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Alessandro Haber: “Cacciato da un set per un bacio. Donne? Le ho tradite tutte ma ne avrei voluto solo una per tutta la vita”

Alessandro Haber: “Cacciato da un set per un bacio. Donne? Le ho tradite tutte ma ne avrei voluto solo una per tutta la vita”. Alessandro Haber cacciato da un set per un bacio, è lo stesso attore a raccontarlo così come altri aneddoti della sua lunga carriera  in una intervista a ‘La Repubblica’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Sei stato in psicoanalisi?
«No, mi spaventa la sola idea di raccontare a qualcuno i fatti miei».

Perché?
«Non voglio sapere come sono davvero. Non voglio che un estraneo scavi nella mia infanzia, magari obbligandomi, dopo tutta la fatica che ho impiegato, a rinunciare a quello che sono diventato. No, che senso avrebbe dire: ho sbagliato tutto?».

Hai un’infanzia interessante.
«Trovi? Fare l’attore è sempre stata la sola cosa che mi abbia interessato. Un desiderio basico, selvaggio, senza compromessi possibili».

E i tuoi?
«Mia madre scettica, papà inerte».

[…] Hai avuto più fortuna con il teatro?
«Mi ha reso più libero. Roma, agli inizi della mia carriera, era un pullulare di teatrini off, di cantine umide con quattro tavole per palcoscenico. Ebbi la fortuna di incontrare Giancarlo Nanni, considerato uno dei principi dell’avanguardia.

Compagno nella vita e sul palcoscenico di Manuela Kustermann. Una coppia di grande successo. Se la tiravano. Ai loro spettacoli andava tutto il teatro e il cinema che allora contava. Nanni mi offrì una parte per Il diavolo bianco di John Webster. C’erano grandi aspettative. Ma fu un mezzo fallimento».

Alessandro Haber: “Cacciato da un set per un bacio troppo spinto”

[…] Nel cinema è più facile?
«Anche quello è un luogo di imprevisti e di delusioni. Quando girai una parte nel Conformista di Bertolucci sentivo di aver fatto una cosa importante. Ero felice. Ma prima che il film uscisse incontrai casualmente Bernardo, colsi un’aria di imbarazzo, gli chiesi che avesse. “Ma niente”, mi rispose, “solo che ho dovuto per esigenze di produzione tagliare tutta la scena in cui sei presente”».

E tu?
«Lo insultai, mi arrabbiai, stavo per mettermi a piangere. E lui con l’aria contrita disse: non ti preoccupare, anzi ricordati Haber che ti sono debitore».

Se ne è ricordato?
«Macché, anzi quando una volta lo incrociai e gli dissi: Bernardo ricordati che mi sei debitore, lui mi guardò irritato: ma che cazzo dici Haber!».

A volte sembri un attore da una “botta e via”.
«Ma no, ho fatto sette film con Pupi Avati e cinque con Mario Monicelli. È capitato che con alcuni registi abbia lavorato a un solo film».

Per esempio con Nanni Moretti, come vi siete confrontati?
«Nanni mi cercò per Ecce Bombo, ci vedemmo in trattoria per discutere la parte. E lui esordì dicendomi “Haber ci sono due cose di cui non voglio che si parli qui a tavola, la figa e il calcio”. Me lo disse con la sua voce inconfondibilmente assertiva».

Invece la tua voce, un po’ graffiata, ha aperto un altro capitolo della tua vita.
«Canticchiavo in privato qualche testo di Paoli e Tenco. Mimmo Locasciulli ascoltandomi disse che avevo una voce bella e particolare. Poi durante una cena alla quale c’era De Gregori, Mimmo gli disse: Francesco dovresti sentire Haber quando canta. E lui di controvoglia mi ascoltò. Restò sorpreso.

Disse che gli piaceva il mio modo di cantare. E allora, gli chiesi, perché non scrivi una canzone per me? Qualche tempo dopo compose La valigia dell’attore. Fui stupito e grato della sua generosità. Non è solo una canzone, è un concentrato di immagini, di dettagli che ne rivelano la grandezza poetica, anche se so che non ama che lo definiscano poeta».

Alessandro Haber: “Cacciato da un set per un bacio”

[…] Pensi mai alla morte?
«Non mi va di dire le solite cazzate, tipo l’attore che mormorando l’ultima battuta cade stecchito sul palcoscenico. No. Il mio desiderio sarebbe di morire non proprio in estate, magari in autunno inoltrato quando ci sono tutti e di poter ascoltare un amico che pronunci un bellissimo discorso funebre mentre sono vivo.

E io nascosto che mi commuovo e piango insieme a tutti gli altri: nessuno era come lui, più grande di Lawrence Olivier, meglio di Orson Welles. La verità è che sarebbe un peccato lasciare questa vita. Certe volte mi chiedo: ma quanti mondiali di calcio potrò ancora vedere?».

O, magari, quante donne potrai ancora frequentare.
«Sono state tante e le ho amate tutte. Ho avuto incomprensioni e incidenti».

A proposito di incidenti ci fu quello che ti coinvolse durante le prove di “Otello” al Teatro Romano di Verona.
«Fui cacciato per un bacio che mi scappò troppo spinto. Mi beccai un ceffone, contraccambiai. La situazione mi sfuggì letteralmente di mano. Chiesi scusa, scrissi scusandomi di nuovo. Niente. Mi sentii disperato per un gesto che andava al di là delle mie intenzioni.

Sono stato un donnaiolo, termine che oggi verrebbe crocifisso. Ma la verità è che ho spesso desiderato avere una sola donna per tutta la vita, invecchiare insieme. Un po’ come mio padre e mia madre. E invece è andata in modo diverso. Avrei voluto essere monogamo ma le ho tradite tutte».

La vita, a modo tuo, ti è piaciuta. Continua a piacerti?
«Enormemente. Anche perché sono convinto di aver regalato qualcosa agli altri e in cambio ho ricevuto la loro attenzione. Non è poco, per un mestiere che è fatto di aria e di vento».

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