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Luca Barbareschi: “Io abbandonato da piccolo mi hanno cresciuto le zie. I problemi con la droga…”

Luca Barbareschi: “Io abbandonato da piccolo mi hanno cresciuto le zie. I problemi con la droga…”. Luca Barbareschi abbandonato da piccolo, l’attore e regista si racconta ripercorrendo le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

È vero che è stato in una clinica del sesso?
«No, mai stato».

In una clinica per dipendenze?
«Nemmeno. Ma prendo sul serio gli errori e quando a 20 anni mi sono accorto di avere un problema con la droga, sono andato a Londra da Andy Zamar a farmi aiutare. Sono stato con lui un giorno».

Riavvolgiamo il film della sua vita. Prima scena.
«Montevideo, la spiaggia d’inverno. Mio papà e mia mamma che ancora si amano, io piccolino e il cane lupo Whisky. Dormivamo in un seminterrato, da un antiquario ebreo che ci prestava i mobili, ma li cambiava ogni settimana».

Perché l’Uruguay?
«Mio padre era ingegnere civile, lavorava per l’Edison. Avevo genitori fantasiosi: suonavano la fisarmonica, il pianoforte, la chitarra… Era un mondo vivo e divertente».

Cambiamo scena. Veniamo in Italia.
«È appena nata mia sorella. Mia madre una mattina mi dice: “Vado a Roma perché mi sono innamorata di un altro”. “E io?”, chiesi. Lei: “Eh sì, adesso mica andiamo tutti a Roma in vacanza…”. Mi sembrò ragionevole, avevo sei anni. Il problema è che l’ho rivista dieci anni dopo. Mi hanno cresciuta due zie di 85 anni».

E suo padre dov’era?
«In Arabia Saudita per lavoro. Mi metteva su un aereo della Middle East Airlines che entrava a Beirut e da lì proseguiva per Gedda. Ero molto indipendente, da quando avevo sei anni…».

Mi faccia un esempio.
«Andavo a scuola da solo. Il tram costava 70 lire, ne davo cento e avevo il resto di trenta. Con le 10 lire facevo il sacchetto e andavo in banca, dove ne guadagnavo 50 sul cambio».

Luca Barbareschi: “Io abbandonato da piccolo mi hanno cresciuto le zie”

Il teatro quando arriva?
«Da adolescente. Conoscevo Valentina Fortunato, che era stata salvata da mio padre durante la guerra. Andavo a vederla con la Compagnia degli Associati, c’era anche Sergio Fantoni. Avevo 12-13 anni e una rabbia formidabile. Non fosse per il teatro, sarei diventato un delinquente».

Un po’ iracondo è rimasto. Ha più sentito Filippo Roma, l’inviato delle «Iene» che ha aggredito due volte?
«Sì, lo abbiamo buttato giù dalle scale un’altra volta», ride. «No, lo abbiamo accompagnato alla porta», lo corregge l’assistente Maria Letizia Maffei.

Neppure Roberto D’Agostino trattò bene, la volta che lo trascinò per i capelli…
«Continuava a insultarmi, non faceva ridere».

Adesso siete amici?
«Non puoi essergli amico. Però c’è rispetto».

Fermi un’immagine del periodo americano.
«Max’s Kansas City. Siamo io, Oliviero Toscani, Mick Jagger, David Bowie, Lou Reed ed Andy Warhol. Ero il protagonista di Almost Famous».

Com’era finito in quel giro?
«Grazie a Oliviero Toscani, di cui avevo fatto l’assistente a Milano: con il mio amico Andrea Ballo gli cambiavamo le pellicole. A New York mi mise a disposizione un loft alla Carnegie Hall, dentro il regno di Judi Garland».

Luca Barbareschi: “Io abbandonato da piccolo mia mamma si innamorò di un altro”

È di quegli anni l’intervista a Steven Spielberg al quale disse di voler diventare come lui.
«Aveva 30 anni, io 20. Gli chiesi: come faccio a diventare come te? E lui: take a piece of paper, write a movie and do it (prendi un pezzo di carta, scrivi un film e giralo, ndr). Quando l’ho rivisto ai David di Donatello, mi sono avvicinato e sono scoppiato a piangere».

[…] com’è la vita da star?
«Bellissima. Vivevo in un attico sul Sunset Boulevard sullo stesso piano di Whoopi Goldberg, avevo l’aereo privato per le convention, un’auto a disposizione h24 e viaggiavo solo in top class in aereo, quando ancora mi facevano fumare il sigaro. Ero veramente viziato».

Un progetto per il futuro?
«Fare dell’Eliseo il primo teatro con il metaverso. Così in platea ci può stare un milione di persone. Tu spettatore scegli quello che vuoi: puoi diventare Amleto, o sederti accanto a lui».

Quando parte?
«Ci siamo quasi. Intesa Sanpaolo è un grandissimo partner: Stefano Barrese e Stefano Lucchini sono stati due uomini di grande visione».

Scusi, ma è sicuro di voler vendere?
«È il mio paracadute. Il brand Eliseo Entertainment ha fatturato anche 56 milioni, ma il teatro ne perde quattro l’anno. Ho già più di un acquirente molto interessato».

E se non le lasceranno fare il direttore artistico, cosa farà? Se lo chiedeva pochi giorni fa Emilia Costantini sul «Corriere».
«Allora non farò più teatro in vita mia».

Sì, vabbè. Il ricordo più bello della sua esperienza in Parlamento?
«Le celebrazioni per i 150 anni della Repubblica. Sono entrato con al braccio il Tricolore del mio papà, partigiano bianco».

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