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Raf: “Self control scartata poi una svolta. Successo? Arrivato troppo in fretta. L’ho vissuto in maniera molto combattuta”

Raf: “Self control scartata poi una svolta. Successo? Arrivato troppo in fretta. L’ho vissuto in maniera molto combattuta”. Raf su Self control, il successo arrivato troppo in fretta, l’incontro con la moglie, e non solo, il cantautore pugliese, 64 anni, si racconta a cuore aperto in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Perché scelse di non cantare in italiano?
«Venivo da esperienze underground in inglese, ho vissuto un paio d’anni a Londra e lì ero in una band rock punk: ero bassista e non cantante. Insieme abbiamo fatto solo un concerto in un locale. Campavo facendo il lavapiatti, vivevo un po’ dove capitava e imparavo la lingua. Poi sono tornato a Firenze».

Come mai?
«Ho abbandonato Londra perché era faticosa, dovevo lavorare tutto il giorno per mantenermi. Avevo scritto qualche canzone e Giancarlo Bigazzi (produttore e paroliere, ndr) mi chiese di lavorare con lui. “Self control” venne fatta ascoltare a un campione di pubblico: la casa discografica era la CGD (che poi divenne Sugar) e il brano non piacque. Giancarlo lo propose a una grande casa discografica francese, la Carrere: e firmai un contratto».

Il testo è suo?
«Sì, sono partito dalla musica, cosa che faccio tuttora. Il testo era un po’ maccheronico, ma avevo il titolo, c’era l’idea di parlare di chi vive la notte. Si veniva dagli Anni 70, periodo di grande impegno politico. E io ci misi una certa leggerezza».

Raf: “Self control scartata poi una svolta”

La versione originale è stata rimaneggiata?
«Le strofe e il ritornello sono miei, con Bigazzi abbiamo fatto una versione disco mentre io avevo un ritmo più rock. Steve Piccolo, americano doc, ha sistemato la lingua».

[…] Con che velocità è cambiata la sua vita?
«Istantaneamente. Non ascoltavo molto la radio, non ero al corrente delle classifiche e non ero aggiornato sulle vendite dei dischi. Poi una sera dovevo fare un intervento in tv, per la Rai, ed ero a Pisa. Fui accolto da un boato, le ragazzine mi inseguirono dopo l’esibizione: lì ho capito che stava accadendo qualcosa».

Era preparato?
«No. L’ho vissuta con gioia, o meglio con stupore e gioia. Non ero preparato al fatto che diventasse un successo internazionale. Venivo da un mondo musicale più di nicchia, non frequentavo le discoteche: con la mia timidezza quasi patologica non ero pronto a fare il cantante senza un basso in mano o una band a supporto. Tutto arrivò in fretta, troppo forte. L’ho vissuto in maniera molto combattuta».

[…] Degli Anni 80 ha tenuto qualche cimelio o oggetto?
«Mi porto dietro qualche capo di abbigliamento, non sono uno che conserva i cimeli, a parte i premi vinti al Festivalbar, per esempio. Ho un paio di giacche con le spalline come si usava all’epoca, un vecchio giubbotto chiodo in pelle un po’ punk, capi che ho usato per la promozione di “Self control”».

Raf: “Successo? Arrivato troppo in fretta. L’ho vissuto in maniera molto combattuta”

Poi è arrivata Gabriella Labate, il suo grande amore di tutta la vita…
«Le ho dedicato “Sei la più bella del mondo”, ovviamente. Anche se Gabriella è ovunque, in ogni mio brano che parla di amore, finito bene o male. I miei testi al 90 percento parlano di questo e per scrivere le rime, sì, mi ispiro a lei».

E Gabriella ricorda “Self control”?
«Lei ricorda che io sono arrivato ad Anzio per un concerto nel 1984. Faceva parte del corpo di ballo, io ero già famoso e attorno a me c’era un dispiegamento di forze incredibile, un sacco di guardie del corpo. Mi nascondevo, da timido, dietro ai miei occhiali da sole ma lei ha pensato che fossi snob e me la “tirassi”. Ha cambiato opinione quando ci siamo conosciuti meglio».

[…] L’8 novembre farà una data al Forum di Assago: “Self control 40th Anniversary” (“40° anniversario” in inglese).
«Non mi annoio mai di questa canzone. A novembre sarà la regina della serata. E la canterò in tantissimi modi diversi».

Cosa è restato degli Anni 80, citando un suo brano famoso?
«Sono stati anni leggeri, sbarazzini. Ora è rimasto il lato migliore, una sensazione di benessere e una visione positiva del futuro. C’era molta creatività e sperimentazione, dalla moda all’arte fino alla musica. È nato il primo cellulare, per esempio. E poi si parlava sempre di pace».

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