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Salute

Coronavirus, vaccino a un passo grazie al barese Gambotto: “In 5 mesi può essere pronto”

Coronavirus, vaccino a un passo grazie al barese Gambotto, il professore dell’Università di Pittsburgh annuncia i passi avanti del suo lavoro

Coronavirus, vaccino a un passo grazie al barese Gambotto: “In 5 mesi può essere pronto”. Un napoletano ha trovato una cura e un barese il vaccino. L’Italia sta facendo la sua parte nella ricerca e nella cura del Covid-19 grazie alle sue eccellenze in campo medico. Prima il dottor Paolo Ascierto con il Tocilizumab, farmaco anti artrite che salvando molti malati dal coronavirus.

E adesso arriva un rivoluzionario vaccino sviluppato da ricercatori della School of Medicine dell’Università di Pittsburgh, centro di eccellenza nella lotta alle malattie emergenti. E tra i ricercatori c’è il barese Andrea Gambotto e Louis Falo di UPMC (University of Pittsburgh Medical Center) che già nel 2012 avevano trovato il vaccino per la Sars.

Si tratta di una piccola puntura – anzi, 400 micropunture erogate da sottilissimi aghetti disposti su un cerotto largo 1,5 centimetri – sul braccio o sulla spalla, e l’immunità al virus SARS-CoV-2 può svilupparsi entro due settimane, per raggiungere entro altre 3-4 settimane un livello di anticorpi sufficiente a contrastare in modo decisivo il virus.

“Con la SARS già nel 2003 avevamo identificato la proteina chiave che dobbiamo usare come target anche per il nuovo SARS-Cov-2: la proteina “spike”, ovvero quella che forma le punte (in realtà più simili a minuscoli ombrelli) di cui è composta la corona del virione e che serve al virus per entrare nelle cellule legandosi ai loro recettori. La proteina “spike” è una specie di chiave che il virus usa per entrare nelle cellule: se blocchi quella chiave, puoi fermare il virus”, spiega Gambotto a Repubblica.

Coronavirus, vaccino a un passo grazie al barese Gambotto

La scelta di questo sistema di somministrazione ha a che fare con il fatto che la pelle è la prima barriera del nostro corpo contro virus e batteri. “E’ come la muraglia di un castello, e proprio per questo è ben presidiata dal sistema immunitario: la pelle è uno dei posti migliori per generare una risposta immunitaria rilevante, superiore a quella che si ha iniettando nel muscolo”, sottolinea Gambotto a Repubblica.

E ancora: “Un altro vantaggio è che se si inietta un vaccino nel muscolo, questo si diluisce in tutto il corpo, quindi per generare una risposta forte serve una maggiore quantità di vaccino. Invece l’iniezione attraverso la pelle tramite microaghi è localizzata: c’è una concentrazione del vaccino molto più elevata, tutte le cellule immunitarie vanno ad attaccare l’invasore e basta una quantità minore di vaccino per dare l’immunità”.

[…] naturalmente dovremo condurre la sperimentazione clinica per assicurarci che quanto abbiamo visto nei topi possa replicarsi anche nell’uomo: entro 1-2 mesi – a seconda della celerità della FDA americana nell’autorizzarci – dovremmo essere in grado di far partire la sperimentazione clinica, che – magari limitata agli studi di fase 1, vista l’emergenza mondiale della pandemia – potrebbe concludersi entro altri 2-3 mesi.

La sperimentazione clinica ci aiuterà a calibrare la dose giusta di vaccino che può essere efficace con l’uomo. Se questa fase si concluderà con successo, il vaccino potrebbe essere pronto per la produzione industriale entro 5 mesi da ora”.

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