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Carlo Cracco: “Stella Michelin tolta perché sono pericoloso. Ho lasciato la Tv per un motivo. Io ricco? Voglio sfatareun mito”

Carlo Cracco: “Stella Michelin tolta perché sono pericoloso. Ho lasciato la Tv per un motivo. Io ricco? Voglio sfatare un mito”. Carlo Cracco sulla Stella Michelin tolta, l’addio alla Tv, e non solo, il noto chef vicentino, 60 anni, ripercorre le tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’ della quale vi proponiamo alcuni passaggi.

Carlo Cracco festeggia oggi i suoi 60 anni e lo fa con uno sguardo sereno sul passato e sul presente. «Sto meglio adesso di quando ne avevo 40. Mai stato così bene: non ho né rimpianti né rimorsi. Il tempo è misurato dai figli: vedi che crescono e capisci che diventi grande». Nato a Creazzo l’8 ottobre 1965, cuoco, personaggio televisivo, gastronomo e imprenditore, Cracco ammette che gli mancherebbe solo un po’ di tempo per sé: «Se avessi due o tre giorni per staccare sarebbe fantastico. Ho fatto poca vita sociale: sono sempre in giro, ma dietro le quinte. Quando la sera esco dal ristorante vedo un mondo che se la gode: sono quelli che io metto a tavola».

Il suo primo ricordo legato al cibo risale all’infanzia: «A 5 anni in colonia a Riccione con mio fratello più grande, dove i ferrovieri come mio papà mandavano i figli. Stavo da Dio. La domenica ci davano la torta diplomatica, l’unica gioia sul cibo, per il resto un disastro. Tornavo con tre chili in meno: per me che ero in lotta con la bilancia era un traguardo». L’interesse per la cucina nacque presto, grazie a sua madre: «Quando mia madre ha dimezzato le porzioni, per aiutarmi a perdere peso. Ho capito che se volevo mangiare dovevo infilarmi in cucina con lei che era un’ottima cuoca».

Carlo Cracco: “Stella Michelin tolta perché sono pericoloso”

La svolta arrivò con una scelta scolastica: «Facevo il chierichetto e volevo andare a fare le medie al seminario: ma in casa non c’erano soldi per scuole private. Allora scelsi quella meno triste, l’istituto alberghiero». Cresciuto a Vicenza, Cracco si ritrovò a Recoaro Terme, a 52 chilometri da casa. Ma il talento non sbocciò subito: «Il primo anno, nel primo trimestre avevo quattro in cucina. Ai miei, ai colloqui, dissero: “Va bene in tutto tranne che in cucina. Mandatelo a fare pratica”. Il 90% dei miei compagni era figlio di gente del settore: a me che parlavo a stento il dialetto sentirmi dire “plonge” era arabo».

La pratica arrivò in un ristorante noto di Vicenza: «Quando tornavo a casa, il sabato e la domenica, andavo da Remo, un ristorante noto di Vicenza: da 4 in pagella sono passato a 8. Facevo 12 ore di lavoro e mi addormentavo quando toccavo il letto». Dopo il terzo anno, lasciò la scuola per lavorare da Remo, poi fece il militare e tornò in cucina: «A 19 anni tenevo in mano la cucina. Ma non ero felice: “È tutto qua?”, mi chiedevo. Mia sorella maggiore mi parlò di un corso di Gualtiero Marchesi alla scuola di cucina Altopalato. Andammo a cena da lui e gli chiesi subito se potevo lavorare con la sua brigata. Mi cucinò a fuoco lento, ma se mi metto in testa una cosa di riffa o di raffa ci arrivo».

Carlo Cracco: “Ho lasciato la Tv per un motivo”

Anche Marchesi, però, gli andò stretto: «Ero arrivato all’apice di quello che si poteva fare in Italia. Fu lo stesso Marchesi a consigliarmi di andare in Francia, che per lui era la Mecca, da Ducasse. Ci rimasi per 4 anni». La famiglia lo osservava con attenzione: «Una volta mio padre venne in cucina, di sorpresa. Vedendo che lavoravo sempre e non guadagnavo nulla voleva vederci chiaro. Per me il denaro era secondario, contava fare esperienza: così dopo Parigi fu la volta dell’Enoteca Pinchiorri, dove prendemmo tre stelle Michelin, e poi dell’Albereta, dove venne la figlia della cuoca di Lady D, per farsi dare delle ricette per la principessa. Ma mancava qualcosa».

Quel qualcosa arrivò con un ristorante che portasse il suo nome: «Con Bruno Ceretto aprimmo ad Alba Le Clivie che prese subito la stella. Lo rivendetti a un ottimo prezzo in due giorni, dopo che i fratelli Stoppani mi proposero di aprire a Milano in via Victor Hugo: era il 2001 ed era nato Cracco-Peck. Qualcuno mi diede del grandioso: nessuno prima di Marchesi aveva dato il proprio nome a un ristorante».

Carlo Cracco: “Io ricco? Voglio sfatareun mito”

Poi arrivò la televisione. «La prima volta mi chiamarono nel 2007. Ero in cucina e risposi: “Vorremmo parlare con Cracco per un provino”. Finsi di non essere io. Ci riprovarono nel 2010». Accettò in un momento difficile: «Era un momento di crisi. C’era stato il caso Lehman Brothers, l’Italia era cupa: andare al ristorante stellato o avere l’auto costosa era peccato. Ma feci lo stesso di tutto per non essere preso: al provino fui molto aggressivo. Mia moglie Rosa mi diceva sottovoce “anche meno”. La produzione invece era entusiasta».

La televisione portò notorietà, ma anche stanchezza: «La televisione ha riempito di nuovo il ristorante: chi veniva a cena voleva tornare a casa con una foto. Ma la televisione è ripetitiva: dopo sei anni mi ero annoiato». Eppure tornò ancora per due stagioni: «Non nel mio caso: feci solo altre due stagioni per affiancare Antonino Cannavacciuolo che doveva prendere il mio posto».

La popolarità televisiva ebbe anche conseguenze inattese: gli è stata tolta una Stella Michelin. «Ero diventato pericoloso. Dicevano: se Cracco ha fatto tivù adesso lo faranno tutti». Anche uno spot pubblicitario suscitò polemiche: «Perché non avrei dovuto farlo? Anche Marchesi mi diede il benestare. Lui stesso era stato testimonial di surgelati. Abbiamo la memoria corta e un po’ di invidia sociale».

Accanto a lui, nella vita e nel lavoro, c’è Rosa Fanti: «Un colpo di culo direi. Abbiamo quasi 20 anni di differenza e quando l’ho conosciuta ho dato retta all’1% di possibilità che potesse andare bene. Sono innamorato: con lei condivido ogni scelta e stiamo creando la nostra azienda agraria in Romagna». Quanto al mito della ricchezza, Cracco lo smonta con pragmatismo: «Sfatiamo questo mito: a fare il mio mestiere non diventi ricco. Sopravvivi bene».

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