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Coronavirus e sesso: così la pandemia ha cambiato le abitudini degli italiani a letto

Coronavirus e sesso: così la pandemia ha cambiato le abitudini degli italiani a letto e non solo. Lo studio realizzato dalla Fiss

Coronavirus e sesso: così la pandemia ha cambiato le abitudini degli italiani a letto. Un’indagine promossa dalla Federazione italiana di sessuologia scientifica (Fiss), in occasione della Giornata internazionale del benessere sessuale indetta dall’Oms, evidenzia come sia cambiata la vita sentimentale e sessuale degli italiani. Da chi ha ridotto le occasioni di incontro, a chi ha evitato i baci e le effusioni. Oltre a coloro che invece non hanno preso nessuna precauzione, lo studio spiega in che modo pandemia ha inciso su certe abitudini.

La Fiss ricorda l’attenzione ancora scarsa in Italia verso il tema. “La salute sessuale non deve essere intesa come un aspetto di ‘serie B’ della persona. L’esperienza del Covid-19, anzi, ci insegna come prendersi cura di sé e degli altri sia necessario per il benessere di tutti”, afferma Salvo Caruso, presidente Fiss, ginecologo e associato dell’Università di Catania.

L’indagine della Federazione sugli effetti della pandemia sulla sessualità è stata condotta online per sondare i comportamenti sessuali e le tendenze in relazione alla pandemia. “Dalle risposte, emerge un minor senso di sicurezza, una maggiore preoccupazione per la famiglia, il partner, la società e meno per se stessi”, ricorda la Fiss.

“Per il campione inoltre a essere a rischio è la salute psichica più che quella fisica. Le molte informazioni a volte contraddittorie ricevute durante la quarantena hanno minato la conoscenza e rischiano di attaccare la stabilità delle persone più fragili. Per questo è importante non sottovalutare la salute psichica e la salute sessuale delle persone dato che contribuiscono al benessere generale”.

Al questionario on line “hanno risposto 355 persone, il 27% maschi e il 73% femmine. Oltre il 40% è fidanzato/a, il 26% nubile/celibe, il 22% sposato e il 7% convivente. Il livello d’istruzione è alto: il 50% dei partecipanti ha in tasca una laurea specialistica. Più dell’80% si dichiara eterosessuale e il 7% omosessuale. Il 16% è un professionista sanitario che lavora a contatto con persone che hanno o che possono aver contratto Covid-19” (fonte: Adnkronos).

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