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Spettacolo

Pieraccioni: “Sequestro Baglioni? Lo bloccai per un’ora. Le mie storie non durano per un motivo”

Pieraccioni: “Sequestro Baglioni? Lo bloccai per un’ora. Le mie storie non durano per un motivo”. Leonardo Pieraccioni e il sequestro di Baglioni, l’attore e regista toscano, 58 anni, si racconta ripercorrendo le tappe importanti della sua vita in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] A scuola come andava?
«Ho il diploma di terza media. Quando mi bocciarono a scuola, il mi’ babbo per farmi capire che la vita dei non istruiti è difficile mi mise a lavorare in una falegnameria dal suo amico Arturo Vannini che nel film Il pesce innamorato ho omaggiato: faccio il falegname e mi chiamo Vannino. Tuttora mi piace l’odore del coppale. Ma il mio sguardo era sempre rivolto al Teatro Verdi, che era di fronte alla bottega».

Questa cosa della terza media…
«Ho provato come perito aziendale, mi ritrovai in una classe con 2 ragazzi e 25 ragazze. La professoressa di matematica, Pravisani, mi chiese: fai ancora gli spettacolini in tv? Sì. Ecco, continua a farli perché la scuola non fa per te. La presi alla lettera».

E ha cominciato a recitare.
«A 16 anni, con le imitazioni di Troisi, Bombolo, Benigni. Ho smesso quando ho capito che ridevano dei personaggi e non delle cose che dicevo io. Presto cominciai con il cabaret normale. La mia gavetta sono stati i pub, le piazze».

Pieraccioni: “Il salto grazie a Raffaella Carrà”

Il salto?
«In tv, a Fantastico 1992, con la grande Raffaella Carrà. L’unica che credette in me. Avevo fatto un biglietto da visita con su scritto: Leonardo Pieraccioni, provinista professionista. A Roma avrò fatto quaranta provini per tutti i programmi possibili e immaginabili. Ne ricordo uno al Bagaglino di Pingitore. Ma avevano ragione loro, ero un misto tra i comici toscani, Benigni, Benvenuti, Nuti, e non avevo sviluppato la mia personalità. A quell’età avevo i capelli corti, la giacchetta di velluto anche d’estate, sembravo un pinolo, uno fuori posto. Lavoravo come magazziniere, leggevo Sorrisi e Canzoni dove mettevano tra parentesi l’età degli attori. Tutti sbocciavano un po’ prima dei 30 anni. Mi dissi, se fino a quell’età non hai combinato nulla torni a fare il magazziniere».

Pieraccioni: “Le mie storie non durano per un motivo”

Invece centrò l’obiettivo.
«Claudio Cecchetto mi aveva visto con Carlo Conti nel varietà Succo d’arancia su una tv locale e mi chiamò a DeeJay Television. A 28 anni girai il film I laureati, su ragazzi che non volevano crescere. Chi debuttava aveva la sindrome dei David di Donatello, io mai avuta, sono un guitto, contento di ciò che faccio».

Dopo «Il ciclone» la chiamarono il Golden Boy del cinema italiano.
«Rita Rusic, che mi produceva con Vittorio Cecchi Gori mi disse, con I laureati hai incassato 15 miliardi di lire, se ne facciamo 8 sarà un successo. Il Ciclone ne incassò 78. Nessuno aveva previsto quel successo, tantomeno io».

Nemmeno quel film raddrizzò il suo cattivo rapporto con la critica.
«Fanno il loro mestiere, a volte infausto. Un film è come un figlio. Il critico è un pediatra. Spogliato il bambino dicono se ha le gambe storte. Il fatto è che trovano la gamba storta anche quando è dritta. Parlano al plurale. Ormai hanno una funzione folcloristica. Uno scrisse che ho la faccia da puffo, oggi non potrebbe scriverlo, sarebbe bullismo».

Però è strano che la sua ispirazione si accenda ogni due anni, sotto Natale.
«È fisiologico. Faccio la mia vita, ho mia figlia Martina che ha 12 anni, il teatro con i miei amici Conti e Panariello…».

Pieraccioni: “Sequestro Baglioni? Lo bloccai per un’ora”

[…] Lei faceva cinema per rimorchiare?
«Non mi considero un latin lover. Mai avuto mezza storia con le mie attrici, manco mezzo bacio, se non con Laura Torrisi, con cui ho fatto una figlia».

[…] Perché le sue storie non durano?
«Il matrimonio è una maratona di 50 km. Bisogna avere fiato e testa per superare i momenti critici. A me dopo qualche curva mi si rompono i lacci delle scarpe. Non supero i tre anni. Ho 58 anni e non è un fatto d’età. È una sorta d’infantilismo, corro il rischio della sindrome da Peter Pan. Io ci parlo con i miei amici sposati, al 90 per cento sono separati. Poi si risposano e si riseparano. Ho la resistenza di una formica zoppa. Ma forse è vero fino a un certo punto, sto da quattro anni con Teresa che è fuori dal cinema, vendeva capsule per il caffè, ha una figlia anche lei, ci vediamo dal lunedì al giovedì, poi sto con mia figlia Martina. I genitori separati e i figli diventano coppiette, arriva il weekend e ci chiediamo, che si fa stasera, pizza o bistecca? I figli dei separati godono di una certa indulgenza dei genitori. Ho visto in tv lo psichiatra Paolo Crepet che invece su questo tema è granitico e ne ho fatto la parodia».

[…] Il cantautore di Livorno ci porta a Claudio Baglioni, che lei sequestrò in auto. Ride:
«E per due volte. Lo costrinsi a restare un’ora nella sua auto ad ascoltare le mie canzoni. Come cabarettista ho imparato tre accordi alla chitarra. Sono il Salieri dei cantautori. Volevo un parere dal Mozart della canzone italiana. Mi disse cose carine, com’è lui, aggiungendo, non sono male. Mi ha chiamato anche Amadeus per Sanremo».

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