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Terzo scudetto Napoli, era merito loro? “Ho un dubbio….”

Terzo scudetto Napoli, era merito loro? “Ho un dubbio….”. C’è stato un tempo – e non è nemmeno troppo lontano – in cui alcuni esperti del pallone hanno deciso chi fossero gli eroi e chi il nemico comodo della favola chiamata “Terzo scudetto Napoli”. Secondo questa versione molto cinematografica (e molto poco onesta), il trionfo partenopeo portava le firme in calce di Cristiano Giuntoli e Luciano Spalletti, con il presidente Aurelio De Laurentiis relegato al ruolo di figurante, ricordato solo per qualche conferenza fuori dalle righe, o per le sue famose “uscite colorite”.

E così, archiviata la festa e le bandiere azzurre in ogni angolo del mondo, Giuntoli e Spalletti si sono congedati dal palcoscenico partenopeo da trionfatori. Il primo con la valigia pronta per Torino, il secondo con la missione di “salvare” la Nazionale italiana. E il Napoli? Abbandonato dagli stessi celebrati salvatori, ha vissuto una stagione disastrosa, chiusa con un mesto decimo posto, tre allenatori cambiati come figurine Panini e l’addio alle coppe europee dopo 15 partecipazioni consecutive.

I teatrini estivi

Facile, a quel punto, per i tuttologi del pallone – ben supportati da una stampa più incline al tifo che all’analisi – decretare che senza i suoi eroi, il Napoli non poteva che tornare cenere. Il capolavoro retorico è stato completo: lo scudetto era ‘solo’ merito di Giuntoli e Spalletti. E De Laurentiis? Solo un intralcio fortunato. Un presidente “per caso”. Così i salotti sportivi hanno offerto una narrazione a senso unico, ignorando volutamente un fatto fondamentale: De Laurentiis ha preso il Napoli dalle ceneri del fallimento nel 2004, lo ha risollevato, portato in Serie A e reso presenza fissa in Europa.

Nel frattempo il patron azzurro ha anche vinto due Coppe Italia e una Supercoppa, ma questo forse non era giusto ricordarlo. Quello che invece resta impresso nella memoria, è la pantomima estiva di un’emittente televisiva che ha pensato bene di imbastire un siparietto da varietà di quart’ordine, tra battutine da bar e tristissime sceneggiate per commentare la cessione di Kvaratskhelia e le relative difficoltà affrontate dalla dirigenza azzurra per sostituire il fuoriclasse georgiano.

Ho un dubbio…

Il giornalismo sportivo in certi casi sembra un derby tra memoria corta e pregiudizio lungo. Poi però arrivano i fatti. E i fatti, si sa, non sono democratici: o sono veri, o non lo sono. Giuntoli alla Juventus ha deluso le aspettative, costruendo a suon di milioni una squadra risultata poi senz’anima e senza gioco, con un progetto buttato via dopo solo 6 mesi. Spalletti, dal canto suo, sta regalando alla Nazionale italiana una delle peggiori gestioni tecniche degli ultimi decenni, rischiando seriamente di guidarla verso il terzo Mondiale consecutivo da spettatori. A questo punto, come direbbe il mitico Cicciogamer: “Ho un dubbio”…

Nel frattempo De Laurentiis, in barba ad ogni pronostico, ha completato la sua ennesima opera d’arte: un altro scudetto, il secondo in tre anni. Un altro trionfo. Un’altra smentita clamorosa a chi lo dava per spacciato. Senza Giuntoli e senza Spalletti. Così, mentre gli ex idoli crollano sotto il peso della propria mitologia, il Napoli continua a vincere. E soprattutto continua a farlo a modo suo, senza l’aiuto dei “tecnici del giorno dopo”, senza genuflettersi né al palazzo né a quella parte di stampa con i suoi copioni stantii.

La verità è che il calcio italiano ha bisogno innanzitutto del Napoli e dei suoi straordinari tifosi, che hanno regalato immagini di gioia e di passione a tutto il mondo. Ma anche di una figura come De Laurentiis, nonostante faccia comodo dipingerlo come l’antieroe. Su questo però non ci spero tanto, perché un mondo in cui la narrazione conta più dei risultati, chi vince fuori copione non viene mai davvero considerato.

Carmine Gallucci
direttore@brevenews.com

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