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Enzo Braschi: “Paninaro? Stavano per spaccarmi la faccia. Italia diversa a quei tempi per un aspetto”

Enzo Braschi: “Paninaro? Stavano per spaccarmi la faccia. Italia diversa a quei tempi per un aspetto”. Enzo Braschi sul paninaro e non solo, il comico genoano parla del personaggio di Drive In che lo rese celebre a metà degli anni ottanta, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Le tre di notte.
«Squilla il telefono. Antonio Ricci. “Che fai, dormi?”. “No, alleno i pettorali”. “Domani vai a Milano, mettiti fuori da una paninoteca e osserva. Ci facciamo il tuo nuovo personaggio”. “Non ho una lira per il biglietto”. “Ti mando un vaglia?”. “No, mi arrangio”».

Rimediò i soldi?
«Me li prestò mia madre. Partii da Genova e mi appostai davanti al bar “Al Panino” di piazza Liberty. Gli adolescenti erano “lampadati”, giocavano a flipper, mangiavano hamburger, portavano piumini enormi, jeans e scarponcini bombati che parevano scarpe ortopediche. “Perfetto”, sentenziò Ricci. “Sei sfigato come loro, ti verrà bene”».

Il suo primo personaggio, suonatore di clarinetto, non era andato bene.
«Non piaceva a Berlusconi, che però fu buono. “Capisco che il signor Braschi deve pur campare, aiutiamolo, ma quella roba lì non fa ridere”. “Mi piace, lo teniamo”, gli rispose Ricci. E a me: “Travestiti, così non ti riconosce”. Facevo le parodie delle pubblicità. Non sfondavo, ero abbacchiato e squattrinato».

Enzo Braschi: “Paninaro? Stavano per spaccarmi la faccia”

Prima di Ricci aveva conosciuto Beppe Grillo.
«Quando la Ansaldo mi mise in cassa integrazione — grazie al cielo — mi buttai sul cabaret. Con Beppe abbiamo fatto la gavetta insieme, locali e tv private. Quattromila lire a sera, ci pagavo pizza, birra e sigarette. Al Club Instabile di Genova io aprivo e lui chiudeva. Era fenomenale, parlava a raffica e strabuzzava gli occhi, la gente si sdraiava dalle risate. Una sera mi confidò: “Non ho preparato niente”. “Leggigli il menù della pizzeria”. E così fece, trasformandolo in una gag irresistibile».

La presentò a Ricci a caccia di talenti per Drive In.
«All’inizio volevo soltanto scrivere testi, gli autori durano di più. Ma dopo il provino Antonio mi disse: “Fai ridere, ti prendo come attore”. “E se non volessi farlo?”. “Allora te ne torni in Cig”. “Okay, quando comincio?”».

I paninari si offesero.
«Quelli scaltri capivano che li rendevo simpatici, altri no. Una sera mi si circondò un gruppo di brutti ceffi. Il capo avrà avuto vent’anni, alto e grosso. “Ora ti spacchiamo la faccia”. Risposi: “Io faccio ridere, però porto avanti il movimento”. “Sai che hai ragione? Vuoi che ti rubiamo un paio di scarpe?”. Ai tempi si usava prendere di mira un malcapitato, bloccarlo e sfilargli dai piedi le Timberland. “No dai, lascia stare che gli saranno costate 200 mila lire”».

Begli anni quelli, però.
«Anni più felici, di un’Italia diversa. Si andava in discoteca per ballare, non per sballarsi. Il paninaro in fondo era un bravo figlio».

Enzo Braschi: “Italia diversa a quei tempi”

[…] Per una decina d’anni restò a Striscia la Notizia.
«Un giorno proposi a Ricci di fare uno sketch vestito da donna. Indossai un tailleur Chanel, una parrucca bionda con i boccoli, tagliai i baffi, misi unghie e ciglia finte e bussai al suo camerino. “Mamma mia quanto sei brutta! Però funzioni, si fa”».

Ora se ne sta alle Canarie.
«Scrivo, leggo, passeggio, guardo il mare, venerdì e sabato canto blues in un locale»

Ultima apparizione in tv?
«Nel 2014 a Striscia per presentare l’autobiografia “Mi chiamo Bisonte che corre”.

[…] Per poco non ci rimise le penne con un bisonte.
«Ero andato in pellegrinaggio su una montagna sacra nel Sud Dakota, dove erano stati anche Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo, quattro giorni di digiuno e meditazione. Scendendo vidi una mandria di bisonti al pascolo. Per fotografarli mi avvicinai troppo. Il bisonte è miope ma ha un olfatto finissimo. Girò il vento e si accorsero di me. Uno mi caricò a testa bassa. Restai immobile, convinto di morire. Si fermò a tre metri da me, schizzò erba e terra con gli zoccoli e poi tornò indietro».

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