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No, l’Inter non ha risolto i suoi problemi finanziari

No, l’Inter non ha risolto i suoi problemi finanziari. Negli ultimi giorni abbiamo letto una narrazione fin troppo ottimistica sul rifinanziamento del debito da parte dell’Inter, con alcuni quotidiani che hanno parlato di una svolta positiva in toni quasi trionfalistici. L’operazione è stata raccontata come un “segnale di forza” o addirittura come la chiusura di un periodo difficile. Ma la realtà, se si guarda oltre la superficie, è ben diversa. Nonostante il pagamento anticipato del bond da oltre 400 milioni e la nuova struttura finanziaria garantita da Oaktree, l’Inter non ha risolto i suoi problemi finanziari.

Cosa è successo davvero? Il club nerazzurro ha effettivamente rimborsato in anticipo un’obbligazione da 412 milioni di euro emessa nel 2022 con scadenza 2027 e tasso d’interesse piuttosto elevato (circa il 12%). Questa operazione è stata possibile grazie all’intervento diretto di Oaktree, fondo americano che ha l’anno scorso ha preso il controllo della società dopo la scadenza del prestito triennale concesso a Suning.

Con il suo avvento Oaktree ha fornito nuova liquidità, ristrutturando il debito in modo da renderlo più gestibile e meno oneroso. Questo è vero, ma in parte. Se è innegabile che l’operazione sia stata ben condotta e tempestiva, va detto che non rappresenta la fine dei problemi, bensì solo una fase di transizione alla ricerca di un equilibrio finanziario, che è ancora tutto da costruire.

Il debito non è sparito, è cambiato

Il rimborso del vecchio bond non significa che l’Inter sia ora “libera dai debiti”. Semplicemente, il club ha estinto un’obbligazione molto pesante per sostituirla con un nuovo prestito, stavolta con scadenze e condizioni migliori. È una pratica comune nel mondo aziendale: si chiude un debito costoso e lo si rimpiazza con uno meno oneroso. Ma il debito resta. Si tratta pur sempre di centinaia di milioni da restituire nel tempo.

Oltre alla questione del debito, c’è il nodo fondamentale dei conti in rosso. La gestione Zhang nei quattro anni che vanno dal 2019 al 2023, ha prodotto 573 milioni di rosso. Di conseguenza l’Inter ha chiuso diversi bilanci in perdita negli ultimi anni. Sebbene la gestione sia migliorata con gli introiti del percorso in Champions soprattutto, il club resta strutturalmente in difficoltà: il fatturato dipende troppo dai risultati sportivi, la voce stipendi è molto elevata e i margini di manovra sono limitati.

Per fare un esempio: nella stagione 2022/23, nonostante la finale di Champions League, l’Inter ha registrato una perdita superiore a 80 milioni di euro. Senza plusvalenze da calciomercato e senza entrate straordinarie, il bilancio rischia ogni anno di andare in rosso. Rifinanziare il debito aiuta, ma non risolve questo squilibrio strutturale.

La coperta corta

In altre parole, il club ha sì risolto un problema urgente (la scadenza del bond), e il rifinanziamento è una buona notizia, ma non una soluzione definitiva. I tifosi nerazzurri che in queste ore stanno esultando manco avessero annullato il risultato della finale Champions, farebbero bene a non farsi illudere da toni troppo ottimistici.

Si, perché l’Inter ha si guadagnato tempo e flessibilità, ma i problemi di fondo restano. E solo con una gestione oculata, una strategia di crescita sostenibile e un piano industriale serio si potrà parlare, un giorno, di vera stabilità finanziaria. Ma ciò prevede un progetto a medio/lungo tempo che difficilmente si sposa con la necessità di costruire una rosa abbastanza competitiva da arrivare fino in fondo alle competizioni. Il classico esempio di coperta corta…

Carmine Gallucci
direttore@brevenews.com

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