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Cecchi Gori: “Trump mi fece una richiesta e io sbagliai. Io fatto fuori per una intuizione”

Cecchi Gori: “Trump mi fece una richiesta e io sbagliai. Io fatto fuori per una intuizione”. Vittorio Cecchi Gori su Trump e non solo, l’ex produttore cinematografico ripercorre le tappe più significative della sua carriera in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Quanto le manca produrre?
«Io con la testa produco sempre. Tutto quello che vedo, nella mia testa, diventa un film. Oggi, mi sono svegliato pensando a Carlo Verdone, vorrei fare il remake di Io e mia sorella».

Verdone, Risi, Benigni, Pieraccioni, Tornatore hanno partecipato al docufilm del 2019 «Cecchi: Gori una famiglia italiana». I suoi registi le sono rimasti vicino?
«Io a loro voglio bene e credo che loro ne vogliano a me».

Il primo film dove ebbe un grosso ruolo?
«Brancaleone alle crociate di Mario Monicelli, del 1970. E …Altrimenti ci arrabbiamo fu un’intuizione mia. Mio padre non l’aveva capito: tutti dicevano che Bud Spencer e Terence Hill senza gli spaghetti western non li avrebbe visti nessuno. Prima, papà non mi aveva mai fatto un complimento. Tanti gli dicevano: digli una volta che è bravo. E lui: che, siete matti? Dopo, non lo controllo più! Anche l’ultimo film di Federico Fellini volli farlo io, ci tenevo a fare esperienza coi grandi. Resta famosa la battuta di Fellini a mio padre: tu ti sei sempre salvato, ci voleva tuo figlio per farmi fare un film con la Cecchi Gori».

Cecchi Gori: “Trump mi fece una richiesta e io sbagliai”

Vedere il suo nome nella società di famiglia che soddisfazione fu?
«La devo a Sergio Corbucci e Monica Vitti, con Non ti conosco più amore, anno 1980. Con Monica siamo stati amici, quanti film insieme…».

Quanti film ha fatto in tutto?
«Anche 90 all’anno fra prodotti e distribuiti. Preferisco ancora i film alle serie: un film bello messo in tv non ha rivali. Ho rivisto Mediterraneo di Gabriele Salvatores, è ancora attuale».

È fra i tre Oscar che tiene nella libreria, assieme al «Postino» e alla «Vita è bella».
«Lo vinsi nel mio momento d’oro in America, dove avevo casa e credibilità. Fui bravo a promuovere il film. Purtroppo lasciai Los Angeles: troppo faticoso fare avanti e indietro. Donald Trump mi diceva di rimanere, forse sbagliai. Avevo comprato casa da lui a New York, attico e superattico su Central Park, come stare sospesi in mongolfiera, poi l’ho persa nei casini miei. Abbiamo fatto amicizia, era debordante, ma era un uomo semplice, capiva tutto al volo».

[…] In una conferenza stampa disse: «L’ordine è farmi fuori». Chi mai voleva farla fuori?
«Col passare del tempo, le cose si sono precisate. Avevo Tmc, stavo creando il terzo polo tv, avevo una quota di quella che sarebbe diventata Sky, una library di film sterminata e una squadra di calcio, per cui avevo capito l’importanza dei diritti tv di cinema e calcio. Successe, invece, una lotta con la tv generalista. Mi hanno portato via tutto, per un errore minimo rispetto alla vastità di ciò che amministravo. Ma tante vicende sono aperte e qualcosa conto di recuperare».

Come le venne in mente di dire che la cocaina che le trovarono in casa era zafferano?
«Chi lo sa? Certo non pensavo che sarei rimasto nella storia per la battuta sulla zafferano».

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