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Psico Pillole – Scrivere per conoscersi. L’effetto terapeutico della scrittura su di noi

Scrivere per conoscersi. L’effetto terapeutico della scrittura su di noi

Scrivere può avere un valore terapeutico poiché può sostenere la cura di sé attraverso un percorso di conoscenza. Oggi esistono diverse pratiche narrative, utilizzate per finalità pedagogiche, ludiche o anche riabilitative. Pensiamo ad esempio alla Scrittura Creativa o agli emergenti progetti di Lettura per Asili Nido con il metodo “kamishibai” o ancora le vere e proprie Terapie Narrative dei cd Approcci Non Strutturalisti che utilizzano esclusivamente la pratica narrativa, anche sotto forma di domande, per rintracciare ‘le storie’ che definiscono l’identità di un soggetto.

Narrare la propria storia a voce o scrivendola mette in moto una serie di dinamiche psicofisiche che trasformano questa pratica in qualcosa di più profondo, un processo di introspezione capace di ‘trasformare’ le nostre credenze o di farci prendere consapevolezza di automatismi, ‘copioni’ che abbiamo appreso senza volerlo, mappe concettuali che incidono sul nostro modo di veder-ci, pensar-ci, giudicare noi e il mondo esterno. Alcune delle funzioni cognitive implicate in questo processo sono: la memoria, l’attenzione, la rievocazione. Anche la dimensione emotiva viene sollecitata poiché sia nello scrivere di noi che nel leggere storie percepiamo emozioni, ‘ci sentiamo’ coinvolti, tristi o allegri, innamorati o traditi, a seconda del tema che ci vede protagonisti e questo comporta l’attivazione dell’amigdala a livello cerebrale. Un vero e proprio esercizio psicofisico per il benessere della persona letteralmente a portata di mano!

C’è  da dire che il potenziale introspettivo della scrittura è stato utilizzato più di un secolo fa dal Padre della Psicoanalisi, S. Freud, il quale attraverso una intensa corrispondenza con il chirurgo tedesco Wilhelm Fliess avvenuta tra il 1887 e il 1902 compì la sua autoanalisi. Scrivere di sé, dei suoi ‘moti pulsionali’ e delle teorie in merito ad essi, appena dopo la morte di suo padre, gli permise di cogliere nessi, riformulare ipotesi di partenza, rivedere i suoi atteggiamenti sullo sfondo di una tensione intellettuale e affettiva espressa attraverso le parole scritte. Durante questo periodo di crisi, attraverso la scrittura, compie la sua evoluzione culturale e segna la genesi delle più importanti scoperte psicoanalitiche come quelle sul complesso edipico, sul transfert, sull’interpretazione dei sogni e sulla teoria delle nevrosi.

Degno di nota è che il rapporto epistolare si concluse con l’elaborazione della dipendenza di Freud dall’amico Fliess, quale esito di un percorso lento di allontanamento così strutturato: quanto più Freud procedeva con il suo approfondimento attraverso lo strumento della parola scritta, tanto più si rendeva libero da ciò che quella dipendenza rappresentava. Scrivere di sé ad un interlocutore idealizzato (posto dunque in una posizione immaginaria di rilievo) dei propri dubbi, delle proprie incertezze e certezze, permise a Freud di sviluppare ciò che successivamente definì con il termine di traslazione positiva (Transfert), del quale egli si servì per auto-analizzarsi, ovvero, per condurre un vero e proprio lavoro investigativo .

La comunicazione epistolare comporta un investimento su di sé. Dover scegliere le ‘parole giuste’ affinché l’altro comprenda e non fraintenda, affinché il messaggio che intendiamo trasmettere arrivi all’altro comprensibile ed efficace così come pensato comporta un lavoro di elaborazione ed approfondimento interiore, delle proprie intenzioni, dei propri desideri reali (se siamo abituati ad esprimerli o a nasconderli) ed anche della stessa parola, dell’uso che ne facciamo, dell’importanza che gli diamo (quando siamo noi a scriverla/pronunciarla o quando la scrivono/pronunciano gli altri).

Quale potere trasformativo contiene la parola che forma la nostra  storia (o le nostre storie) possiamo scoprirlo scrivendola. Possiamo servirci di un racconto preferito da piccoli e modificarne l’esito che infondo non ci è mai davvero piaciuto, oppure trascrivere la nostra canzone preferita riportandone dei pezzi qua e là tra le righe originali della nostra storia, o ancora lasciare che la penna inizi a danzare sul nostro foglio bianco descrivendo emozioni  come per rispondere ad una consegna scolastica “Descrivi l’emozione che senti in questo momento…”. Buona scrittura a tutti.

Dr.ssa Maria Pirozzi

Per approfondimenti:

Vegetti Finzi S., Storia della Psicoanalisi, 2012, Oscar Saggi Mondadori.
Goleman D., Intelligenza Emotiva, 2011, BUR Rizzoli.
Amatulli A., Terapia Solution Building, 2016, Italian Edition.
www.luigifrezza.it/Narrativa-Mente.

Se avete una domanda da porre alla rubrica “Psico Pillole – rubrica di InFormazione psicologica”  a cura della dott.ssa Maria Pirozzi,  potete inviare una mail all’indirizzo redazione@brevenews.com specificando nell’oggetto SEZIONE PSICOLOGIA. Le mails pervenute saranno pubblicate in forma anonima o con la firma dell’interessato qualora essa venga apposta in calce al documento.

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Dr.ssa Maria Pirozzi

Psicoterapeuta, psicodrammista laureata presso l'Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Campania. Specialista in psicologia clinica. Membro del gruppo di ricerca IL PROBLEMA DEL TRANSFERT presso Dipartimento di Psicologia Università degli Studi Luigi Vanvitelli di Caserta (ex S.U.N.).

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