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Nicoletta Romanoff: “Mio fratello morto ha cambiato il mio mondo Muccino ti sbatte come un polpo sugli scogli”

Nicoletta Romanoff: “Mio fratello morto ha cambiato il mio mondo Muccino ti sbatte come un polpo sugli scogli”. Nicoletta Romanoff sul fratello morto, il primo set con Muccino, e non solo l’attrice romana di origini russe, 45 anni, ora anche autrice di un libro, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Discendente degli zar di tutte le Russie, l’intervistata vanta un illustre albo d’oro familiare. Ha ricevuto un’educazione radicata nella tradizione, come racconta lei stessa: «Ho ricevuto un’educazione attenta alla tradizione, ma il sangue blu si è trasferito più che altro a livello culturale. Mio nonno Nicola, il capofamiglia, era un grande storico. Diceva: “Se non hai letto un libro almeno 8 volte, lo hai solo sfogliato”. Parlava sempre e soltanto di Russia. Nonna Sveva della Gherardesca sbuffava. “Basta, lasciami un po’ spettegolare con le mie nipoti!”».

Nicoletta Romanoff: “Mio fratello morto ha cambiato il mio mondo”

Parlando delle sue radici, rivela che qualcosa della Russia le è rimasto profondamente dentro: «I russi hanno grandi sentimenti e profondità d’animo. La spiritualità l’ho ereditata da loro». Un legame che si riflette anche nelle pagine iniziali del suo libro ‘Come il tralcio alla vite’, edito da Rizzoli, in cui descrive un momento felice della sua adolescenza, il debutto in società: «Eravamo tutti, non mancava nessuno, guardandoti indietro ti rendi conto di quanto eri fortunata. Avevo due genitori giovani e bellissimi e tutti e quattro i nonni. Se non era perfetto quello».

Tuttavia, quel quadro armonioso si frantumò il 26 maggio 1997, quando il fratello Enzo Manfredi, di soli 21 anni, si tolse la vita: «E qualcosa in me si è spezzato per sempre». Il loro legame era intenso e profondo: «Quando litigavamo, poi ci scrivevamo lunghe lettere per fare pace, ce le infilavamo sotto la porta. Le ho conservate. Eravamo complici».

La perdita segnò un punto di rottura che stravolse ogni cosa: «Non ci sono risposte, non esiste una spiegazione. Con la sua morte per me si è capovolto il mondo e ho avuto ancora più bisogno di Dio nella mia vita. Ho trovato la mia pace nel percorso di fede». E ancora: «Avevo 18 anni e 12 giorni, per molto tempo mi sono sentita mutilata e divisa in due. Enzo Manfredi si è portato via una parte di me e io ho dovuto sviluppare una parte di lui per fare sopravvivere i miei genitori».

Nicoletta Romanoff: “Muccino ti sbatte come un polpo sugli scogli”

Da quel dolore nacque un rapporto ancora più saldo con la fede: «La fede è parte integrante della mia esistenza, come mangiare bene e allenarmi. La vita spirituale va di pari passo con il resto. La mia è una storia quotidiana di amicizia con Dio. Ci parli, gli confidi i tuoi problemi». La maternità, arrivata presto, fu un’altra svolta determinante: «Diventare madre così giovane ha cambiato la mia vita, è stata una scelta decisiva, che mi ha rimesso al mondo, mi ha ridato speranza».

Il suo approdo al cinema fu del tutto casuale. A 18 anni si trovava a Parigi e si era avvicinata al mondo della moda, ma le cose non andarono come sperava: «A 18 anni vivevo a Parigi, avevo preso contatto con un’agenzia di moda. Però mi scartavano: non ero abbastanza alta e magra. “Ma con quella parlantina da qualche parte arriverai”».

Fu proprio così. Il debutto avvenne con Gabriele Muccino in ‘Ricordati di me’: «Mi recai al provino di nascosto, con un’amica. Non avevo nulla da perdere. C’erano 600 ragazze». La selezione la premiò e arrivò il primo giorno sul set: «Sono perfezionista, che è anche un difetto, perché non ti godi le cose. Concentratissima, sapevo la parte a memoria, avrei potuto dire le battute pure al contrario. Gabriele mi fece urlare tante volte per scaricare la tensione». Muccino, racconta, era un regista molto esigente: «Emotivo, istintivo, cerca di tirare fuori dagli attori quello che ha in testa, per ottenerlo ti sbatte come un polpo sugli scogli».

Nicoletta Romanoff: “Pasotti? Non mi va di parlarne”

Nel 2004, durante le riprese della fiction ‘Un anno a primavera’, conobbe Giorgio Pasotti: «Da poco è mancato il regista Angelo Longoni, che ci ha unito come coppia sul set. Gli rivolgo un pensiero affettuoso. Ha reso possibile la nascita di mia figlia Maria». Tuttavia, su quella relazione durata dieci anni preferisce mantenere il riserbo: «Eravamo, appunto. Non mi va di parlarne. È stata una storia importante, perciò voglio proteggerla». Nonostante la fine della storia, i rapporti sono rimasti buoni: «Siamo in ottimi rapporti, cresciamo nostra figlia».

Oggi ha quattro figli, per i quali ha compiuto molte rinunce: «E non me ne sono mai pentita. Mi costa fatica stare lontana da loro. A 25 anni ho detto tanti no e questo mi ha portato a lunghi periodi in cui non ho lavorato. I registi non ti aspettano, a parte Quentin Tarantino con Uma Thurman». Tra le occasioni mancate, un film francese con Daniel Auteuil: «Storia di un’attrazione fatale. C’era molto eros. Oggi mi do una pacca sulla spalla, per i miei figli forse sarebbe stato scomodo».

Infine, racconta del marito Federico, con cui ha ritrovato una storia che affonda le radici nell’infanzia: «Lo conoscevo da sempre, i nostri nonni abitavano nella stessa palazzina, lo scoprimmo trent’anni dopo. Per noi è stato più un rincontrarsi, un’amicizia che si è consolidata con la persona che ho scelto per tutta la vita».

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