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Napoli, si è ripetuto il miracolo di San Gennaro. La storia del Santo patrono e protettore della Città

Napoli, si è ripetuto il miracolo di San Gennaro:

“Lo abbiamo trovato già tutto sciolto appena abbiamo aperto la cassaforte”. Con queste parole il Cardinale Crescenzio Sepe ha annunciato che a Napoli si è ripetuto il prodigio del miracolo di San Gennaro. L’annuncio della liquefazione del sangue è stato accolto alle 10.08 in una cattedrale affollata, da un lungo applauso dei fedeli presenti. Il ripetersi del miracolo è letto come un buon auspicio per la città di Napoli e non solo. Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha avuto un malore durante la cerimonia.

Probabilmente a causa del gran caldo, il presule è apparso bianco in volto; le persone che erano vicine a lui lo hanno invitato a lasciare l’altare, ma Sepe ha declinato l’invito. Attorno a lui, sull’altare maggiore, il segretario del cardinale, don Giuseppe Mazzafaro. Il cardinale Sepe a causa del malore non ha potuto portare l’ampolla all’esterno della Cattedrale come avviene ogni anno in occasione del miracolo.

Il miracolo avviene tre volte l’anno: a settembre, nel giorno appunto di San Gennaro, nel sabato che precede la prima domenica di maggio e a dicembre. Ma la Storia di San Gennaro non si limita alla liquefazione del sangue.

Non tutti sanno che il vero nome di San Gennaro era Ianuario. Il Santo protettore di Napoli discendeva dalla famiglia gentilizia Gens Januaria, sacra al dio bifronte Janus(Giano). Da qui la “trasformazione” in napoletano, Gennaro. Anche se Ianuario non era il suo nome, bensì il cognome. Alcune fonti non ufficiali sostengono che il suo nome fu Procolo, altre Publio Fausto Gennario.

Cosi come per il nome, anche sul periodo e sul luogo in cui nacque Gennaro i pareri sono discordanti. Approssimativamente la sua nascita viene collocata intorno al 272 mentre è più facile pensare a Benevento come luogo che ha dato i natali al Santo, poichè Gennaro fu Vescovo proprio della città sannita.

A raccontarci della vicenda che portò alla consacrazione del Santo sono gli Atti Bolognesi e gli Atti Vaticani. Il fatto sarebbe avvenuto verso la fine del III secolo e l’inizio del IV, durante la persecuzione cristiana. A quei tempi, Gennaro, vescovo di Benevento, insieme al lettore Desiderio ed al diacono Festo, si recarono a Pozzuoli per fare visita ai fedeli. Sessio, diacono di Miseno, venuto a conoscenza della visita andò loro incontro, ma fu intercettato ed arrestato per ordine di Dragonzio, giudice anticristiano. Informati dell’accaduto, Gennaro, Festo e Desiderio sentirono il dovere di far visita all’amico finito in carcere a causa loro. Ma subirono lo stesso destino. Dragonzio, infatti, approfittò dell’occasione per arrestarli e condannarli al supplizio. I tre dovevano essere divorati dalle belve nell’anfiteatro. Tuttavia, il giorno successivo, l’esecuzione non ebbe luogo per assenza del governatore, impegnato altrove o, secondo alcune fonti, defilatosi per evitare disordini vista la simpatia mostrata dal popolo verso i condannati. Secondo la tradizione invece, la condanna fu cambiata per l’avvenimento di un miracolo: le fiere si inginocchiarono al cospetto dei condannati, dopo una benedizione fatta da Gennaro.

Dragonzio comandò allora che Gennaro e i suoi compagni venissero decapitati. L’esecuzione avvenne nei pressi del Forum Vulcani (l’attuale Solfatara di Pozzuoli), nell’anno 305. La stessa sorte toccò anche a Procolo, diacono della chiesa di Pozzuoli, e ai due laici Eutiche e Acuzio che avevano avuto da ridire sulla condanna a morte dei quattro. A sentenza eseguita, alcuni fedeli si incaricarono di seppellire i martiri e di conservare un po’ del loro sangue, rito usuale all’epoca dei fatti. Il sangue di Gennaro fu raccolto e tenuto in custodia dalla sua nutrice, mentre il corpo veniva seppellito prima a Fuorigrotta (all’epoca Agro Marciano) e poi, un secolo dopo, sistemato in quelle che oggi sono le Catacombe di San Gennaro a Capodimonte (nelle foto).

 

Fu proprio in questo periodo, secondo alcuni storici, che si verificò la prima liquefazione. Mentre il vescovo Severo (secondo altri il vescovo Cosimo) trasferiva le spoglie del Santo dall’Agro Marciano a Capodimonte, incontrò durante il tragitto la nutrice Eusebia con le ampolle del sangue santo che, alla presenza della testa, si sciolse. La data ufficiale della prima liquefazione è il 1389. Nel corso delle manifestazioni per la festa dell’Assunta di quell’anno, furono esposte le ampolle contenenti il sangue di San Gennaro. Il 17 agosto 1389 vi fu una grandissima processione per assistere al miracolo: il liquido conservato nell’ampolla si era liquefatto “come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del santo” (dal Chronicon Siculum).

Oggi le due ampolle, fissate all’interno di una piccola teca rotonda realizzata con una larga cornice in argento, sono conservate nella cassaforte dietro l’altare della Cappella del Tesoro di San Gennaro e vengono esposte tre volte l’anno: il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre ed il 16 dicembre, durante una solenne cerimonia religiosa alla quale accorrono i fedeli, e non solo, per assistere al miracolo della liquefazione che è ritenuto di buon auspicio. Al contrario, si ritiene che la mancata liquefazione sia presagio di eventi fortemente negativi e drammatici. La tradizione racconta che in occasione del terremoto che colpì la Campania nel 1980 e in occasione della seconda guerra mondiale, il prodigio non avvenne.

Negli anni sono state fatte molte speculazioni su questo fenomeno. Studiosi e scienziati di tutto il mondo si sono adoperati in ogni ipotesi per dare una valenza scientifica al fatto. Comunque sia, resta il fascino ed il mistero che accompagna tutta la vicenda da secoli. Tradizione a cui i napoletani sono legati in maniera viscerale. All’inizio del 2016 il governo Renzi decretò il passaggio della “gestione” di San Gennaro dal popolo alla Curia. Un decreto che fece insorgere il popolo napoletano, schierato ancora una volta intorno al suo Santo, a migliaia, davanti al Duomo, al grido: “Giù le mani da San Gennaro”. E così, il 23 aprile 2016, un accordo siglato tra la curia ed i rappresentanti delle istituzioni sancì la vittoria dei napoletani: San Gennaro resta alla città di Napoli.

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