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Pino Insegno: “Io Commendatore della Repubblica ma non mi vanto di ciò che ho fatto”

Pino Insegno: “Io Commendatore della Repubblica ma non mi vanto di ciò che ho fatto”. Pino Insegno Commendatore della Repubblica ma non vuole che si sappia, l’attore e doppiatore romano parla a cuore aperto in una intervista a ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Che meriti speciali ha avuto per diventare Commendatore della Repubblica?
“Preferisco che non si sappia”

Non lo scriviamo?
“Si può anche scrivere, poi se qualcuno vuole indagare lo può fare. Sono cose cose grandi, importanti. Detesto chi si vanta ‘One shot and go’ di cose che io porto avanti da trent’ anni. Lo sa soltanto la gente per cui ho combattuto e combatto ancora”.

Lei che è uno dei più grandi doppiatori italiani ha avuto no anche in quell’ambito?
“Un paio di direttrici del doppiaggio mi avevano proprio detto: ‘Tu non farai mai questo mestiere’. Così ho iniziato dal porno, che era un modo per entrare in quell’ambiente chiuso. All’epoca per i doppiatori c’era solo il cinema, ed era appannaggio dei grandi nomi”.

Pino Insegno: “Io Commendatore della Repubblica ma non vi vanto”

[…] Quando scrive che ha doppiato John Holmes (uno dei più iconici attori porno al mondo ndr) o che è “un portatore sano di colite”, riesce a far ridere moltissimo, ma in realtà c’è anche un’altra parte di lei molto ben descritta, in cui mostra la sua precisione, forse la sua pignoleria. Come riesce a convivere con entrambe?
“Bene, un po’ come Gollum e Smeagol del Signore degli Anelli. Ci sono sempre queste parti contrapposte in ognuno di noi. Dipende solo dall’uso che ne facciamo. Bisogna saper gestire il bene, averlo vicino, ma conoscere anche il male e controllarlo. Io ci convivo in questo modo. Ad esempio cerco di non arrabiarmi. A volte è impossibile soprattutto quando vedo le persone che non meritano, che prendono le scorciatoie. Però devo stare attento, perché la rabbia ti fa implodere. Per questo cerco di trasformarla in un leprotto”.

In che senso?
“Come i leprotti che vengono messi davanti ai cani da caccia per dargli l’andatura. Creo questa sorta di sfida dicendo: ‘Ti supererò’. Me lo pongo come obiettivo. Ne parlavo con Mogol qualche giorno fa. Se Lucio Battisti fosse nato oggi e fosse andato ad un talent lo avrebbero cacciato. Stessa cosa per il primo Vasco Rossi. Questo con loro non è successo perché prima si investiva sulle persone. Dico sempre ai ragazzi di dare nella vita anche le cosiddette ‘capocciate’ perché il rischio di vincere un talent è una scorciatoia che ti fa conoscere solo la vittoria e quando poi arriva la sconfitta è bruttissimo, però in questo la nostra attuale società non dà la possibilità a questi giovani di evolvere. Bisognerebbe aprire delle scuole di formazione importanti, per fare in modo che i grandi possano aiutare i piccoli a crescere”.

Pino Insegno: “Influencer? Mi fanno ridere. Gesù aveva 12 follower”

Ha chiamato il suo libro “La vita non è un film”, vorrei capire se lo dice con malinconia, o per dire: “Meno male che non lo è”?
“Direi entrambe. C’è malinconia perché non è facile affrontare quotidianamente la vita. Ho avuto la fortuna di veder nascere le radio, la televisione, ma adesso la crescita è vertiginosa e si dà a chiunque la possibilità di decidere per gli altri. Gli influencer mi fanno sorridere. Dico sempre: ‘C’era uno che si chiamava Gesù e aveva solo 12 follower, di cui uno ha anche abbandonato il gruppo alla fine. Guarda quello che ha fatto’. Con tutto il rispetto per quelli che hanno 2, 3 milioni di follower, ma alla fine vendi un paio di magliette. Se fai uno spettacolo a teatro chi viene a vederti?”.

Crede che ci sia poca professionalità?
“Penso che più la gente è brava, meglio è per tutti. Più gli attori sono bravi, più si va al cinema o a teatro. Io non sono invidioso di quelli bravi, ma degli incapaci che rovinano il mestiere. Basta guardare le fiction che si fanno ora. Nel 60% dei casi neanche le parole si capiscono. Ed è un peccato. Noi italiani abbiamo insegnato al mondo a fare cinema, teatro e musica e ora i Coreani da noi fanno da padroni, perché sono bravi e ti accorgi che hanno costruito qualcosa che funziona. Ma mi chiedo, noi italiani non siamo capaci di farlo? Noi che abbiamo costruito le scenografie per Cleopatra, Ben Hour. Sono molto nazionalista e mi dispiace che ci siamo dimenticati tutto questo”.

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