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Alessandro Borghese: “Ristorazione viziata da due aspetti. I miei dipendenti sono felici ma c’è un problema manodopera”

Alessandro Borghese: “Ristorazione viziata da due aspetti. I miei dipendenti sono felici ma c’è un problema manodopera’. Alessandro Borghese sulla ristorazione e non solo, lo chef e volto tv, 48 anni, parla a tutto tondo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Delle recensioni-vendetta, però, parla eccome.
«Sono un’arma. Oggi più di prima c’è chi le usa in modo vendicativo o feroce».

Esperienze dirette?
«Certo. Io metto cuoricini anche ai peggiori hater perché, a quasi 50 anni, penso di conoscere il mio valore e dove sono arrivato. Mi preoccupa di più un cliente non soddisfatto in sala».

A proposito di sala. È vero che a Milano raddoppia?
«Con un nuovo bistrot. Un mesetto e ci siamo».

[…] Un confronto tra Roma e Milano.
«Roma è easy, anche negli appuntamenti lavorativi. Inizi con uno, poi ti vedi per il caffè, poi se ne parla: è più lenta e bohémienne. Milano è rapida, pragmatica: fai quattro incontri e tre probabilmente diventano cose concrete».

Però è cara: uscire a mangiare è più difficile e da ristoratore lo noterà.
«Non riscontro una problematica di clientela: Milano costa ma è anche benestante, c’è chi si può permettere di uscire a cena più volte a settimana. Ma sono anche un imprenditore che dà lavoro a 40-50 persone e la difficoltà la vedo quando cerco personale: per un giovane trasferirsi è arduo, magari deve svegliarsi tutte le mattine alle 5 perché vive dove l’affitto è abbordabile».

Proposte di lavoro declinate per questo?
«Cerco di farmi dire di sì offrendo, oltre a un contratto con 13esima e 14esima, benefit e welfare aziendale: pasti al ristorante, spese mediche agevolate, consulenti per la ricerca di alloggi, avvocato interno per le pratiche. Penso di poter dire che i miei dipendenti siano felici, ma siamo sempre in cerca».

Alessandro Borghese: “I miei dipendenti sono felici ma c’è un problema manodopera”

Le chiedono come condizione il weekend libero?
«La moneta di scambio oggi è il tempo: la mia generazione ha fatto del lavoro una missione, 5 ore o 15 non contava perché là volevamo arrivare, adesso si cerca più libertà: non posso dar loro torto. Tuttavia questo mestiere è faticoso, operi quando gli altri si divertono, nelle feste e – sì – nei weekend: se non riempio il cassetto come posso mantenere l’attività? Certo gli orari si sono ridotti anche da me: il doppio turno è solo sabato e domenica (prima sempre), mercoledì chiuso, gli altri giorni solo cena. Nelle giovani leve noto parecchia rotazione: ci si stanca presto di un posto, è facile mollare il colpo. Ai miei tempi non te ne andavi prima di un anno, quando avevi carpito e imparato».

Vede meno abitudine al sacrificio?
«Non sempre ma in alcuni casi sì. Gli stipendi all’inizio sono quelli che sono, senza esperienza non sono corrette le pretese esagerate: sono pronto a darti di più in un’ottica di crescita e meritocrazia».

Stipendio base da lei?
«Chi arriva senza esperienza inizia con 1.200 euro netti, ma con gli extra (un’ora per pulire, il banchetto che dura un po’ di più) sale anche a 1.600 euro. Un tempo – adesso non si vede quasi più, in tutti i campi – c’erano i tirocini, si andava a imparare un mestiere».

Gratis.
«Io gli stagisti li pago. Non tutti fanno così: se noti gigantesche brigate e una sala che fa 30 coperti stai certo che la metà della gente non viene pagata».

E questo è l’altro lato della medaglia.
«La ristorazione è viziata dal nero e dalle promesse. Tanti dicono: vieni, fai curriculum ma nel frattempo non prendi una lira. È profondamente ingiusto».

Alessandro Borghese: “Ristorazione viziata da due aspetti”

[…] cucina?
«Solo sotto festa o sotto minaccia: sono il cuoco del Natale, della brace pasqualina. Per il resto ho la fortuna di avere mia suocera Renata che è bravissima: in cucina comanda lei».

[…] È naufragato in Africa.
«Vero. Appena maggiorenne mi sono imbarcato sull’Achille Lauro, quella che fu sequestrata al porto di Napoli. Siamo affondati il 30 novembre ’94 al largo della Somalia. È scoppiato un motore, sono morti in due. C’erano 180 persone di equipaggio e circa 700 passeggeri».

Si è salvato su una zattera?
«I passeggeri trovarono posto sulle scialuppe motorizzate, noi dell’equipaggio nelle zattere a esplosione».

Ha avuto paura?
«L’adrenalina era a mille. Ho fatto cose che non rifarei, tipo scendere in cabina con l’acqua alla vita per cercare il mio walkman con le cassette di musica».

Tra un super ingaggio in Cina e la tv ha scelto la tv: realtà o diceria?
«Realtà. Era inizio Duemila. Mi proponevano di aprire i ristoranti di un famoso stilista: l’alloggio era nello stesso palazzo del ristorante, mi vedevo a lavorare h24, a insegnare a una brigata cinese che in 5 mesi avrebbe fatto meglio di me. Non ero convinto. In più papà insisteva: stai un po’ a casa tua».

E in tv come ci è arrivato?
«Mamma aveva mandato un provino a Discovery che iniziava con programmi legati alla cucina. Mi hanno chiamato per un nuovo provino video, alla fine mi hanno preso. Lavoravo con Magnolia, con Giorgio Gori. Paola Marella avviava un programma sulle case, Enzo Miccio come wedding planner. Io, Roberto Ruspoli e Chiara Tonelli eravamo i volti di Cortesie per gli ospiti del 2005: adesso hanno rifatto il format, che orgoglio».

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