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Sergio Vastano: “Fiorello? Quella battuta mi fece male. Io e D’Angelo ignorati, mi sono sentito come un pesce a rantolare”

Sergio Vastano: “Fiorello? Quella battuta mi fece male. Io e D’Angelo ignorati, mi sono sentito come un pesce a rantolare”. Sergio Vastano su Fiorello, la grande amicizia con Gianfranco D’Angelo, la carriera, e non solo, il comico romano, 71 anni, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

«Siamo andati a bussare a tante porte, anche con Gianfranco D’Angelo, ma dopo un po’ sembri uno di quei pesci che con la bassa marea rimangono a rantolare nelle pozze d’acqua, sperando l’onda arrivi presto. Ma a un certo punto il pesce non ce la fa più».

[…] Come conobbe Antonio Ricci?
«Per caso. Sono molto amico di Andy Luotto, un giorno mi chiama e mi dice: ho incontrato Antonio che sta mettendo su una nuova trasmissione per Italia 1. Io non sapevo né chi era Antonio, né cosa fosse Italia 1. Mi chiesero un nastro con un provino e proposi il mio personaggio. Abitavo vicino alla Sapienza, dove era pieno di calabresi benestanti che venivano dal sud a fare gli studenti fuori sede. Preparai un numero di 30 secondi, ad Antonio piacque ma lo trasformò in Bocconiano».

Come mai ebbe così successo?
«Saperlo… Fu una confluenza di astri. Era un “terrone” diverso, non veniva con la valigia di cartone a elemosinare un posto, ma veniva da padrone. Era il momento del rampantismo, rappresentava la prepotenza di un personaggio che si credeva già arrivato, in un periodo di ostentazione massima. Oggi è solo cambiato il modello, proporrei un rapper che esibisce i soldi».

[…] Gianfranco D’Angelo?
«Mi colpiva la sua generosità, pagava sempre lui al ristorante, con lui non ho mai messo mano al portafoglio. Siamo stati in tournée insieme fino a 84 anni. Poi dopo il Covid ci ha lasciato. Un vero dolore».

Sergio Vastano: “Io e D’Angelo ignorati, mi sono sentito come un pesce a rantolare”

Greggio?
«Era sempre con l’orologio in mano, aveva mille cose da fare, arrivava, faceva i suoi pezzi e scappava».

[…] Giorgio Faletti?
«Un lupo solitario, non era di compagnia. Faceva pezzi fantastici. Tanto che Antonio gli diede un secondo personaggio. Apriti cielo. Tutti i comici si precipitarono da lui per chiedere più spazio, I Trettré, Zuzzurro e Gaspare…».

[…] All’inizio lei era in prova.
«Contratto di quattro puntate, viaggi, residence e buoni pasto inclusi, mi davano 400mila lire a puntata. A me che venivo dal teatro delle cantine romane sembrava un sogno. Poi sono arrivato a 4 milioni».

Le donne ai piedi?
«Ma no. Specialmente al Drive in il motto era guardare ma non toccare, bella la pastiera ma non la assaggi. Le ragazze Fast Food erano inavvicinabili, a me faceva impazzire Toti Botta, ma niente».

[…] Quel successo le manca?
«Lo prendi finché c’è, va bene così. Sapevo che la vita del comico non può durare per sempre, infatti a un certo punto è arrivato il momento in cui non mi chiamavano più come prima. Mi sarebbe piaciuto fare il presentatore di quiz, ma bisognava avere gli agganci giusti».

Sergio Vastano: “Fiorello? Quella battuta mi fece male”

Lei finì con Ricci, ma sperava in Arbore.
«Erano due parrocchie di comicità differenti. Da Ricci si giocava sulla velocità, bisognava levare gli aggettivi inutili. Era un esercizio di disciplina: bisogna stare nei 4 minuti, se sgarravi di 10 secondi dovevi rifare il pezzo. Se Ricci era la perfezione, Arbore era l’improvvisazione: veniva dal jazz, non voleva sapere cosa dicevano gli altri».

Dopo «Drive in» fece «Striscia» con Teo Teocoli.
«Non è un rissoso come lo descrivono, ma misi subito le cose in chiaro: mi fece cadere apposta dal bancone, come faceva con Boldi che prendeva a schiaffi per divertimento. Ma lo feci cadere a mia volta. Così capì subito che rispondevo alle provocazioni».

[…] Perché disse che Fiorello era sovrastimato?
«Ci fu un’incomprensione, il giornalista mi mise in bocca cose mai dette. Fiorello si incazzò molto, disse che ero una mezza sega, con un livore nei miei confronti che mi fece male».

Agli inizi della carriera stava per fare uno spettacolo con due soli spettatori, Nanni Moretti e il suo storico produttore Angelo Barbagallo.
«Era l’epoca in cui si erano appena estinti di dinosauri… C’era un teatro, l’Alberichino, che era il sottoscala dell’Alberico. In pratica una cantina con pesci e rospi attaccati al muro per quanto era umido, insieme al biglietto ti davano anche una sedia pieghevole per sederti».

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