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Spettacolo

Amadeus: “Terzo Sanremo? Una parola ha portato male. Dai primi due ho imparato una lezione”

Amadeus: “Terzo Sanremo? Una parola ha portato male. Dai primi due ho imparato una lezione”. Amadeus e il suo terzo Sanremo, il conduttore siciliano parla della sua ennesima esperienza al timone della kermesse musicale in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Il suo terzo Festival in una parola?
«Non voglio usare la parola “rinascita” perché l’anno scorso non ha portato bene, allora direi che questo è il Festival della “gioia”, dove per gioia intendo serenità, un po’ di spensieratezza, il pubblico in sala».

Ben controllato?
«Certo! Il teatro è pieno al 100%, si entra con Super green pass e si tiene sempre la mascherina Ffp2».

Torniamo alla gioia.
«La gioia per noi è regalare cinque serate di bella musica, di grandi ospiti, di risate. Il palco dell’Ariston torna a popolarsi di persone, come è giusto che sia. E c’è un altro aspetto che non è stato sottolineato a sufficienza».

Quale?
«La gioia delle persone a casa che potranno tornare a vedere Sanremo in gruppo. Storicamente Sanremo ha sempre avuto dei gruppi di ascolto. Il primo anno che l’ho fatto c’era chi mi diceva: “Stasera invito a cena i miei figli, i miei nipoti, i miei amici e ci guardiamo il Festival tutti insieme”. Questa cosa non è stata possibile lo scorso anno. Ma il Festival è un po’ come una finale dei Mondiali di calcio: va condiviso. Non si può vedere da soli! E quest’anno sarà per fortuna possibile, siamo quasi vicini alla normalità».

Ci racconta come ha scelto le cinque signore che, serata dopo serata, la accompagnano sul palco?
«Sono tutte attrici. Volevo rendere omaggio al mondo del cinema, del teatro e delle fiction televisive. Volevo che il palco dell’Ariston accendesse la luce su un settore che, come la musica, ha avuto due anni di grandissima difficoltà. Set chiusi, bloccati per settimane, tamponi anche quotidiani a troupe, cast… Insomma, oggi ci gustiamo film, serie e spettacoli a teatro ma non è stato per niente facile neanche per loro».

Amadeus: “Terzo Sanremo? Una parola ha portato male l’hanno scorso”

[…] L’esperienza dei primi due Festival cosa le ha insegnato?
«Che non bisogna mollare, bisogna sempre trovare qualcosa di nuovo».

E in particolare?
«Sono stati Festival molto diversi tra loro e anche da questo punto di vista mi sento fortunato. Quando fai tre edizioni nella “normalità”, bene o male possono sembrare simili».

Di certo i suoi “normali” non si può proprio dire che lo siano stati…
«II primo era quello dei 70 anni di Sanremo. C’era la voglia di festeggiare, di stare tutti insieme, ricordo una città di Sanremo strapiena. Avevamo inventato il palco esterno fuori dal teatro e c’era gente ovunque, davanti e dietro al palco. È un ricordo bellissimo di una normalità che mi auguro si possa ritrovare presto».

Il suo secondo Festival passerà alla storia.
«È vero che verrà ricordato come il Festival della pandemia, delle poltrone vuote, ma è anche quello dei Måneskin e della rivoluzione musicale. La mia idea era: in un Festival di chiusura voglio aprire le porte ancora di più alla musica attuale, quella che i giovani seguono ascoltano, scaricano. E questo mi ha permesso di avere il cast di quest’anno».

Cosa intende?
«La fiducia da parte della discografia e dei cantanti ha fatto sì che abbiano accettato il mio invito Morandi, Ranieri, Elisa, Emma, Moro, Achille Lauro, per dirne solo alcuni. C’è la signora Iva Zanicchi, che è la donna che ha vinto più Festival di Sanremo, e c’è Sangiovanni che ha 19 anni… Questo è Sanremo secondo me, aperto a tutti i generi musicali, perché io parto sempre dalla musica e mai dal nome in gara».

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