Miriam Dalmazio: “Studio Battaglia? Io come Nina per un aspetto. Da mamma ho smesso di pensare alla notorietà”. Miriam Dalmazio su Studio Battaglia e non solo, l’attrice siciliana protagonista della fiction Rai, si racconta parlando tra vita privata e professionale in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Come mai tende a nascondere le fragilità?
«Sono come Nina: non mi va di farmi vedere in lacrime o debole, anche se credo che sia meglio buttare fuori e mostrarsi per quello che si è. È l’unico modo per fare un favore a sé stessi. Quando ho iniziato a sfogare sulle pagine quello che sentivo, riuscivo ad affrontare la giornata in maniera diversa, più libera».
Lo fa ancora?
«Di meno».
E poi i fogli che fine fanno?
«Li nascondo. A casa mia sono tranquilla che nessuno invaderà la mia privacy. Incluso mio figlio Ian, che ora ha 5 anni».
Lei a 5 anni com’era?
«Molto silenziosa, ho sempre giocato poco, mi piaceva stare da sola. Passavo i pomeriggi a sognare la casa che volevo: grande, spaziosa, con il giardino. Sono cresciuta con 2 fratelli e una sorella, sarà per questo che sognavo un mio mondo, uno spazio per esercitare la mia privacy».
Oltre alle case, cosa sognava di diventare?
«Ho sempre desiderato diventare famosa, avevo bisogno di essere vista. Forse perché mi nascondevo tantissimo e il mio essere riservata e chiusa mi pesava. Adesso che sono più conosciuta, però, questa spinta non ce l’ho più. Anzi, mi dà quasi fastidio essere sotto i riflettori».
Quando ha smesso di voler diventare famosa?
«Quando sono diventata madre. Doversi concentrare su un altro essere umano ti fa da specchio: questo bambino mi ha fatto capire che non ho bisogno di altro. Infatti, metto davanti a tutto la mia famiglia, non il mio lavoro».
Miriam Dalmazio: “Studio Battaglia? Sono come Nina per un aspetto”
La recitazione quando arriva, invece?
«Pensavo che potesse aiutarmi a combattere la mia timidezza, così, una volta finito il liceo, per guadagnare i primi soldi ho fatto la maschera in un teatro di Palermo. In quell’anno, però, ho iniziato a uscire con gli attori, facevo un sacco di domande, e sentivo molto forte in me la spinta verso quel mondo. A un certo punto mi sono iscritta alla scuola dello Stabile di Palermo finché ho accompagnato una mia amica al provino di una soap che si chiamava Agrodolce. Mi hanno chiesto di sostenere l’audizione e mi hanno presa».
[…] Se non ci fosse stato quel provino, cosa avrebbe fatto?
«Ero iscritta a Giornalismo, ma non ci credevo minimamente. Al primo esame ero scappata. Avevo studiato malissimo, non volevo fare una figuraccia».
Reazione di mamma e papà quando ha vinto il provino?
«Hanno sempre creduto in me perché sono molto responsabile, solo che all’inizio pensavano che fosse un gioco, un hobby. Quando sono andata al Centro Sperimentale di Roma e le cose stavano diventando serie, avevano un po’ di paura».
Primo impatto con Roma?
«Traumatico, una città troppo grande. Ricordo che facevo i provini perché erano un modo per guadagnarmi il futuro anche se, frequentando la scuola, non avrei potuto farli».
Ai provini è mai scappata?
«No, anche se l’ansia che mi mettono dopo 13 anni di lavoro non mi è mai passata. Dover passare da un giudizio di qualche genere mi stressa molto».
Cosa la spaventa del giudizio?
«Non essere accettata mi fa paura. È come presentarsi nuda, soprattutto se i provini sono emotivi. Anche le interviste per me sono così, sono costretta ad aprirmi».
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