Scacco alla cupola, quando Rudolph Giuliani smantellò le 5 famiglie piu potenti di “Cosa Nostra” di New York: la storia . Vi raccontiamo la storia dello scacco alla cupola di Rudolph Giuliani, che smantellò le 5 famiglie piu potenti di “Cosa Nostra” di New York. La data chiave è il 25 febbraio del 1985, il giorno in cui ebbe inizio uno dei processi più importanti della storia giudiziaria americana: il “Mafia Commission Trial”.
Questo processo, condotto in un’aula strettamente sorvegliata della Southern District Court di New York, vide imputati i capi delle cinque famiglie mafiose della città e quattro dei loro uomini di fiducia. Il procuratore distrettuale Rudolph Giuliani li accusò di estorsione, associazione a delinquere e omicidio, applicando per la prima volta in modo incisivo il Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act (RICO Act), una legge che permetteva di perseguire i membri della criminalità organizzata collegando diversi reati in un’unica accusa.
L’FBI e altre agenzie federali avevano raccolto prove per anni nell’ambito dell’Operazione GENUS, monitorando le attività mafiose dal 1980. Il caso fu definito da Time come “l’assalto più significativo all’infrastruttura del crimine organizzato” dai tempi della mafia di Chicago negli anni Quaranta. Tra i principali imputati figuravano Carmine Persico, Philip Rastelli, Paul Castellano, Tony Corallo e Tony Salerno, boss che controllavano New York dagli anni Sessanta.
Carmine Persico, noto come “Serpente”, era il capo della famiglia Colombo e aveva iniziato la carriera criminale da adolescente. Philip Rastelli guidava la famiglia Bonanno, controllando il clan anche dalla prigione. Paul Castellano era il boss della famiglia Gambino, la più potente delle cinque, con oltre 250 membri e ramificazioni in vari stati. Tony Corallo, capo della famiglia Lucchese, dominava il settore edile tramite estorsioni, mentre Tony Salerno, detto “Fat Tony”, governava la famiglia Genovese con un’organizzazione criminale estesa in tutto il paese.
Gli imputati
Oltre ai boss, tra gli imputati figuravano Aniello Dellacroce, viceboss dei Gambino, e altri importanti membri delle famiglie mafiose. Nel corso del processo, l’accusa utilizzò prove derivanti da intercettazioni telefoniche e microspie posizionate nei luoghi frequentati dai mafiosi. Furono autorizzate 171 intercettazioni, grazie a un’operazione che coinvolse oltre duecento agenti federali. Alcuni imputati, come Castellano e Salerno, furono arrestati prima del processo per evitare fughe, pagando cauzioni milionarie per restare in libertà fino al dibattimento.
L’accusa si concentrò sul ruolo della mafia nel controllo dell’industria del cemento attraverso il cosiddetto “Concrete Club”, un cartello di imprese che manipolava gli appalti pubblici. Inoltre, furono contestati diversi omicidi, tra cui quello di Carmine Galante nel 1979, del suo associato Leonard Coppola e del boss Alphonse “Sonny Red” Indelicato nel 1981. Due imputati morirono prima del verdetto: Dellacroce per un tumore e Castellano, assassinato a Manhattan in circostanze sospette.
Il processo si concluse il 19 novembre 1986 con la condanna di otto imputati. Salerno, Corallo, Santoro, Furnari, Persico, Langella e Scopo ricevettero pene di 100 anni di carcere e multe fino a 250.000 dollari. Indelicato fu condannato a 40 anni e a una multa di 50.000 dollari. Nei decenni successivi, vari tentativi di ricorso non portarono alla scarcerazione degli imputati, sei dei quali morirono in prigione. Indelicato fu rilasciato nel 1998, mentre Furnari ottenne la libertà vigilata solo nel 2014.
Questo processo segnò l’inizio della decadenza del potere mafioso a New York, dimostrando l’efficacia della legge RICO e aprendo la strada a nuove indagini in altri stati. Inoltre, consolidò la carriera politica di Rudolph Giuliani, che divenne sindaco di New York nel 1994, noto per la sua politica di tolleranza zero contro il crimine.
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