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Salute – Parte a Napoli il primo test per il vaccino anticancro 

Fonte: Il Mattino

Un gruppo di ricerca internazionale dell’istituto Pascale di Napoli ha ideato il vaccino anticancro

Si chiama «Hepavac» ed è l’unico vaccino terapeutico alla prova con l’obiettivo di riaccende le difese immunitarie spente dal tumore al fegato. Lo ha ideato un gruppo di ricerca internazionale coordinato da Luigi Buonaguro, dell’istituto Pascale di Napoli, e lo ha finanziato l’Unione europea. A distanza di tre anni, la svolta: le agenzie del farmaco di 5 Paesi hanno appena approvato il protocollo della sperimentazione, in primavera è previsto l’arruolamento dei pazienti per lo studio clinico dopo i dati incoraggianti ottenuti dai test in vitro.

Tutto merito di una intuizione napoletana: quale?
«Sviluppare questo nuovo approccio terapeutico, mettendo assieme partner internazionali perfettamente complementari con l’obiettivo di applicare una tecnologia unica al mondo per identificare molecole antigeniche in una patologia oncologica, come il tumore del fegato, trattata finora con cure poco efficaci».
È questa l’ultima frontiera delle terapie: perché?
«Perché consente realizzare addirittura vaccini personalizzati, specifici per ogni individuo, combinati con i cosiddetti anticheckpoint inhibitors, per rendere più efficace la risposta immunitaria contro la malattia».
A quanto ammonta il finanziamento per «Hepavac»?
«Sei milioni di euro. E, il nostro, nell’ambito del programma FP7, è l’unico gruppo italiano chiamato a guidare uno dei progetti dell’Unione focalizzato sull’immunoterapia dei tumori. Il progetto Hepavac è iniziato nel settembre 2013 e terminerà nel mese di settembre 2018. Se i risultati saranno quelli auspicati, il nostro sarà il primo vaccino al mondo per il tumore del fegato candidato a una ulteriore sperimentazione, su larga scala e di fase tre, per valutarne in maniera definitiva l’efficacia terapeutica. Ma, per andare avanti, sarà necessario trovare ulteriori finanziamenti, pubblici e privati».
Vaccini antiancro per altre patologie sono già utilizzati?
«Nessun al momento è in commercio, tre sono quelli approvati per uso clinico, con efficacia molto limitata, ma tanti altri sono in fase di sperimentazione».
Per chi è indicato il vaccino messo a punto dal team europeo coordinato dall’istituto Pascale?
«Per pazienti affetti da tumore primitivo del fegato, dopo il trattamento chirurgico o loco-regionale».
Quanti ammalati parteciperanno alla sperimentazione clinica?
«In totale, saranno 40 in tutti i centri europei coinvolti».
E a Napoli?
«Quindici pazienti. L’arruolamento inizierà tra marzo e aprile».
Come saranno scelti i pazienti?
«Come per ogni sperimentazione clinica, gli ammalati con tumore del fegato, che verranno all’istituto Pascale per essere curati con le terapie standard, saranno valutati. Se risponderanno ai parametri dello studio, verrà proposto loro di partecipare».
Esattamente, quali altri centri saranno coinvolti nel test?
«In Italia l’ospedale di Negrar di Verona. Poi ci saranno: Tubinga (Germania), Pamplona (Spagna), Anversa (Belgio), Birmingham (Inghilterra), ma anche la Francia ha partecipato alla fase di studio».
Come prevenire, invece, il tumore al fegato?
«Cercando di non infettarsi con i virus dell’epatite. Per il tipo B ormai da trent’anni è disponibile la vaccinazione preventiva universale. Contro il tipo C è invece decisivo fare attenzione allo stile di vita. Ma il tumore al fegato si evita anche limitando l’uso di alcol e curando a tempo debito eventuali patologie metaboliche».
Il Pascale, con il centro oncologico di Aviano, ha appena proposto una dieta antiinfiammatoria con uno studio finanziato dall’Airc.
«Lo studio, coordinato dal collega Diego Serraino, del Cro di Aviano, e a cui partecipa il team del dottore Maurizio Montella, del Pascale, ha valutato l’impatto di una dieta sbilanciata: troppi grassi, zuccheri semplici, carboidrati non integrali e carni rosse aumentano il rischio d’infiammazione e quindi il rischio di cancro epatico».
La malattia ha sintomi specifici?
«Subdoli, a volte non si notano affatto, se non in fase ormai avanzata».
Avuta la diagnosi, come individuare il centro migliore per le cure?
«L’indicazione è quella di affidarsi solo a strutture altamente specializzate, che seguono un numero alto di pazienti. Il Pascale, con il team guidato da Francesco Izzo, ha grande esperienza ed è riferimento regionale. Il Cardarelli anche».
Però, tanti ammalati fuggono dal sud alla ricerca di assistenza.
«Ciò dipende da un problema di natura strettamente organizzativo, perché la professionalità dei medici del sud non è minore di quella dei colleghi del nord. La migrazione è spesso dettata da una gestione non-amichevole dell’utenza. I trattamenti, però, sono standard in tutte le strutture qualificate».
Quali interventi vengono effettuati e con quali risultati?
«Dipende dallo stadio di progressione della patologia. Se il tumore viene individuato precocemente, si asporta gran parte del tessuto, poi si può entrare in lista per il trapianto di fegato, In questi casi il tasso di sopravvivenza è davvero elevato. Negli stadi molto avanzati, si applicano solo con terapie locali. L’unico farmaco oggi autorizzato (Sorafenib) ha un’efficacia molto limitata. Purtroppo, né la chemioterapia né la radioterapia contro questo tumore hanno effetto. Ciò spiega l’importanza della ricerca di altre strategie».

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