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Spettacolo

Salemme: “De Filippo come un nonno ma aveva una convinzione sbagliata su di me”

Salemme: “De Filippo come un nonno ma aveva una convinzione sbagliata su di me”. Vincenzo Salemme su De Filippo e non solo, l’attore comico napoletano racconta, tra le altre cose, la sua esperienza con il grande Eduardo in una intervista a ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] «Quando mi incontrano in città, mi ringraziano di essere rimasto sotto il Vesuvio».

Primo simbolo.
«Tutto sommato il più scontato, come quelli geografici in generale».

E tra i più buffi
«Un’equazione. Se sei napoletano, sei anche un po’ imbroglione. Più che altro per le conseguenze comiche di questo concetto. Qualche tempo fa mi hanno rubato il telefonino. E non ero in città. Quando l’ho detto ai miei amici mi sono sentito rispondere: Ma come, ti sei fatto fregare. Che razza di napoletano sei. Come se fosse un deterrente per i ladri».

Prigionieri dei pregiudizi.
«A Milano, se dici di aver mangiato un buon risotto a Palermo, nessuno si offende. Da noi, guai a dire che hai trovato una pizza buona a Roma. Ti rispondono: Ma fammi il piacere, la pizza è buona solo a Napoli. Non lo accettano, sembra un tradimento».

È campanilismo.
«Fino a un certo punto. Effettivamente, un napoletano che fa la pizza a Milano lo trovi ma nessuno ha aperto una risotteria a Napoli. Eppure io, napoletano, amo il risotto. E stasera, con il brodo del bollito, me lo cucino alla milanese. Alla faccia della geografia, anche se nel mio caso conta».

In che senso?
«Quando mi presentano in tv, a festival o rassegne, parte sempre la dicitura per esteso L’attore comico napoletano Vincenzo Salemme. Non accade per nessun’altra regionalità. Come se fosse garanzia di risate assicurate».

Salemme: “De Filippo come un nonno”

Colpa di quell’estrosità geniale e divertente spesso attribuita ai suoi concittadini.
«La verità è che un napoletano non può essere normale. Deve risultare simpatico, avere la battuta pronta. Un po’ buffone, insomma. D’altronde fu proprio Eduardo a definire la nostra città un palcoscenico a cielo aperto. E, oggettivamente, lo è».

Eduardo, un padre artistico.
«Con me aveva la dolcezza di un nonno. Quando sono entrato nella sua compagnia non avevo ancora vent’anni. Ero mingherlino. Magrissimo. Lui ne aveva 77 ed era un mito. Ma si era convinto che soffrissi la fame. Insomma che non mangiassi. Al primo passaggio in televisione mi fece dire qualche battuta, così dovettero darmi una paga da attore. E avrei avuto un pasto decente, secondo lui».

Invece
«Non ero così povero, fortunatamente. Anche se a casa puntarono tutto sui miei fratelli. Mia madre disse: Vincenzo è un randagio, se la caverà. Ha avuto ragione. A Eduardo credo di essere piaciuto, era affettuoso e aveva molta fiducia».

E lei, giovane di belle speranze davanti a un genio
«Nutrivo una riverenza assoluta ma dolce. Gli ho voluto bene come se fosse stato il mio, di nonno».

Eppure si diceva che fosse cattivo.
«Era severo, questo sì. Pretendeva impegno. Ma era un uomo solo. La sua era la solitudine dei grandi. Isabella Quarantotti, sposata quell’anno, e Luca, anch’egli attore, gli volevano bene. Tuttavia Eduardo è uno di quelli destinati a restare soli perché è difficile stargli vicino senza essere condizionati dalla loro grandezza».

Salemme: “De Filippo? Era convinto che soffrissi la fame”

Sono personaggi inarrivabili però il talento non dovrebbe intralciare i rapporti.
«Conviveva con il dolore. E la voce che si spezzava continuamente sottolineava la sofferenza. Si portava dentro tutte le interruzioni della vita. Il suo trauma più grande fu la morte della figlia Luisella a dodici anni. Non la superò mai».

[…] Che cosa le fa paura oggi?
«Ho il terrore di essere dimenticato. Prima che il virus bloccasse tutto, alla fine di ogni spettacolo, salutavo dicendo Noi artisti, senza voi pubblico, non esistiamo».

[…] Eredità del Covid.
«Ho avuto la fortuna di non perdere nessuno ma mi è rimasta la sensazione di scomparire. Il timore che, al di là dell’affetto, possa non rimanere nulla».

[…] Quanto è difficile scrivere una battuta che faccia ridere?
«Bisogna metterci sentimento. Scavare nell’anima. E niente ci riesce come il teatro. Detto questo, certe volte non ci si aspetta la risata che poi arriva mentre in altri casi si è convinti di far esplodere l’entusiasmo e invece non succede nulla».

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