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Spettacolo

Silvio Orlando: “Mia moglie mi ha ribaltato la vita. Il nostro rapporto assurdo. Ho superato un trauma da poco”

Silvio Orlando: “Mia moglie mi ha ribaltato la vita. Il nostro rapporto assurdo. Ho superato un trauma da poco”. Silvio Orlando sulla moglie e non solo, l’attore napoletano, 66 anni, ripercorre le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

“[…] rivendico il diritto al fallimento! Un’altra idea che abbiamo cancellato dalla testa è quella di poter essere perdenti, quando la presa di coscienza degli insuccessi è il vero motore per migliorarsi come esseri umani. Un tema che mi è caro: non a caso, è lo stesso dello spettacolo che stiamo portando in tournée (Ciarlatani del drammaturgo e regista spagnolo Pablo Remón, ndr). Comunque ho fiducia nella generazione dei diciottenni”.

Non è credibile come testimonial di fallimenti: passa di film in film, di teatri pieni in teatri pieni.
“Uno, per fortuna, si ricorda solamente i momenti positivi, ma ho avuto tanti alti e tanti bassi, tanti piccoli crack. Con i miei personaggi cerco di stare vicino a quelli che non ce l’hanno fatta, o che faticano a farcela, non ai “vincenti”. “Perdente” è una bella parola: indica uno che ha lottato, che almeno ci ha provato”.

Ci racconta un “piccolo crack”?
“Milano, seconda metà anni ’80. Ero arrivato nel 1985 per Comedians di Salvatores, al Teatro dell’Elfo. I protagonisti (Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Catania, Gigio Alberti) hanno rappresentato, subito dopo, la colonna vertebrale del cinema di Gabriele. I protagonisti, tranne me. Il produttore aveva decretato: “Non parlatemi del napoletano!”. Non so perché: Gabriele mi voleva, eravamo amici… Lezione imparata: non si può piacere a tutti”.

Silvio Orlando: “Mia moglie mi ha ribaltato la vita”

Come aveva scoperto la vocazione?
“La recitazione, per la verità, era l’ultima cosa cui aspiravo, per quanto nel ruolo di Pinocchio, alle elementari, avessi lasciato a bocca aperta la maestra, che andò a chiamare la preside… (ride). All’epoca avevo un handicap che mi causava timidezza: non ero un fine dicitore, mettiamola così… Sarei stato la gioia di una logopedista”.

Si mangiava le parole?
“Mangiare? Ero un divoratore di finali, bulimico proprio. E lo sono ancora, mi rendo conto: sul set di The Young Pope di Paolo Sorrentino gli americani si preoccupavano del mio inglese. “State tranquilli: non mi capiscono neppure in Italia!” li rassicuravo. “Però alla fine, per qualche imponderabile motivo, mi stanno a sentire”. Mostrare quel difetto in maniera disarmante ha sempre creato col pubblico un’unione, un filo. Ora la chiamano empatia, vabbe’”.

E l’arrivo sulle scene?
“Suonavo il flauto traverso e il mio pallino era la musica: la amavo moltissimo, pur non essendo ricambiato. Per fortuna non restano tracce sonore di quel periodo! Al liceo ero iscritto alla Figc (la Federazione Giovanile Comunista Italiana, ndr) e mi ero offerto di occuparmi della parte culturale. Non c’era differenza tra dimensione artistica e dimensione politica, l’arte era una modalità alternativa di fare politica, un veicolo per comunicare con mezzi diversi. Avevo creato un gruppo specializzato in musiche popolari (andavano di moda), ci esibivamo alle feste dell’Unità. Ci chiamavamo gli “Alberto Corvalán””.

Silvio Orlando: “Ho lasciato la musica per un motivo”

[…] Perché lasciò la musica?
“Richiede fatica e io non ho un’attitudine alla fatica, adoro il lavoro ma non lo sforzo. Suonavo anche in spettacoli – a metà anni ’70 a Napoli era un’esplosione di teatro sperimentale, ci cadevi dentro inevitabilmente – e quello è stato il veicolo. Al debutto sul palco ho avvertito che mi veniva naturale e il pubblico mi ascoltava: avevo trovato il mio posto”.

Da lì l’esperienza con Salvatores. E poi?
“Il muro alzatomi a Milano mi ha spinto a Roma, e le cose si sono messe in moto nel modo in cui sognavo da ragazzo. Che Moretti mi abbia scelto per Palombella rossa è stato qualcosa di inimmaginabile: a fine anni ’80 era già un mito, con Io sono un autarchico ed Ecce Bombo aveva “storicizzato” la nostra generazione. Erano stati un big bang! Bam!!! E Nanni era la prova che si potesse avere successo perseguendo un cinema anomalo, pieno di forza etica. Il percorso con lui mi ha garantito un baricentro assai saldo”.

Altri incontri fondamentali?
“Quello con mia moglie (l’attrice Maria Laura Rondanini, ndr): mi ha ribaltato la vita. Non so se sia un rapporto sano il nostro, perché è assurdo: in 24 anni siamo stati lontani un mese e mezzo, due al massimo! Uno psicoanalista ne trarrebbe un breve trattato”.

Forse il motivo, in parte, è intuibile: lei non nasconde di essere stato segnato, a nove anni, dalla morte di sua madre.
“A lungo è stato un tabù: ora ho superato il trauma e riesco persino a scherzarci. L’ironia è la possibilità di fermare la realtà quando ti sta per crollare addosso, diceva Romain Gary (autore di La vita davanti a sé, da cui ha tratto il suo applauditissimo monologo, ndr). Un elmetto che indossi per non ferirti troppo. Mamma me la ricordo severa: chissà se avrebbe approvato questo mestiere…” (foto: Silvio Orlando Instagram).

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