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L’ultima cena dei condannati a morte: i pasti ‘particolari’ chiesti per diritto prima dell’esecuzione

L’ultima cena dei condannati a morte: i pasti ‘particolari’ chiesti per diritto prima dell’esecuzione. Diminuiscono le condanne a morte negli Stati Uniti, soprattutto negli ultimi due decenni. Ma le esecuzioni restano ancora legali in 27 Stati e, nella maggior parte di questi, ai condannati viene offerto un ultimo pasto.

In Florida, l’ultima cena deve avere un prezzo massimo di 40 dollari e deve poter essere preparata localmente. Un articolo pubblicato da ‘The Sun’, descrive cosa hanno chiesto di mangiare i detenuti prima di morire.

James Edward Smith, ex prete, condannato per aver ucciso il cassiere di una banca durante una rapina nel 1983, poco prima di andare a morire, nel 1990, chiese un pezzo di terra come pasto finale, il rhaeakunda dirt, spesso associata a rituali vudù. La richiesta fu rifiutata e il condannato si accontentò di una tazza di yogurt.

Victor Feguer, vagabondo originario del Michigan, nel 1960 scelse dalle pagine gialle un medico perché gli insegnasse a produrre droghe, lo rapì e, al suo rifiuto, gli sparò un colpo in testa. Condannato a morte, chiese alle guardie una sola oliva con il nocciolo dentro come ultimo pasto, nella speranza che sulla sua tomba germogliasse un ulivo. Quando la sentenza fu eseguita, le guardie trovarono l’oliva nelle tasche del defunto.

Thomas J. Grasso fu condannato per l’omicidio di due anziani. Come ultimo pasto chiese due dozzine di cozze al vapore, due di vongole, un doppio cheeseburger da Burger King, una mezza dozzina di costine alla brace, due frappè alla fragola, mezza torta di zucca con panna montata, fragole a cubetti e SpaghettiOs. Ricevette solo spaghetti troppo caldi e se ne lamentò.

L’ultima cena dei condannati a morte

Timothy McVeigh, il terrorista americano responsabile dell’attentato di Oklahoma City del 1995, che costò la vita a 168 persone, tra cui 19 bambini, fu giustiziato all’età di 33 anni con un’iniezione letale. Prima di andare a morire gli furono servite due pinte di gelato alla menta con gocce di ciocciolato di Ben & Herry’s.

Philip Ray Workman fu condannato a morte perché nel 1982, scappando dopo una rapina andata male, uccise un agente di polizia. Workman si rifiutò di ordinare un ultimo pasto per sé stesso, e chiese invece che fosse consegnata ad un senza tetto una grande pizza vegetariana. Al rifiuto del carcere, andò a morire digiuno. Ma il giorno della sua esecuzione, migliaia di persone inviarono ai rifugi per senza tetto pizze vegetariane per onorare la sua richiesta.

Lawrence Russell Brewer era un suprematista bianco, che, insieme a due complici, rapì un uomo di colore, lo portò in una remota strada di campagna del Texas, e qui prima lo picchiò duramente, poi gli dipinse la faccia con lo spray, gli urinò e defecò addosso, e infine lo incatenò per le caviglie al pick-up e lo trascinò per tre miglia. Prima di morire chiese di poter mangiare due bistecche di pollo fritte ricoperte di salsa con cipolle affettate, un cheeseburger con tripla carne e bacon.

E una frittata al formaggio con carne macinata, pomodori, cipolle, peperoni e jalapeños, una grande ciotola di okra fritto con ketchup, una libbra di barbecue con mezza pagnotta di pane bianco, tre fajitas, una pizza per gli amanti della carne, tre root-birre, una pinta di gelato alla vaniglia Blue Bell e una fetta di fondente al burro di arachidi con arachidi tritate. Ricevuto il sontuoso pasto, Brewer non toccò nulla: non aveva fame. E il Texas, da allora, vietò le richieste.

Christopher Eugene Brooks violentò e poi uccise con un manubrio una ragazza che aveva conosciuto in un campo estivo. Per il suo ultimo pasto chiese di mangiare tazze di burro d’arachidi e una Dr. Pepper.

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