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Salute

Galli: “Coprifuoco anticipa lockdown in tutta Italia. Noi infettivologi abbiamo fatto una richiesta”

Massimo Galli sul coprifuoco e le altre misure, l’intervista a ‘Il Messaggero’

Galli: “Coprifuoco anticipa lockdown in tutta Italia. Noi infettivologi abbiamo fatto una richiesta”. L’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano ha parlato della situazione contagi in costante crescita in una lunga intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Messaggero’, dove appoggia le dichiarazioni dell’assessore alla Salute del Lazio, secondo cui il coprifuoco è necessario in tutta la penisola. “Si tratta di una situazione che anticipa la possibilità di un lockdown, mi rendo conto. Però qualcosa bisogna fare”.

Sulla riapertura delle scuole. “Si è voluto in tutti i modi dire che le scuole non c’entrano con l’aumento dei contagi. Però questo non sta in piedi. Le scuole c’entrano. Poi, certo, c’entra anche il fatto che i ragazzi si ritrovano prima e dopo la scuola, sul trasporto pubblico e nella socialità extrascolastica. La coincidenza temporale c’è con tutto quanto. Io sono stato l’unico a dire che andare alle urne, con questa situazione, non fosse una grande idea”.

Sulla possibilità di un lockdown di due settimane. “Non posso escludere che tra quindici giorni possiamo essere a questo. Noi come infettivologi abbiamo chiesto di fare presto, sono sconcertato dal vedere che qualcuno sembra che stia frenando anche in Lombardia”.

Galli: “Coprifuoco? Unica soluzione, tracciamento impossibile”

“Tra quello che succedeva in marzo e quello che succede adesso ci sono differenze, abbiamo i tamponi rapidi antigenici e, a breve, la possibilità di fare i test salivari per il ritrovamento del virus. Stiamo parlando d’altro. Ovvio che se uno è sintomatico il tampone lo deve fare velocemente e prima degli altri. Ma è anche giusto dire, purtroppo, che quando i nuovi infetti sono migliaia non c’è sistema di rilevazione che funzioni sui cosiddetti contatti. Quando i contatti da seguire diventano decine di migliaia è impossibile arrivare ovunque. E non c’è sistema sanitario al mondo in grado di farlo. Forse solo la Cina”.

L’infettivilo conclude dettando quella che a suo avviso è la strada da seguire per uscirne al più presto. “Dobbiamo lavorare a rete, tentare di coinvolgere in questo genere di attività le aziende, gli uffici pubblici, le scuole. Non accontentandoci di una situazione che ha già mostrato la corda con migliaia di persone in fila per i tamponi. Altrimenti, se non riusciamo a organizzarci, si va per forza per scorciatoie. E la scorciatoia più semplice è sempre il lockdwon.

Io però sto paventando questa possibilità, non la sto caldeggiando, voglio essere chiaro. Ma quando non riesci a fare altro, allora chiudi. Per evitarlo, bisogna delimitare i focolai in due modi. Uno: riducendo le occasioni di infezione, limitando così le possibilità di contagio. La parola coprifuoco è molto brutta ma è un provvedimento razionale da questo punto di vista. Secondo modo: dobbiamo ricorrere all’allargamento a rete dell’accertamento, il più precoce possibile delle nuove infezioni”.

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