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Amanda Lear: “Mi facevano fumare prima di cantare. Quella notte che ho perso tutto…”

Amanda Lear, la facevano fumare prima di cantare. L’intervista a ‘La Stampa’

Amanda Lear: “Mi facevano fumare prima di cantare. Quella notte che ho perso tutto…”. L’artista si racconta rivelando dettagli inediti sulla sua carriera in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘La Stampa’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

È appena uscito on demand ‘Si muore solo da vivi’, dove c’ è pure lei, Amanda, che storia è?
«Quella di un uomo che, a causa del terremoto in Emilia, ha perso tutto e deve ricominciare da capo. È un musicista, ma da anni non ha più la sua band. La vuole ricostituire e contatta la sua vecchia manager musicale. Sono io, Giusi Ganaglia».

E chi è Giusi?
«Una che se la tira un po’, ma non è antipatica. Abbiamo girato a Correggio, in Emilia. Io tra lì e la Romagna, 40 anni fa, feci le mie prime tournée, quando ero la regina della disco music. Mi chiamò dalla Germania, dove registravo gli album, un manager vero, Luciano Tosetto. Fu un periodo meraviglioso: era la prima volta che mi esibivo in pubblico, dal vivo. Erano piccole discoteche, non era facile, dalla sala mi dicevano di tutto. Ma è stata una bella gavetta».

A proposito di musica, quando uscirà il nuovo album?
«Ci stavo lavorando, ma il lockdown ha bloccato tutto. Sarà il diciottesimo della mia carriera. In realtà non volevo più cantare, ormai mi piace troppo recitare, da una decina d’ anni a teatro in tutta la Francia. Ma ho ancora tanti fans che aspettano da me un album. Ho registrato già tre brani: uno di Ritz Ortolani, era stato completamente dimenticato. Ritornerò negli studi a settembre».

Ancora musica disco?
«Macché, a me non piace, non mi è mai piaciuta. Lo so, ancora oggi la fanno tutti. Ma per me è finita. Preferisco canzoni d’amore, melodiche. Voglio far sognare, piangere, innamorare».

Amanda Lear: “Mi facevano fumare prima di cantare”

La sua voce è ancora quella di Tomorrow, bassa e profonda?
«Quarant’anni fa il mio produttore tedesco mi diceva: canta alla Marlene, devi essere la Dietrich della disco music. Mi spingeva verso una voce artificiale, sempre più bassa, che ha fatto il mio successo. Mi faceva fumare e si registrava alla quattro di notte e lui era contento. Oggi è diverso».

In che senso?
«Sono cambiata facendo teatro. Al mio primo spettacolo a Parigi, il regista si mise nel balcone più alto e, quando parlavo, mi diceva: non si sente. Ho imparato a piazzare la voce più alta e più forte. Poi la voce è un muscolo e io, grazie al teatro, l’ho allenata. Canto meglio oggi di quaranta anni fa».

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«Sì, era la notte tra il 15 e il 16 dicembre 2000. Scoppiò un incendio nella mia casa in Provenza. Morì mio marito, Alain-Philippe Malagnac. E bruciarono i ricordi di una vita, tutto. Io ero a Cologno Monzese, negli studi di Canale 5, a registrare un programma. Corsi lì, ma non c’era niente da fare».

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