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Spettacolo

Angela Finocchiaro si racconta: “Zelig un’angoscia totale. Io simpatica? L’ho scoperto in un momento preciso”

Angela Finocchiaro si racconta: “Zelig un’angoscia totale. Io simpatica? L’ho scoperto in un momento preciso”. Angela Finocchiaro si racconta, l’attrice milanese, 66 anni, ripercorre le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Torniamo agli inizi…
«Nel mio peregrinare sono finita nella scuola di mimo di Grock. Non era quello che pensavo di voler fare: stavo solo cercando qualcosa che mi suscitasse dell’interesse. Penso che a farmi fermare sia stato l’aver trovato un gruppo di persone con cui stavo bene… dopo un po’ i miei insegnanti mi hanno chiesto di fare una piccolissima parte e ricordo di aver pensato poco prima di entrare in scena: adesso me ne vado».

Agitata?
«Era più panico. Mi ripetevo: ma chi me lo ha fatto fare. Invece sono rimasta. Non immaginavo di costruire una carriera, andavo avanti passo dopo passo per qualche cosa che mi muoveva intimamente. E contemporaneamente iniziavo la facoltà di Medicina».

Si immaginava medico?
«Ma no, è una scelta che non è durata niente, infatti sono passata subito a Psicologia. Ma, anche lì, ho capito presto che il teatro mi piaceva di più. Ero entrata a far parte del Teatro del Sole: si facevano spettacoli nelle scuole tutti i giorni e tutti facevano tutto, compreso montare le luci o guidare il pulmino. Ci ho lavorato quattro anni ed è stata una grande formazione. Ma non ero ancora nell’ottica di dire: è il mio lavoro. Lo è diventato semplicemente perché lo facevo sempre, organizzando laboratori, training, facendo improvvisazione. Era verso la fine degli anni Settanta e a Milano c’era un movimento importantissimo che favoriva la nascita di gruppi di questo genere. Avevi la sensazione di poter comunicare quello che volevi».

Angela Finocchiaro si racconta: “Io simpatica? L’ho scoperto in un momento preciso”

Quindi, in quegli anni, ha finalmente trovato la sua dimensione?
«In realtà no: uscita dal Teatro del Sole con altri due attori abbiamo fondato un nostro gruppo, da cui pure poi me ne sono andata. Mi sentivo sempre un cane sciolto e alla fine i gruppi mi stavano stretti, pur essendo le mie radici. Avevo bisogno del mio spazio di libertà: costruivo io i progetti in cui volevo lavorare senza dover aspettare una telefonata».

I suoi genitori come avevano vissuto la scelta di lasciare Medicina per il palcoscenico?
«Intorno ai miei 18 anni loro si stavano separando e io ho approfittato di quella situazione per entrare in un varco altrimenti difficilissimo. C’era il luogo comune che fosse un salto nel buio lavorare nello spettacolo, senza contare che bisognava laurearsi… ma entrare anche timidamente nel teatro mi ha dato la possibilità di prendere un’accelerazione che da sola non avrei avuto. Così sono riuscita a tirarmi fuori dal bozzolo e a liberarmi anche da una certa educazione che arrivava da mia mamma, fortemente legata alla fatica, al rispetto del suo uomo…».

Si considera una femminista?
«Sono una donna e in quanto tale mi sembrerebbe stranissimo non pensare di esserlo. Se sei una donna come minimo sei femminista».

Invece non sono poche le donne che cedono a retaggi maschilisti, non crede?
«Sì, vero. Forse ho incontrato nel mio percorso persone piuttosto illuminate in questo senso, ma siamo ancora al palo con la storia del salario: io sicuramente sono pagata meno dei maschi con cui condivido lo stesso ruolo. Succede soprattutto succede nel cinema».

[…] Maurizio Nichetti è un suo grande amico?
«Da sempre. Lui è una figura importantissima: era uno degli insegnanti della scuola di Grock ed è stato il primo a farmi capire che avevo dei tempi comici. Me lo ha proprio detto lui, portandomi poi nel suo primo film, Ratataplan, che fu un successo stellare. Siamo rimasti molto legati. Poi abbiamo fatto insieme la serie Mammamia! dove i miei figli erano proprio i miei figli…».

Angela Finocchiaro si racconta: “Zelig un’angoscia totale”

[…] Cosa fanno oggi i suoi figli? Loro non lavorano nello spettacolo?Occhiata di divertita disperazione.
«Una ha scelto scenografia e l’altro regia, ma non ho fatto niente per indirizzarli… penso che oggi sia un ambiente ancora più difficile ma allo stesso tempo mi sembra di essere come i miei genitori: non sei nato nella complessità di adesso e ti annichilisce. Quindi sto zitta: sono appassionati, facciano la loro strada con fiducia e io mi tengo la mia gocciolina di sudore e non la mostro»

[…] Come ricorda gli anni a «Zelig»?
«Per me è stata un’angoscia totale. Mi sono divertita nell’attimo in cui riuscivo a farlo, ma ci sono delle regole micidiali — ride —. Cioè, ogni un-due-tre deve esserci il boato della risata. Io non ho quell’indole, quindi questa cosa mi metteva sempre un’ansia bestiale. In teatro arrivi alla risata con tempi diversi e, soprattutto, non sai mai se davvero qualcosa farà ridere: mi piace scoprirlo con il pubblico. Invece lì ci sono Gino e Michele, che sono miei amici del cuore e che mi hanno dato quell’opportunità, ma che sono anche di una perfidia… sono delle macchine da guerra. Diciamo che ci ho provato a fare il cabaret ma non sono sopravvissuta. Credo che anche loro avranno pensato: poverina, la facciamo venire ma non è proprio il suo…».

È stata una delle colonne della «Tv delle ragazze». Dramma anche lì?
«Ecco, lì era diverso, ti costruivi gli sketch… ci doveva essere una chiusa comica ma non era come essere in una sorta di colosseo, inteso come anfiteatro, in cui devi andare e se poi non viene giù è un problema».

Prima che arrivasse lo spettacolo sapeva di essere simpatica?
«Non particolarmente. Ero timidissima, alle feste facevo tappezzeria. Avevo i capelli che sembrava avessero preso la scossa, magra magra, il naso lungo. Questo lavoro è stata una terapia».

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