzisco. Non vedo l’ora di accompagnarlo su un campo. Inutile parlare di libertà, il suo destino è segnato, poveretto”.

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