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Spettacolo

Tiziano Ferro, “ero depresso e la musica mi ha salvato. E con Dio ho un rapporto speciale”

Tiziano Ferro sta per uscire con un nuovo album e ripercorre gli esordi

Tiziano Ferro lancia il suo nuovo album, Il mestiere della vita – Urban vs Acoustic (esce venerdì), un’edizione speciale dell’album omonimo di un anno fa, ma con nuovi arrangiamenti, atmosfere ridisegnate e una copertina diversa: lo scenario è lo stesso, ma è sparito il sole e l’ambientazione è serale. Inoltre ci sono quattro bonus track: No vacancy con gli One Republic; la cover di Luigi TencoMi sono innamorato di te («un testo intoccabile»); i remix A ti te cuido yo (Lento/Veloz) in duetto con Dasoul; Valore assoluto cantata con Levante. «Non è un disco in contraddizione con la precedente versione, piuttosto lo definirei complementare. Mi sono divertito moltissimo ad inciderlo perché quando non hai la pressione e l’ansia di dover presentare brani inediti diventa tutto più allegro e leggero», spiega Ferro al Corriere della Sera, prima di tornare a raccontare di come la musica sia diventata per lui una sorta di terapia psicoanalitica in grado di costringere in un angolo «tante piccole disfunzioni».
Tiziano continua la sua intervista, ricordando gli esordi, «Se non fosse stato per questo mestiere, chissà come e dove sarei finito. Sicuramente sarei andato verso il peggio. E non mi riferisco necessariamente all’ipotesi che avrei potuto trasformarmi in un delinquente: la morte civile e morale si nasconde dietro tante maschere. Io ad esempio sono un perfezionista e questo lato del mio carattere mi spinge ad isolarmi. E da qui alla depressione o alla misantropia il passo è breve. Quindi sì, la musica per me ha fatto miracoli», racconta con tranquilla consapevolezza del suo vissuto questo (ancora) ragazzo che nel 2001 non chiese Xdono a nessuno per quel successo che incominciava ad assaporare con gusto dopo aver masticato controvoglia tormenti (personali) e delusioni (professionali).
Il presente di Tiziano è invece ben diverso da quel passato trascorso a Latina, cittadina in cui è nato 37 anni fa. Da circa un anno l’autore di Rosso relativo ha preso casa a Los Angeles («Sono iperattivo e farei fatica a vivere in un posto dove per via della notorietà sarebbe complicato conciliare la privacy con la necessità anche solo di andare a fare la spesa»), dopo le esperienze a Madrid, a Manchester e a Milano.
Il suo guaio, confessa, è che vorrebbe avere «sempre tutto sotto controllo, ma è impossibile e inoltre è anche sfiancante». E allora quando capisce che sta per superare il limite tollerabile, prova a delegare facendo prendere le decisioni a qualcuno molto, molto più in alto di lui: «Quello che non riesco a fare lo consegno a Dio. Mi capita spesso di svegliarmi la mattina e di chiedergli di guidare le mie scelte». A proposito della sua fede, Ferro dice di essere «stato fortunato perché ho sempre incontrato preti e insegnanti di religione che esaltavano l’importanza della misericordia facendomi apparire Dio non come un giudice severo e inflessibile, ma come un’entità con la quale dialogare serenamente».

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