Home » Italia senza talenti per colpa della pirateria? Perché De Siervo sbaglia e perché la domanda è un’altra
Italia News Sport

Italia senza talenti per colpa della pirateria? Perché De Siervo sbaglia e perché la domanda è un’altra

Italia senza talenti per colpa della pirateria? Perché De Siervo sbaglia e perché la domanda è un’altra. Per Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A, per quanto riguarda il Calcio, l’Italia è senza talenti per colpa (anche) della pirateria. Lo ha detto durante l’evento “Stati Generali della lotta alla pirateria” che si è tenuto ieri, mercoledì 18 giugno, nell’aula magna “Carlo Mosca” della scuola di perfezionamento per le forze di Polizia di Roma.

Il ragionamento dell’ad è lineare, anzi, fin troppo: i soldi rubati dallo streaming illegale non finiscono nei vivai, quindi non crescono giovani campioni, quindi addio Europei e Mondiali. Un sillogismo degno di nota, se non fosse che cade con fragore alla prova dei fatti.

Prima di procedere va fatta una premessa: la pirateria è un reato. Punto. Nessuna apologia qui. Rubare contenuti è illegale, danneggia un intero settore, e va perseguito. Ma farne il capro espiatorio universale dei mali del calcio italiano, non solo è miope, ma anche profondamente comodo. È come incolpare il meteo per il fallimento di un raccolto piantato fuori stagione: tecnicamente non è falso, ma non è nemmeno la verità.

La domanda sbagliata

Nel suo intervento De Siervo ha ringraziato il Parlamento per la nuova legge contro la pirateria, che prevede pene fino a tre anni, e parla di “timidi segnali di conversione dei trend”. Ma l’aspetto più interessante è il tentativo di spostare l’attenzione: invece di chiedersi perché milioni di persone preferiscano collegarsi a un sito pirata, ci si concentra su come punirli. La domanda più ovvia viene ignorata: perché lo fanno?

La risposta è sotto gli occhi di tutti: i prezzi e i disservizi. Oggi seguire legalmente la Serie A è un salasso. Tra DAZN, Sky, abbonamenti vari, si arriva a spendere cifre che sfiorano l’assurdo per un campionato che, francamente, non è più nemmeno tra i primi tre d’Europa. In un Paese con stipendi stagnanti e un’inflazione alle stelle, è davvero così sorprendente che in molti scelgano scorciatoie illegali?

Naturalmente, il furbetto dello streaming non è un eroe popolare: resta un evasore digitale. Ma pretendere di rieducare milioni di utenti a suon di procedimenti penali, senza offrire un’alternativa accessibile, efficiente e trasparente, è pura illusione. È come voler combattere il contrabbando senza abbassare le tasse: si colpisce il sintomo, non la malattia.

La politica dei prezzi

E quanto ai vivai? Davvero crediamo che basti qualche abbonamento in più per sfornare un nuovo Totti o Baggio? I problemi del calcio italiano sono strutturali: società indebitate, dirigenti improvvisati, infrastrutture fatiscenti, una governance divisa e un sistema che premia l’immediato e non investe sul futuro. La Premier League vola non solo perché vende bene i diritti TV, ma perché ha una visione strategica, impianti moderni e politiche giovanili serie. La pirateria c’entra poco. Semmai è uno specchio della disaffezione crescente del pubblico.

De Siervo avverte: “Se continueremo così, finiremo dietro anche ai tedeschi e ai francesi”. Ma è già successo. E il problema non è solo chi guarda gratis, ma chi non guarda più del tutto, nauseato da un prodotto mediocre venduto a peso d’oro.

Una politica di prezzi più equa, un servizio di qualità e un’offerta più trasparente sarebbero il primo vero colpo contro la pirateria. Altro che pecorelle smarrite da rieducare: qui servirebbe qualcuno che prima capisca perché si sono allontanate. E magari, per una volta, si faccia un serio esame di coscienza.

Carmine Gallucci
direttore@brevenews.com

Seguici anche su Facebook. Clicca qui  

Loading...
Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com