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Renato Zero: “La follia è anche un riscatto. Social? Mezzo che nasconde, così possiamo tornare a ritrovarci”

Renato Zero: “La follia è anche un riscatto”. Il cantante romano si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘La Repubblica’

Renato Zero: “La follia è anche un riscatto. Social? Mezzo che nasconde, così possiamo tornare a ritrovarci”. Il cantante romano si racconta in vista dell’ uscita del nuovo lavoro discografico attraverso un’ intervista rilasciata ai microfoni de ‘La Repubblica’.

Ha voluto presentare “Zero il folle” il 30 settembre, nel giorno del suo 69esimo compleanno: e allora, innanzitutto, tanti auguri.
«Grazie infinite. Un po’ me li merito e un po’ li sopporto egregiamente».

È in qualche modo utile, oggi, la follia?
«La follia è anche un riscatto. È l’ ingrediente che, se utilizzato per scopi creativi e per immaginare il futuro, ha la capacità di contaminare gli altri. La follia di Gesù Cristo è stata bella, sana, passionale, a lui dobbiamo il merito di averci offerto una via di uscita, di non accettare supinamente certe conclusioni. Finché c’ è questa fede vale la pena di rimescolare le carte e di giocare la partita».

“La culla è vuota” tratta il tema del crollo delle nascite.
«Ognuno è responsabile in qualche misura di questo spopolamento. Condanno l’ aborto anticoncezionale, quello che supplisce al profilattico. E un po’ colpevole è il sesso, spesso fine a se stesso: una passione liberatoria che ci preclude il futuro».

C’ è una canzone sui social responsabili dell’ isolamento.
«Affrontare un nemico o un amico guardandolo negli occhi è la forma più funzionale ma anche più esatta per capire se l’ altro è recuperabile, se il rapporto funzionerà, se c’ è bisogno anche di una litigata o di mettere in piazza la propria verità. Sui social è un continuo giocare a nascondino, la gente dà dei falsi indirizzi di se stessa e lancia trabocchetti: le fake news sono la testimonianza di quanto può essere infame l’ utilizzo di questo strumento. Ritornare al citofono sembra retorica ma in effetti credo che sarà la soluzione più utile per recuperare noi stessi».

Altro tema che torna spesso è la musica come strumento salvifico.
«Sul fatto che abbia un potere curativo non ho dubbi, ho visto gente che attraverso la musica ha recuperato voglia di vivere ed equilibrio. Stabilisce un’ intesa magica per cui l’ ascoltatore o il fan diventa uno specchio e la musica un boomerang in grado di offrire il suggerimento di una via di uscita. La sicurezza si raggiunge anche così: io, la mia imbranataggine l’ ho vinta attraverso Luigi Tenco, le parole di Sergio Endrigo, la musicalità di Umberto Bindi».

“Quattro passi nel blu ” sembra dedicata a loro.
«È il mio modo per dir loro grazie. Sono stato un fan anch’ io e ciò ha prodotto in me grande benessere».

Ha registrato a Londra evitando quanto più possibile i suoni digitali.
«Tornare a Londra mi ha riportato al periodo in cui io andavo a fare l’ escursionista e a mettere le orecchie nei locali allora fondamentali, come il Marquee e lo Speakeasy. Avrò avuto 16 o 17 anni. Andavamo con la mia amica italo-francese Edy, che cantava per la Rca: assaporammo la gioia di ascoltare con grande anticipo le novità musicali. Faccio un genere distante ma credo che questi stili abbiano offerto vari spunti nel mio repertorio».

Ha detto che i politici di oggi le piacciono poco.
«Mettono in risalto una mascolinità che a volte espone una muscolatura ingiustificata. In Italia non abbiamo bisogno di muscoli, abbiamo bisogno di pacche sulla spalla e di esempi grandi che ci consentano di mandare i figli a scuola con orgoglio e di timbrare il cartellino sempre con lo stesso entusiasmo».

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