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Panatta: “Tognazzi e Villaggio mi fecero perdere quella semifinale. C’è un aldilà? Nel dubbio mi porto la racchetta…”

Panatta su Tognazzi e Villaggio, il retroscena raccontato in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’

Panatta: “Tognazzi e Villaggio mi fecero perdere quella semifinale. C’è un aldilà? Nel dubbio mi porto la racchetta…”. L’ex tennista si racconta rivelando alcuni retroscena legati al passato in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

«Compio 70 anni? Il bilancio facciamolo tra dieci anni, se ci arrivo. I 70 non me li sento addosso. Tocco ferro: sono ipocondriaco da sempre, ma sto bene. Ogni tanto ho un po’ di mal di schiena. L’ha usata parecchio, Panatta, mi ha detto il dottore. Verissimo. Però il tennis, alla fine, è stato gentile con me» […] «È vero: non ho una coppa. Ho perso tutto. Ho fatto tanti di quei traslochi in vita mia…».

Sparita anche la maglietta rossa che a Santiago si dice abbia fatto infuriare Pinochet?
«Tutto! Non sono un feticista, l’idea del salotto-museo mi fa orrore. Non l’ho mai detto a nessuno, conservo un’unica cosa: la pallina del match point contro Vilas a Roma, una Pirelli. Se la fece regalare mio padre Ascenzio, custode del Tc Parioli. Quando è mancato, riordinando casa, l’ho trovata. Poi è sparita di nuovo, misteriosamente. L’ha ripescata di recente mia figlia Rubina in un cassetto. È sbiadita, dura come un sasso. E con il tempo si è rimpicciolita, come i vecchi».

I trofei, il boom del tennis alla fine degli Anni 70, la grande popolarità ancora oggi: di cosa va più fiero, Adriano?
«Penso di essere stato una brava persona, con tutti. Non ho sospesi. Non sono vendicativo, non serbo rancore. Ho avuto parecchie delusioni però poi scordo tutto: nomi, cognomi, motivo dei contrasti… Comunque ho una certezza: ho avuto più amici che nemici».

E che amici. Paolo Villaggio.
«Un uomo di cultura mostruosa e intelligenza straordinaria. Un fratello, un fuoriclasse, un genio assoluto. Paolo sosteneva ci fossimo conosciuti a Cortina, dove a metà pomeriggio faceva aprire i ristoranti per mangiare polenta e capriolo. Ci divertivamo con poco, non parlando mai né di cinema né di tennis. Lo adoravo perché sapeva sempre sorprendermi. Fu lui a presentarmi Fabrizio De Andrè, che scoprii essere timidissimo».

Ugo Tognazzi.
«Irresistibile, quando era in forma. Dopo Roma e Parigi, mi ero messo in testa di vincere Montecarlo. Nell’81 sto giocando bene, sono tirato a puntino: arrivo in semifinale contro il solito Vilas. La vigilia piombano in riviera Paolo e Ugo. Voglio cenare alle otto e andare a letto presto, dico. Come no. Si presentano alle undici, ci sediamo a tavola a un’ora assurda, la serata finisce alle tre del mattino tirando fuori Ugo che vomita da un cespuglio. Il giorno dopo, non vedo palla: Vilas mi massacra».

Quindi è vero: se fosse stato meno viveur e meno pigro avrebbe vinto molto di più.
«Questa è una leggenda da sfatare: io non sono pigro, è che mi hanno dipinto così. Il romano, disincantato, accidioso… Ma de che? Certo non ero Borg, ma non farei mai cambio. Non mi allenavo come Vilas, però nemmeno passavo le giornate a poltrire. La verità è che avevo un gioco molto rischioso, da equilibrista, senza margini, che mi richiedeva di essere sempre al cento per cento. E poi avevo tanti interessi, mica solo il tennis. Certo tornassi indietro, sono sincero, alcune cose non le rifarei».

[…] Panatta e le donne. Ha più sedotto o è stato più sedotto?
«Quando ero giovane venivo più sedotto. Ma non parlo mai di donne: detesto gli uomini che lo fanno, anche se sono semplici apprezzamenti. Lo trovo così di cattivo gusto».

[…] Si aspetta gli auguri di Loredana Bertè, la donna che amò Panatta e sposò Borg?
«Ma no, dai, è passato tanto tempo. Però con Loredana ci siamo voluti bene. È il ‘72 o il ‘73, non ricordo. Stiamo insieme. Ti presento un amico, mi fa. Arriviamo in Cinquecento a Piazza Venezia. Sotto il balcone del Duce ci aspetta uno sciroccato vestito da marziano: stivali, tuta, mantello… È Renato Zero».

[…] Francesco Guccini, fresco 80enne, sostiene che l’uomo è l’unico animale che sa di dover morire.
«Non è vero: anche gli elefanti se ne accorgono».

Crede che nell’aldilà continuerà a giocare a tennis, Panatta?
«C’è un aldilà? Mi farebbe molto piacere crederci. Nel dubbio, però, la racchetta me la porto».

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