Conte, la Juve e il dietrofront del tecnico per restare a Napoli: e se fosse stata una strategia per fregare una possibile antagonista? A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. E allora permettetemi, con un pizzico di ironia e una dose abbondante di immaginazione, di raccontarvi una versione alternativa – chiamiamola “fantastica”, se volete – di quanto accaduto nella stagione 2024/2025.
La prima annata di Antonio Conte sulla panchina azzura, è stata caratterizzata da una specie di telenovela mediatica degna delle migliori produzioni sudamericane, con il Napoli trionfante sul campo, mentre altrove… beh, altrove si cercavano ancora i pezzi sparsi di un puzzle mai completato.
Partiamo dall’inizio: dopo poche giornate, il tecnico salentino era già descritto come un uomo sull’orlo di una crisi di nervi, in rotta col presidente Aurelio De Laurentiis. Poi, la bomba di gennaio: la cessione di Kvaratskhelia al PSG. Una notizia che ha deluso i tifosi e sconvolto la Serie A. Ma soprattutto, ha acceso il fuoco dell’attenzione mediatica su un Napoli improvvisamente orfano del suo gioiello georgiano e, soprattutto, incapace di sostituirlo. Si, perché secondo questi scienziati, il Napoli avrebbe dovuto farsi prendere per il naso da un Commisso qualsiasi (vedi la richiesta folle per Comuzzo).
I rumors senza soste
Da quel momento, ogni giorno è stato buono per “Conte alla Juventus/al Milan/alla Roma: ci siamo”. La notizia preferita dai titolisti, la rivelazione fissa nei talk show sportivi, la certezza instabile attorno a cui ruotava l’intera narrativa del campionato. Dopo un po’ di ‘filtraggio’, Conte era praticamente juventino. Già da febbraio, mancava solo l’annuncio ufficiale. Che non è mai arrivato. Anzi: a sorpresa, è arrivato quello opposto.
Ed è qui che parte la mia teoria del complotto. E se – e sottolineo ‘se’, nel senso più leggero e fantasioso possibile – tutto questo fosse stato orchestrato a tavolino da De Laurentiis e Conte? Una messinscena costruita con la pazienza di uno sceneggiatore e la precisione di un chirurgo, per destabilizzare l’ambiente juventino, far saltare i loro piani di mercato e lasciarli in braghe di tela al momento decisivo. Altro che spy story: qui siamo ai livelli del “Manuale delle Giovani Marmotte della guerra psicologica applicata al calcio”.
Pensiamoci: ogni giorno in cui la stampa dava Conte a Torino, la dirigenza bianconera si convinceva un po’ di più. Ogni silenzio del tecnico diventava una mezza conferma. Ogni abbraccio più freddo con De Laurentiis, una prova inconfutabile. E nel frattempo? Il Napoli continuava a vincere, inanellando risultati su risultati fino a riportare lo scudetto sotto il Vesuvio. Mentre a Torino si scrivevano piani, si accantonavano nomi alternativi, si puntava tutto sull’uomo che – spoiler – non sarebbe mai arrivato.
E la svolta finale, degna del miglior colpo di scena, è arrivata con le immagini dei festeggiamenti: tifosi in delirio, giocatori commossi, la famiglia Conte rapita dalla magia partenopea, e il presidente De Laurentiis che, con la sua consueta sobrietà, prometteva una campagna acquisti faraonica per aprire un ciclo. E così Conte, l’uomo già seduto virtualmente sulla panchina bianconera, ha detto: “Resto”. Anzi, “Resto per vincere ancora”. Panico a Torino. Riunioni d’urgenza. Tentativi disperati. E, alla fine, il deserto.
Vittoria sup campo e fuori
In questa favola calcistica, il Napoli ha vinto sul campo e anche fuori, smontando con un sorriso e qualche risultato tutto il castello di supposizioni costruito dalla stampa. E se fosse davvero stato tutto calcolato? Tranquilli, non lo sapremo mai. E va bene così. Ma lasciateci il gusto di pensarlo: come risposta elegante a una stagione vissuta con il fiato addosso, tra malelingue e pronostici sbagliati.
E già che ci siamo, una nota finale per un altro protagonista, suo malgrado, di questo teatro: Cristiano Giuntoli. L’uomo che lasciò Napoli convinto di portare la sua bacchetta magica a Torino, salvo poi accorgersi che il trucco funzionava solo con il Vesuvio sullo sfondo. Dopo due stagioni da apprendista stregone, è stato gentilmente accompagnato all’uscita. Forse perché alla Juventus cercavano un direttore sportivo, non uno ‘chef’ (questa la capiranno in pochi).
Alla fine, la morale è semplice: mai sottovalutare la capacità partenopea di trasformare il caos in arte. E, soprattutto, mai pensare di giocare a scacchi con chi ha già imparato a vincere con il pallone.
Carmine Gallucci
direttore@brevenews.com
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