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Spettacolo

Siani: “Svolta della carriera? Una telefonata. Maradona aveva una paura. E sui politici…”

Siani: “Svolta della carriera? Una telefonata. Maradona aveva una paura. E sui politici…”. Alessandro Siani e la svolta della carriera, l’attore e comico napoletano, 47 anni, si racconta partendo proprio dai primi passi nel mondo dello spettacolo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Cosa l’ha spinta a mettersi al centro dell’attenzione, a salire sul palco? 
«Da ragazzino ero già un comico nella mia classe, non quello che faceva le imitazioni dei professori e nemmeno il pagliaccio delle barzellette, ero un ragazzo che notava le contraddizioni che ci circondano e le trasformava in mini-monologhi. L’insegnante di religione mi propose di fare uno spettacolo per la scuola, mi disse che se facevo le prove di teatro me le scalavano dalle ore di studio. Accettai subito, anche perché io non amavo studiare, entravo a scuola solo quando mi ero proprio stufato di marinare».

[…] I primi spettacoli?
«Facevo tanta improvvisazione, gli show duravano anche tre o quattro ore perché non volevo mai scendere dal palco. Con il tempo ho capito che l’improvvisazione non deve essere un elemento per colmare il vuoto di una sceneggiatura, ma deve essere un momento di estasi, di virtù. Sono partito da un localino di 80 spettatori e sono arrivato allo stadio San Paolo, con le sue 25 mila persone. Era la prima volta di un comico in uno stadio, c’era gente così confusa che chiedeva dove bisognava scavalcare per entrare».

I modelli?
«L’imprevedibilità e l’improvvisazione di Totò, il sentimento ironico di Massimo Troisi, la drammaturgia — sia comica sia drammatica — di Eduardo hanno assolutamente influenzato il mio modo di vedere la comicità. È stato strepitoso crescere con le loro invenzioni, le loro battute, le loro frasi. Io neanche lontanamente sono stato in grado di avvicinarmi alla loro grandezza, e non lo dico per umiltà ma per lucidità…».

C’è chi la accusa di assomigliare troppo a Troisi. Le dà fastidio?
«I grandi hanno lasciato un’ideologia, un pensiero, una strada, una filosofia. La mia è una instant-comicità, una comicità momentanea; certo il sogno è fare qualcosa che possa restare nel tempo, ma obiettivamente io sono il nulla in confronto a loro».

Siani: “Svolta della carriera? Una telefonatabdi Presta”

Pino Daniele è un altro mito napoletano.
«Fu lui a dirmi che mi voleva conoscere, mi invitò a casa sua e mi scrisse la colonna sonora per un film (La seconda volta non si scorda mai) senza volere soldi. Porto dentro di me le giornate con lui, i suoi racconti; ho conosciuto tutta la famiglia, sento ancora i figli; quell’atmosfera è stata formativa per la mia crescita».

«Benvenuti al Sud» fu un successo clamoroso.
«Io e Claudio (Bisio) veniamo da due scuole diverse di comicità; io rappresento la nuova scuola napoletana, con uno slang più underground; Claudio ha alle spalle l’eredità della comicità milanese di Dario Fo, Jannacci, Cochi e Renato. Quell’incontro fu un colpo di fulmine, si creò un’alchimia strepitosa, la previsione era di 4/5 milioni di incasso… Era un remake di un film francese, noi lo abbiamo cambiato nel linguaggio e poi l’abbiamo rivenduto ai francesi. Come diciamo noi, abbiamo fatto pacco, contropacco e contropaccotto».

La svolta della carriera?
«Una telefonata di Lucio Presta che mi chiamò per invitarmi al Festival di Sanremo 2012; l’idea era di portare in scena i Tre Terrones, evoluzione meridionale dei Tre Tenori. Dovevamo essere io, Checco Zalone e Rocco Papaleo. Per vari impegni i Tre Terrones non si realizzarono, quindi andai da solo e usando la metafora della barca feci un monologo sull’Italia, un Paese diviso che aveva bisogno di essere unito. Quell’occasione mi diede l’opportunità di far capire al pubblico che non ero solo l’attore di Benvenuti al Sud, ma anche un comico da andare a vedere a teatro. Da lì l’asticella, la responsabilità, l’attenzione si sono alzate; da lì tutto è cambiato».

[…] Maradona. Voi napoletani non riuscite a muovervi da lì?
«Per noi Maradona è un esempio di grandezza. Io ho conosciuto lui, Pino Daniele, Luciano De Crescenzo, ho capito che avevano una matrice comune: il fatto di intercettare il pensiero della gente anche tra mille contrasti e mille problemi. Maradona l’ho diretto come regista in uno spettacolo al San Carlo, prima di salire sul palco Diego era pensieroso nel camerino. Mi disse: ho paura, ho paura di deludere la gente. Lui, Maradona. Eppure il pensiero era sempre quello, la gente. Non nascondeva le sue fragilità e contemporaneamente era un gigante».

[…] La politica che sentimenti le suscita?
«Comici. La sinistra ha la costola di Di Maio, di Calenda, di Renzi, di Santori… ha più costole il Pd di un dinosauro, e ricordiamoci che i dinosauri si sono estinti. Noi siamo cresciuti con il mito degli americani. Se c’era un problema o lo dicevi a tuo padre o al presidente americano. Erano gli unici due che potevano fare qualcosa. Oggi nei discorsi di Biden ci stanno più papere che nel lago di Garda. Questa mancanza di riferimenti è un disastro. Un riferimento però c’è: odio la parola resilienza, perché da quando la usano è tutto un disastro».

Un lusso che si è concesso?
«Comprare casa ai miei genitori: quello che avevo desiderato per me l’ho fatto prima per loro, era una spesa folle perché non sapevo se il mio domani sarebbe stato di successo. Ora sono arrivato a 27 anni di carriera ma allora non avevo la certezza di resistere così tanto. E non voglio usare la parola resilienza…».

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