Alessandro Ciacci si racconta: “Io comico ma volevo fare il criptozoologo. Il teatro mi ha reso visibile”. Alessandro Ciacci si racconta, il comico vincitore e nuovo volto di “Lol – Chi fa ridere è dentro”, 36 anni, parla del successo arrivato grazie al talent show, in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Reduce da una stagione televisiva fortunata, il comico porta lo spettacolo Fantasista in un tour nei teatri d’Italia. Essere così impegnato, per Alessandro Ciacci, è qualcosa di estremamente positivo. «Bellissimo, soprattutto perché sto facendo il lavoro che ho sempre sognato di fare», racconta. Negli ultimi mesi ha vissuto una fase di forte crescita, con una visibilità amplificata dalla televisione. «Mi sembra di essere ripartito da zero, ma non potrei essere più soddisfatto, anche perché sono un grande stakanovista».
Il percorso che lo ha portato fin qui, però, non è stato lineare, né prevedibile. Da bambino, infatti, non immaginava affatto di diventare un comico. «Di sicuro non il comico. Ero un bambino molto introverso e timido che preferiva stare in casa a leggere anziché andare a giocare a calcetto con i compagni». Non era il tipo che intratteneva i compagni con imitazioni e battute: preferiva trascorrere il tempo in biblioteca o a casa. «Anche se ricordo che da bambino volevo fare il criptozoologo».
Alessandro Ciacci si racconta: “Io comico ma volevo fare il criptozoologo”
Ma cos’è esattamente un criptozoologo? Ciacci spiega: «È un mestiere che si pone a metà strada fra la scienza ufficiale e la fantasia, visto che porta il professionista a mettersi sulle tracce di creature come il Mostro di Loch Ness». Le cose iniziarono a cambiare durante il primo anno di liceo, quando scoprì il teatro. «Lì è cambiato tutto, sono maturato e ho capito che avrei voluto stare sul palco per sempre».
E a quel proposito è rimasto fedele. Dopo il liceo si trasferisce a Bologna, dove frequenta l’accademia di recitazione, pur avendo già iniziato a lavorare per alcune compagnie. «Mi destreggiavo a fare l’attore, il regista e l’insegnante di vocalità». Non è stato un inizio facile: per mantenersi ha dovuto fare anche altri lavori. «Per andare avanti e mantenermi in attesa che il teatro decollasse ho fatto anche il libraio».
Alessandro Ciacci si racconta: “Il teatro mi ha reso visibile”
L’esperienza da libraio, dal 2016 al 2018, tra Cesena e Rimini, è stata importante. «È stata un’esperienza fondamentale, anche perché lavorare con il pubblico mi ha dato tantissimi spunti». Uno di questi è diventato un monologo teatrale. «Memorabile il momento in cui una signora venne da me a dirmi che stava cercando una copia di Guerra e pace di “Toy Story”, una storia talmente surreale che è diventata un monologo che porto a teatro».
Ciacci ammette che il teatro gli ha dato visibilità. «Prima del teatro non lo ero minimamente: ero invisibile». Oggi, però, riconosce che ogni tanto gli fa ancora piacere non essere visto. «Anche se, naturalmente, ho bisogno che la gente venga a vedermi per poter continuare a fare la spesa».
I suoi genitori hanno sempre sostenuto le sue scelte, pur con qualche esitazione nei momenti difficili. «I miei genitori sono di un’impronta smaccatamente montessoriana: soprattutto mia madre, che è maestra d’asilo. Mi hanno sempre detto che l’importante era fare quello che mi piaceva anche se, quando le cose non decollavano, mi dicevano di trovarmi qualcos’altro». L’unico rimpianto familiare rimasto è la mancata laurea. «Mi è solo dispiaciuto non aver preso la laurea, perché ancora oggi è un argomento che in famiglia si affronta con un fondo di amarezza. Ormai si sono rassegnati». Non è andata come previsto. «Ero iscritto al DAMS ma, frequentando l’accademia dalla mattina alla sera, non sono riuscito a conciliare le due cose. O forse sarebbe più giusto dire che non ho voluto provare a farlo».
Alessandro Ciacci: “La svolta con i testi unici”
La svolta comica è arrivata proprio in accademia. «Portavo i grandi classici della tragedia come Alfieri, ma quando ho iniziato a scrivere degli atti unici e tutti mi facevano notare una certa impronta di umorismo british ho capito che era il mio». L’influenza dei Monty Python è stata decisiva. «Ero un grande fan di Flying Circus dei Monty Python che mi ha letteralmente aperto un mondo ispirando il mio primissimo spettacolo, The Gag Is On The Table». Da lì in poi non si è più fermato: ha scritto per altri comici e si è lanciato nella stand up. «Credo che Flaiano avesse ragione quando diceva che la comicità è la Cenerentola delle arti, visto che viene vista ancora con un certo sospetto da parte dell’ambiente teatrale».
Ci sono stati anche momenti di crisi. «Certo, e l’ho anche fatto. Dal 2020 al 2021 ho detto basta». Quel periodo si è rivelato essenziale. «Fondamentale, perché mi ha permesso di fare tabula rasa di tutto per poter ripartire. Stavo vivendo un periodo abbastanza nero e, siccome credevo che a generarlo fosse stato proprio il lavoro, ho deciso di prenderne le distanze per rimettermi in sesto, riassemblando i pezzi. Se non lo avessi fatto probabilmente non sarebbe successo niente di quello che poi è arrivato».
A salvarlo è stata la consapevolezza e il supporto delle persone vicine. «Aver capito di avere un problema mi ha permesso di non crogiolarmi nel malessere ma di imboccare un’altra strada. In questo fare terapia è stato fondamentale, perché mi ha permesso di conoscermi meglio e di ripartire più forte di prima. Sia grazie a una persona titolata che ai miei amici e ai miei parenti: è stato un grande lavoro di squadra».
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