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Salute

Cancro della pelle, la scoperta dell’Università dell’Arizona rivoluziona la diagnosi

L’Università dell’Arizona ha ottenuto un finanziamento di quasi 2,7 milioni di dollari dal programma Common Fund Venture del National Institutes of Health per sviluppare una tecnologia ottica non invasiva destinata a rivoluzionare la diagnosi e il trattamento dei tumori della pelle. Il progetto, che si concentra in particolare sui tumori cutanei non melanoma, punta a offrire uno strumento capace di individuare e monitorare le lesioni con maggiore precisione, riducendo la necessità di biopsie o altri interventi invasivi.

A guidare l’iniziativa sono Florian Willomitzer, professore associato di scienze ottiche, e Clara Curiel-Lewandrowski, presidente del Dipartimento di dermatologia e co-direttrice dello Skin Cancer Institute. Il loro è uno dei soli quattro progetti selezionati a livello nazionale dal NIH, nell’ambito di un impegno volto a promuovere le tecnologie di imaging ottico avanzate e non invasive.

La nuova tecnica, denominata “imaging a lunghezza d’onda sintetica” (SWI, Synthetic Wavelength Imaging), si basa sull’uso combinato di due differenti lunghezze d’onda luminose. Attraverso un’elaborazione computazionale, queste generano una lunghezza d’onda virtuale in grado di penetrare più in profondità nei tessuti, mantenendo al contempo un’elevata risoluzione e contrasto dell’immagine. Questo approccio permette di superare i limiti dei sistemi attuali, che faticano a bilanciare profondità e qualità visiva.

Willomitzer ha spiegato che, a differenza delle tecniche di microscopia confocale o tomografia a coerenza ottica, efficaci solo sugli strati superficiali della pelle, la SWI riesce a ottenere immagini chiare anche in profondità, senza sacrificare la precisione. Al contrario, metodi come gli ultrasuoni, pur penetrando meglio, non offrono la risoluzione necessaria per analizzare certi tipi di tumori cutanei.

L’obiettivo finale

Questo equilibrio è fondamentale per affrontare le forme di cancro della pelle non melanoma, come il carcinoma basocellulare e quello squamocellulare. Curiel-Lewandrowski ha sottolineato che le lesioni di questi tumori variano notevolmente in dimensione, profondità e grado di invasione, e richiedono quindi strumenti diagnostici capaci di adattarsi e fornire informazioni dettagliate sia nella fase di diagnosi sia durante il monitoraggio terapeutico.

Il finanziamento del NIH mira non solo a sostenere lo sviluppo della tecnologia SWI, ma anche a favorire l’integrazione di competenze multidisciplinari. Il team dell’Università dell’Arizona include infatti esperti di ottica, ingegneria biomedica, farmacologia e dermatologia, come Jennifer Barton, Sally Dickinson e Muralidhar Madabhushi Balaji. Questa collaborazione rappresenta un esempio concreto di come la convergenza tra discipline possa accelerare l’innovazione in campo medico.

L’obiettivo finale è trasformare questa ricerca in una pratica clinica capace di migliorare concretamente la cura dei pazienti. Secondo Curiel-Lewandrowski, la possibilità di identificare precocemente le lesioni invasive, definire con esattezza i margini tumorali e monitorare in tempo reale la risposta ai trattamenti non invasivi potrebbe aumentare l’efficacia delle terapie e consentire un approccio più personalizzato.

Il team prevede che la tecnologia SWI porterà alla prima dimostrazione clinica di questa tecnica nella valutazione dei tumori cutanei non melanoma. In prospettiva, la modulabilità della lunghezza d’onda sintetica potrebbe estendere l’applicazione di questo metodo anche ad altri ambiti dell’imaging biomedico, come la diagnosi del cancro al seno o lo studio delle strutture cerebrali profonde, aprendo così nuove frontiere nella medicina di precisione.

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