Gabriele Salvatores: “Satira nel mirino? Prima Berlusconi poi Trump. E in Italia è occupazione culturale quasi militare”. Gabriele Salvatores sulla satira politica che ultimamente è finita nel mirino dei politici, i Comedians, e non solo. Il regista premio Oscar napoletano, 75 anni, ne parla in una intervista a ‘La Repubblica’ della quale vi proponiamo alcuni passaggi.
Gabriele Salvatores ricorda l’inizio dell’avventura di Comedians, che debuttava nell’estate del 1985. Alla domanda su quale possa essere considerato il giorno preciso da cui tutto ebbe origine, racconta: «Guardi, il giorno lo racconta Paolo Rossi: poi non so se sia vero, perché Paolo ha molta fantasia, ma mi piace come situazione. Con Paolo avevamo già lavorato a Nemico di classe e ci eravamo detti “proviamo a fare qualcosa di nuovo insieme, cerchiamo un testo”. Lui dice che un giorno, mentre metteva a posto la libreria, gli è caduto in testa un libretto, Comedians di Trevor Griffiths.
Parlava di sei comici disperati, proprio quello che stavamo cercando, sei personaggi per mettere insieme un gruppo di attori particolari. Quindi, forse, il giorno dell’inizio di tutto è questo, come lo racconta Paolo. Da lì in poi abbiamo iniziato a pensare agli interpreti. Molto si è basato su legami personali: Antonio Catania è stato uno dei primi, lo conoscevo già dalla scuola del Piccolo. Poi, per amicizie, “quello lì mi è simpatico”, “questo mi sembra bravo anche se non ci ho mai lavorato”. Così sono saltati fuori gli altri: Gigio Alberti, Renato Sarti – che aveva già lavorato con noi all’Elfo – e a un certo punto cercavamo un napoletano: Silvio Orlando, che arrivò a Milano da vero immigrato».
Gabriele Salvatores: “Comedians? Oggi sarebbe difficile”
Il regista ricorda un episodio legato all’arrivo a Milano di Silvio Orlando: «Un aneddoto: alla prima riunione di compagnia, a casa di Michele Mozzati, chiede al portiere: “che piano?” – “quinto”. E lui: “e quanto ci vuole?” Il portiere lo guarda e dice: “dieci secondi”. In realtà Silvio chiedeva quanto costava, perché a Napoli gli ascensori andavano a monetine. All’inizio mangiava spesso a casa mia: mia madre preparava le pizze fritte e lo invitavo. Credo abbia persino dormito qualche volta nel laboratorio che usavamo come sala prove. Fu praticamente adottato dal gruppo dei milanesi. Poi arrivò anche Gianni Palladino, purtroppo non c’è più. Uno vedeva uno spettacolo, notava un attore interessante, e lo proponeva. Così si è formato il gruppo. Il vero problema era che per uno spettacolo del genere serviva una “rock band” affiatata, o una “truppa da sbarco”. Era uno spettacolo basato sull’improvvisazione: ogni sera era diversa dalla precedente o dalla successiva».
Parlando del contesto sociale di quegli anni, Salvatores spiega: «Sì, l’inizio dell’era Berlusconi, le tv private, l’ansia di apparire a tutti i costi. Lo spettacolo nasceva dal sentire che tutto questo era pericoloso. Era un passaggio d’epoca: dagli anni 70 e dall’impegno civile a un’Italia più individualista. Fare Comedians oggi sarebbe difficile: allora mettevamo da parte l’ego per creare la squadra. Questo ci ha ripagati: tre anni di repliche, e soprattutto alcuni degli anni più belli della nostra vita».
Gabriele Salvatores: “Satira nel mirino? Prima Berlusconi poi Trump”
Alla considerazione sul fastidio che Berlusconi ebbe nei confronti della satira, commenta: «Certo. Quando la destra parla di egemonia culturale della sinistra mi fa sorridere: l’egemonia culturale l’ha creata Berlusconi con le sue televisioni, il suo modo di proporsi, la sua intolleranza alle critiche. Oggi questa intolleranza è quasi una malattia. La discussione è la base della democrazia, e invece sembra vietata. E lo vediamo non solo in Italia: in America i comici – penso a Jimmy Kimmel ma anche agli altri – sono sotto attacco, a volte più dei giornalisti. I politici, d’altra parte si sono appropriati del linguaggio comico: battute, presentazioni, spettacolarità».
Sulle epurazioni televisive di comici, il regista è netto: «Come no… È una tattica che Donald Trump ha adottato su larga scala. E non solo lui, in Italia è in atto un’occupazione culturale quasi militare. Io non ho preclusioni verso intellettuali di destra – amo Céline, per esempio – ma la differenza rimane: essere progressisti significa avere una visione del futuro, essere conservatori significa mantenere lo stato di cose. E nel pensiero di sinistra c’è il rispetto delle idee diverse, mentre dall’altra parte c’è paura delle idee diverse e intolleranza anche verso una critica comica».
A proposito della comicità di destra, aggiunge: «Il fenomeno più grosso in Italia è stato il Bagaglino. Ma Comedians nasce a Milano, non a caso, perché la comicità milanese è diversa da quella romana o napoletana, senza volerle sminuire. Quella del nord nasce da Gaber, Iannacci… ed è spesso una comicità “contro”. Eco diceva: la tragedia è una stanza vuota con una sedia vuota. La comicità è una stanza vuota con una sedia: uno entra, sega una gamba e aspetta che qualcuno cada. È reazione, sorpresa».
Gabriele Salvatores: “In Italia è occupazione culturale quasi militare”
Il discorso si sposta poi sul dilemma tra comicità etica e comicità di consumo, tema già presente nel testo originale di Griffiths, e sul dibattito odierno legato al politicamente corretto: «È un tema delicato. Ci sono comici scorretti che però dicono verità, anche se danno fastidio. Dietro la scorrettezza deve esserci un’idea di vita migliore. Non amo il politicamente corretto quando diventa talebano. Far ridere sulle minoranze, sulle differenze fisiche è facile. Far ridere e al tempo stesso far pensare è più difficile. E poi, attenzione: oggi chi governa dice cose scorrettissime, soprattutto contro le minoranze. Quindi non è vero che “non si può più dire niente”: certe cose si dicono eccome, ma solo da una parte. Gli attori di Comedians sono diventati pilastri della comicità italiana».
Infine, Salvatores riflette sulla possibilità di un Comedians a trazione femminile: «Le rivelo una cosa: stavamo pensando a una serie tv legata alla vita dei comici. Oggi ci sono molte donne bravissime. Ho amato The marvelous Mrs. Maisel. In Italia penso ad Angela Finocchiaro, legatissima a quel mondo di Zelig, a Geppi Cucciari, con cui in realtà abbiamo fatto una chiacchierata, a Virginia Raffaele, bravissima, Paola Cortellesi, capace di dare uno sguardo destabilizzante anche nelle cose comiche, Emanuela Fanelli. E Teresa Mannino, Michela Giraud e tante altre. Sì, potrebbe esserci un Comedians a trazione femminile. Mi piace l’idea che quarant’anni dopo il testimone passi alle donne».
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