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Totò Cascio: “Malattia? Ero all’apice poi è successa una cosa. Quel servizio in Tv mi ha fatto male”

Totò Cascio: “Malattia? Ero all’apice poi è successa una cosa. Quel servizio in Tv mi ha fatto male”. Totò Cascio e la malattia, l’attore siciliano protagonista di Nuovo Cinema Paradiso racconta il suo calvario durato anni in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Che cosa riesce a vedere oggi?
«Le luci. Percepisco se in una stanza ci sono le finestre aperte, ma oggi sono abbastanza autonomo. Dopo anni di lavoro su me stesso ho imparato che il vittimismo serve a poco. Nei prossimi giorni, per esempio, dovrò andare in Toscana per presentare il mio libro, La gloria e la prova, e ci andrò da solo. Certo, mi verranno a prendere, ma io oggi vivo in quasi autonomia tra Bologna e la Sicilia e non escludo, un domani, di trasferirmi».

Lei aveva appena undici anni quando arrivò la diagnosi: retinite pigmentosa, appunto.
«Sì e dopo il successo internazionale di Nuovo Cinema Paradiso fioccavano le offerte. Io ero un bambino, non mi rendevo conto di tutto quello che stava succedendo. La premiazione agli Oscar, l’incontro con Sylvester Stallone, le battute con Celentano, i palleggi con Baggio e Vialli, i viaggi in Usa e in Giappone perché mi volevano negli spot pubblicitari. Ho conosciuto Gregory Peck e Glenn Ford, ho lavorato con Ennio Morricone, la famiglia Agnelli mi volle tra i testimonial del lancio della Fiat Cinquecento, nel 1991. Sentivo che tante cose avvenivano intorno a me ma non capivo bene e nei film più impegnativi mi annoiavo, come tutti i bambini».

Totò Cascio: “Malattia? Ero all’apice poi la scoperta”

E poi?
«E poi qualcuno intorno a me cominciò ad accorgersi che qualcosa nei miei occhi non funzionava. Anzi, fu Blasco Giurato, direttore della fotografia di Tornatore, a suggerire a mio padre di approfondire la cosa. La diagnosi, formulata in un importante centro di cura in Svizzera, non lasciava scampo: retinite pigmentosa, una grave malattia agli occhi che porta alla perdita progressiva della vista».

Lei però era molto giovane, ci vedeva ancora. Come reagì?
«Ignorando il problema, nascondendomi, cosa che ho fatto fino a quando non mi sono deciso a chiedere aiuto e a curarmi. Andavo a fare i provini e ovviamente ci si accorgeva che qualcosa non andava. Ma io immaginavo la cecità come il buio perfetto e fino a quando ho visto un poco di luce mi sono rifiutato di accettarla. È stato questo il mio errore: nascondermi. Se invece avessi chiesto subito aiuto non avrei vissuto fino a quasi 40 anni nell’isolamento più totale».

Che cosa la tratteneva?
«L’orgoglio, la paura di non piacere più, la paura che tutti cercassero ancora in me quel bambino senza mai trovarlo, la paura di non piacere alle donne, il terrore di deludere quelli che avevano scommesso sul bambino prodigio che ero stato, il timore di interrompere una carriera che mi aveva portato successo e anche un po’ di soldi, la diffidenza nei confronti degli altri. Oggi so che la vita è fatta anche di questi abissi. L’importante è accettarli, lavorarci, trovare un equilibrio».

Totò Cascio: “Malattia? Oggi sono abbastanza autonomo”

Qual è la cosa che l’ha fatta più soffrire?
«Una volta una troupe televisiva venne a filmarmi senza avvisare nel supermercato di mio padre, dove mi ero messo a lavorare. Volevano fare uno scoop. Certo, non sapevano della mia malattia, ma volevano puntare sul tema, trito, del “che fine ha fatto”. Fu un grandissimo dolore».

[…] Come è riuscito ad accettare la malattia e, dunque, anche il suo percorso di vita?
«Iniziando la psicoterapia, lavorando a contatto con altre persone che hanno la mia stessa forma di invalidità. Devo moltissimo all’istituto “Francesco Cavazza” di Bologna, dove si lavora per l’integrazione dei portatori di disabilità nel tessuto sociale. Adesso sono pronto per ricominciare. Vorrei portare La gloria e la prova, il libro che ho scritto per Baldini + Castoldi in teatro. Vorrei andare in giro a parlare a chi soffre del mio stesso disturbo. Vorrei, perché no, tornare a recitare. Vediamo».

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