Andy Luotto: “Stati Uniti peggiori con Trump, ho cestinato il passaporto. Io da ladruncolo alla tv grazie ad Arbore”. Andy Luotto sugli Stati Uniti con Donald Trump, l’infanzia difficile, gli esordi con Renzo Arbore, e non solo. L’attore, comico e cuoco, 74 anni, ripercorre le tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Sul suo celebre Ford Transit verde pisello, iniziò un’avventura insolita ma fondamentale per la sua vita. «Gli avevo tolto i sedili e lo avevo riempito di buste di plastica per l’immondizia comprate a poco. Le rivendevo ai mercati, gridando al megafono: “Venti sacchetti 1000 lire!”. A fine giornata li davo via anche a 300. Poi passai a scolapasta e scopini. Dovevo guadagnare, il mio socio mi aveva lasciato con 35 milioni di debiti».
Un giorno, qualcuno realizzò un filmato su di lui che riscosse grande successo sulle televisioni private, tanto da arrivare fino agli occhi di Renzo Arbore. «Non avevo il telefono a casa, mi chiamò al bar di Castelnuovo di Porto, vivevo lì. “Andy, corri che ti cerca la Rai”. Era Renzo. “Lei è un comico?”. “Ma come si permette?” “Ti piacerebbe fare televisione con me?”».
Andy Luotto: “Io da ladruncolo alla tv grazie ad Arbore”
Sembrava fatta, ma le cose non andarono subito lisce. «Mica tanto. Sparì per un anno e mezzo. Lo rividi nel 1976, era sulla sua 500. Mi propose di fare il valletto muto a L’altra domenica. “Dietro Andreotti c’è sempre il suo assistente, un tizio che non parla mai. Ecco, devi fare uno così”. In diretta mi piazzavo col faccione davanti alla telecamera e il regista Salvatore Baldazzi, che non era moderno, gridava: “Toglietemi quel cog…one di mezzo!”. Aldo Grasso scrisse: “Arbore riscopre il primo piano televisivo”». Interpretava il cugino americano di Renzo, capace di pronunciare solo «bbuono» e «no bbuono». «Un giorno gli autori mi scrissero una frase lunghissima. Io esclamai soltanto “Uvi!”. I giornali l’indomani titolarono: “Andy ha parlato!”».
Ripercorrendo la sua giovinezza, racconta di aver avuto guai con la giustizia negli Stati Uniti. «Spaccavo le vetrine, commettevo piccoli furti. Avevo ideato un sistema per svuotare le cabine telefoniche delle monete». «Davo fuoco a una parte del telefono — non doveva squagliarsi tutto — usando la lattina di CocaCola come estintore. E le monetine scendevano. Però bisognava essere veloci».
Fu allora che la madre, Beatrice, lo costrinse a una svolta, a suon di minacce: «’O resti in riformatorio o vai a Roma da tuo padre”. Era una scienziata e una donna fantastica, è morta pochi mesi fa a 101 anni. Mi diede una foto di papà Eugene, non lo avevo mai visto. Mi ritrovai in una casa patrizia sull’Aurelia, non ci ero abituato, ero un piccolo cafoncello, a tavola non sapevo quale forchetta usare. Andai in cucina dalla cuoca Maria Illuminati». Fu proprio lì che scoprì un amore nuovo: il cibo. «Intinsi il pane nel pomodoro e scoprii la scarpetta. Quando il cuoco vede la striscia sul piatto è felice».
Andy Luotto: “Stati Uniti peggiori con Trump, ho cestinato il passaporto”
Il padre, Eugene, era un noto doppiatore d’inglese. «Per casa giravano Fellini, Mastroianni, Sophia Loren. Io non ero mai stato nemmeno al cinema e non parlavo italiano, non capivo niente. Conoscevo qualche parola in piemontese — bagnèt, masnà, friciulè —, pensavano che fossi turco». Rievoca anche un momento surreale legato proprio a Fellini. «Ricordo loro due che doppiavano Amarcord in inglese. Decisero di rifare personalmente le pernacchie di una scena. “Maestro, questa è troppo squillante, la riprovi”. “Prrrr”. “Maestro, questa era perfetta”».
Dopo il liceo tornò negli Stati Uniti. «A Boston, dove presi la laurea in Comunicazione e Sociologia. Quando però mi arrivò la chiamata alle armi per il Vietnam, ho disertato e sono scappato in Puglia, a frequentare la scuola alberghiera. L’America non mi piaceva più e mi piace ancora meno adesso con Trump. Un vecchio hippie come me, ho cestinato il passaporto, sono italiano per scelta».
Nel tempo, il suo camaleontismo lo portò a impersonare anche Harmand, sedicente meteorologo arabo. «Gli integralisti si infuriarono, mi volevano uccidere, io che voglio bene al mondo. Per due volte sono stato malmenato, un incubo. Per le ultime due puntate facevo un italoamericano, più sicuro». La situazione divenne così grave che fu messa una taglia su di lui. «Un milione di dollari. Il settimanale Oggi mi portò in giro per i Paesi arabi a chiedere perdono».
Andy Luotto: “Cuoco controbil parereditutti”
Dopo varie esperienze televisive, si dedicò a un’altra grande passione: la cucina. «Contro il parere di tutti mi sono dedicato alla cucina e lì sono felice. Preparare cibi e servirli a tavola è un gesto d’affetto. E si rimorchia tantissimo». E proprio alla cucina tornerà da settembre. «Su Raidue, avrò una rubrica di cucina nella trasmissione di Andrea Delogu». Sulla vita privata ammette con ironia una certa dimenticanza. «Ah sì? Vabbé, dopo tanti anni te lo dimentichi. Quanti? Credo 36».
Tra le sue peculiarità spiccano i tanti tatuaggi a tema gastronomico. «Più di 50. Spaghetti, sedano, carota, cipolla, un polpo, degli agrumi, pane e salame, cicoria. E sulle cosce due caciocavalli, questi li hanno visti in pochi, una rivista mi ha pagato 3 mila euro per poterli fotografare. Mia moglie dice che sembro un carrello della spesa. Mio figlio Eugene mi chiama “Conad il Barbaro”».
Non apprezza particolarmente gli chef stellati. «No, è che quella non è la mia strada. I loro piatti arrivano tiepidi, troppo lunga la preparazione. Io voglio che i clienti riconoscano quello che hanno davanti. Preferisco la tradizione. Ricerco l’effetto “UAM”». Ovvero «quando qualcuno esclama “Uuu che bello!”, “Aaa che profumo!” e “Mmm che sapore!”. Spesso cucino direttamente a tavola per i clienti, a volte li faccio partecipare».
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