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Chris Evert: “Il tennis ha un aspetto molto in comune con la vita. Il mio contributo è stato soprattutto uno”

Chris Evert: “Il tennis ha un aspetto molto in comune con la vita. Il mio contributo è stato soprattutto uno”. Chris Evert sul tennis, l’ex campionessa di tennis statunitense, 70 anni, numero 1 al mondo per 260 settimane, parla a cuore aperto in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Il ricordo legato agli insegnamenti del padre, che fin dall’infanzia ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione dell’intervistata come tennista. “Mio padre decise che cinque anni fosse l’età giusta per portarmi via da casa della mia amichetta e condurmi in un campo da tennis pubblico a lanciarmi palline da un carrello della spesa, quindi ero davvero arrabbiata. ‘Racchetta indietro, girati di lato, fai un passo avanti quando colpisci la palla’. Mi sono sempre ricordata di quelle tre cose fondamentali”.

Il rovescio a due mani che influenzò generazioni di giocatori

Accanto a questi primi insegnamenti tecnici, il padre le trasmise anche un elemento destinato a influenzare profondamente la sua carriera e il tennis stesso: “Un’altra cosa che mi insegnò fu il rovescio a due mani (che poi diventò il suo colpo caratteristico, quello che influenzò generazioni di giocatori, ndr). Per mio padre era una compensazione temporanea, perché ero troppo piccola e debole per eseguire il rovescio con una mano sola. Ma questo in seguito ha cambiato il modo di giocare a tennis. Oggi oltre l’80 per cento dei primi 100 professionisti usa il rovescio a due mani”.

Ripercorrendo gli anni ’70, l’ex tennista descrive il contesto culturale in cui si sviluppava il tennis femminile, segnato da una certa resistenza nei confronti delle atlete. “La cultura dell’epoca prevedeva che le atlete non fossero viste di buon occhio, perché erano forti, e questo non era contemplato, una donna non poteva esserlo. Quando sono arrivata sui campi ero un’adolescente che cercava di essere femminile, avevo vestitini carini, nastri, lo smalto sulle unghie. Non ero una Billie Jean King o una Martina Navratilova, con i loro grandi messaggi, ma penso che il mio contributo sia stato nel far sì che le ragazze e le donne diventassero delle vere e proprie atlete, creando una generazione completamente nuova”.

Chris Evert: “Il mio contributo è stato soprattutto uno”

Parlando delle caratteristiche che distinguono il tennis dagli altri sport, Chris Evert sottolinea l’importanza della componente mentale e della concentrazione. “Il tennis richiede una concentrazione assoluta, il campo è un luogo segnato da un incontro tra due persone, o forse con una sola: se stessi. Il 90 per cento del mio gioco è stato mentale. È stata la mia concentrazione che mi ha portato a conquistare i titoli. La prima cosa che mi ha reso mentalmente forte è stato competere con mia sorella, che non mi piaceva battere. Per farlo dovevo concentrarmi sul gioco della palla invece che su di lei. Se questo mi riusciva, dall’altro lato del campo vedevo solo un’altra giocatrice e potevo bloccare ogni distrazione per focalizzarmi sulla vittoria di ogni singolo punto”.

La riflessione si estende poi su ciò che può condurre un atleta al successo, riconoscendo come ogni giocatore debba trovare la propria strada. “Ci sono molti aspetti che possono portare al successo un giocatore. Dipende anche dal singolo atleta. Alcune cose possono funzionare per alcuni e non tanto per altri. A me piaceva dedicare molte ore all’allenamento in campo per poter dare il massimo in ogni occasione. Amavo anche vincere. Credo che ci siano stati molti aspetti che mi hanno motivato durante la mia carriera, ma questo è stato sicuramente uno di quelli fondamentali. Quella sensazione di vittoria è indescrivibile, una delle più belle che si possano provare”.

Chris Evert: “Il mio contributo è stato soprattutto uno”

Nel corso della sua carriera, Chris Evert è stata guidata da valori profondi, tra cui la costante ricerca dell’eccellenza, non solo sportiva ma anche personale. “Da quando sono diventata tennista ho sempre ricercato l’eccellenza con il desiderio di andare ogni volta oltre i miei limiti. Ed è un impegno costante per migliorarsi tecnicamente ma anche umanamente. Per questo ho anche accolto volentieri il ruolo di testimonial di Rolex che supporta i protagonisti nello sport che affrontano le sfide più ardue, dove il successo si misura non solo con i trofei ma attraverso il percorso per raggiungerli, con vittorie e sconfitte. Anche la loro recente campagna Reach for the Crown contribuisce a dare lustro e visibilità a campioni in ambiti diversi, compresi molti tennisti”.

Infine, l’ex campionessa riflette su ciò che il tennis le ha insegnato, sottolineando l’analogia tra una partita e la vita stessa. “Una partita ha molto in comune con la vita. Se durante un set si avverte un calo nel ritmo, è sempre possibile invertire la tendenza. Nei momenti difficili della vita, volendo, si può fare lo stesso. Il tennis insegna a essere determinati, a non mollare mai”.

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