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Abatantuono: “A Vieste che vacanze! Io attore non per vocazione, l’ho fatto per un altro motivo”

Abatantuono: “A Vieste che vacanze! Io attore non per vocazione, l’ho fatto per un altro motivo”. Diego Abatantuono su Vieste, la carriera e non solo, l’attore milanese, 68 anni, si racconta ripercorrendo le tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Vieste, i viaggi da bambino…
«Il viaggio più affascinante è legato a quei ricordi, quando andavo in vacanza sul Gargano, a Vieste, il paese dove è nato mio padre. Facevamo il campeggio libero sulla spiaggia, una spiaggia completamente diversa da oggi, era deserta, a due chilometri si intravedeva al massimo una tenda di qualche olandese o svedese, gli unici ad avventurarsi».

Niente elettricità, niente acqua. Selvaggi.
«Ci mettevamo di fianco a un ruscello di acqua dolce freddissima che faceva da frigorifero, mettevamo dentro il burro, le bottiglie d’acqua. Serviva per lavare i piatti, per fare la doccia: era un ruscello multifunzione».

[…] Il viaggio?
«I miei genitori e i loro amici cominciavano già durante l’inverno a pensare alle innovazioni per l’estate successiva tipo la tenda in più da usare come cucina. Non facevamo l’autostrada, all’inizio perché non c’era poi perché comunque costava e bisognava risparmiare».

[…] Cosa altro facevate?
«Si andava a raccogliere la legna per il fuoco sulla spiaggia, cucinavamo i peperoni arrostiti, le salsicce, le patate nella stagnola, le polpette. Sarà da lì che ho sviluppato l’amore per il cibo, tanto da aprirci cinque ristoranti, il Meatball Family».

La sera?
«Non c’era turismo, andavamo in paese, c’era un cinema all’aperto, con la luna e il faro di Vieste sullo sfondo, noi bambini ci addormentavamo perché eravamo cotti. Anche se sulle sedie di ferro era faticoso, allora portavamo i cuscini, c’era chi veniva direttamente con la sdraio, oppure chi incastrava il materassino sgonfio nella seggiola. Ricordo i panzerotti incandescenti, ci bruciavamo la bocca e diventavamo tutti dei Belén. Era una vacanza straordinaria. Siamo andati lì da quando avevo tre mesi — sicuro mi avevano concepito lì i miei l’anno prima — fino ai 15 anni quando ho iniziato ad andare per conto mio».

Abatantuono: “A Vieste che vacanze!”

Ha viaggiato tanto anche per lavoro.
«In quel caso entri in un altro meccanismo, conosci le persone in un altro modo, conosci sfaccettature che da turista non riesci a cogliere. Sono stato in Marocco tante volte, un posto che mi ha stregato, mi piace da matti la gente, mi diverto a contrattare e comprare nei mercati».

Tutti pensiamo a «Marrakech Express», il film di Salvatores, 1989.
«Ma ci ero già stato l’anno prima per Il segreto del Sahara, miniserie di Alberto Negrin con un cast pazzesco: Ben Kingsley, Andie MacDowell, David Soul, Miguel Bosé… Negrin mi disse: vieni, vedrai che ti diverti, ci sarà sangue, sudore e polvere. Gli risposi che io con sangue, sudore e polvere non mi diverto un cazzo. La verità è che non faccio questo mestiere perché ho il sacro fuoco dell’attore, avevo intuito che se fosse andata bene avrei passato metà della vita in giro».

Un cast pazzesco, e come compagni di viaggio?
«Partimmo da Roma per Casablanca in aereo; David Soul, il biondo di Starsky & Hutch, aveva anche delle velleità non corrisposte da cantante folk e purtroppo si era portato una chitarra: ci scassò i maroni per tutto il volo. Mi sembrava un incubo, avevo il magone per aver lasciato la figlia piccola nata da poco, avevo la sensazione di andare al militare. Pensavo: ho fatto una cazzata a partire, il sangue, il sudore, il cumino, il country… che pirla».

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